Istanbul, alle porte dell’Oriente

Creato il 08 gennaio 2015 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Finalmente riesco a comprare un biglietto aereo per Istanbul (171 euro in due andata e ritorno, prezzo più che vantaggioso per questa destinazione). Atterro all'aereoporto di Sahiba Gokcen alle 18 e, dopo aver presentato la mia carta d'identità alle autorità doganali turche, salgo senza indugi sul bus che mi condurrà al porto di Eminonu da dove mi imbarcherò per Kodikoy, il punto di partenza per la scoperta della Istanbul più antica.

A causa del traffico il percorso dall'aeroporto alla città dura due ore. Faccio appena in tempo a prendere uno degli ultimi traghetti in funzione che cessano il loro servizio alle nove di sera. La traversata serale del Bosforo mi emoziona, in lontananza si scorgono i minareti di Aya Sofia e della Moschea Blu. È eccitante pensare a questi due continenti, quello europeo e quello asiatico, separati soltanto da un canale.

Una volta arrivati a Kodikoy prendo il tram in direzione Sultanahmet I. Mi lascio alle spalle i grandi grattacieli e i centri commerciali della Istanbul nuova, che guarda ad un futuro sempre più prospero fatto anche da un'incontenibile e selvaggia voglia di costruire e apparire.

Una volta scesa dal tram devo fare non poca fatica per trovare la mia sistemazione. Il gestore mi accoglie un po' infastidito, probabilmente a causa del mio ritardo, ma per soli 33 euro per due notti inclusa la colazione non sto di certo a farmi domande. E la camera non è poi così male.

Il mattino dopo comincia con la visita dello storico quartiere di Sultanahmet, un'area molto estesa che racchiude alcuni dei simboli più celebri della città, come la moschea del sultano Ahmet conosciuta come Moschea Blu per via delle sue splendide maioliche Iznik che rivestono le pareti interne, più di 21.000 piastrelle in ceramica dalle diverse tonalità di blu che creano un gioco di luce mozzafiato rendendo questa moschea una vera e propria opera d'arte. L'ingresso è consentito fuori dall'orario di preghiera gratuitamente, basta lasciare le scarpe all'esterno in appositi scaffali. Per le donne è obbligatorio il capo coperto, per me è bastato utilizzare il cappuccio della tuta che indossavo ma per chi ne fosse sprovvisto vi è un servizio preposto alla fornitura di teli per il capo.

Sulla stessa piazza della moschea si può osservare un altro simbolo indiscusso di Istanbul: la Basilica di Santa Sofia, in turco Aya Sofya. Questa chiesa fu cattedrale cristiana fino al 1453, poi moschea e infine museo dal 1935. L'esterno è di una tonalità di rosa in alcuni punti un po' sbiadita. Si possono visitare il suo interno e il museo a fronte di un biglietto di ingresso.

Decido di non entrare a visitare Aya Sofya, ma mi dirigo impaziente verso la Cisterna Basilica, uno dei monumenti che quasi tutte le guide danno come uno dei meno importanti, e che invece secondo me non può non essere visitato. Il biglietto d'ingresso costa 20 lire turche, l'equivalente di circa otto euro. Si tratta della cisterna sotterranea più grande conservata a Istanbul, costruita sotto il regno di Giustiniano in uno spazio di 140 metri per 70 che ospita 12 file di 28 colonne alte nove metri e decorate in stile dorico. L'ambiente è perfettamente conservato e nelle sue acque vivono pesci enormi, uno spettacolo suggestivo e imperdibile.

L'ora di pranzo è sempre più prossima e decido di seguire il percorso del tram, così da tornare nei pressi del porto. Durante il tragitto mi fermo a sbirciare tra botteghe di orafi e antiche ferramente dove vendono i classici pentolini per il te che qui è una vera e propria istituzione. Una volta giunti al porto trovo una serie di ristoranti che propongono menù per turisti, ma io vado alla ricerca di qualcosa di più autentico e mi imbatto in un'imbarcazione ancorata al porto che cucina su piastra delle sardine fresche con cui farcire un morbido panino, semplice ma gustosissimo con l'aggiunta di una spruzzata di succo di limone.

Prima di dedicarmi alla visita del Grande Bazar mi sposto verso la Moschea di Solimano il Magnifico. Impiego circa una ventina di minuti dal porto, la moschea è situata sul sesto colle di Istanbul, nella parte occidentale della città. Il cortile esterno è contornato da splendidi e curatissimi giardini e al centro si trova una fontana per le abluzioni sormontata da una cupola. Il suo interno ha soffitti alti e colorati, ma nonostante sia molto bella anche questa struttura il mio cuore ormai batte per la Moschea Blu.

Il Grande Bazar è l'ultima tappa della mia intensa giornata: qui si vende di tutto, dai gioielli ai servizi da te, oltre a spezie e le Turkish delight, una specie di caramella gelatinosa di vari gusti di cui i turchi sono ghiotti. Io mi limito all'acquisto di una sola confezione di queste caramelle - al gusto di melograno - perché in realtà non le trovo troppo dolci per i mie gusti, ma in compenso faccio scorta di tè di diverse varietà.

Di notte Istanbul illuminata è uno spettacolo mozzafiato e non posso non ritornare per un ultimo sguardo a Sultanhamet, ma è in corso la preghiera e mi devo accontentare di vedere la Moschea Blu solo da fuori circondata da un'atmosfera suggestiva.

La mia ultima cena turca mi regala una scoperta gustosissima: il mio primo humus, il cui gusto mi conquista al primo assaggio. Si tratta di una crema di ceci accompagnata da pane turco. La mattina seguente usufruisco del transfer per l'aeroporto. La strada è ancora una volta bloccata da un traffico allucinante, ci sono auto incolonnate per chilometri. Per fortuna non devo imbarcare bagagli, così vado direttamente al controllo di sicurezza pronta per ritornare a casa felice e soddisfatta.


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