Istanbul, note di viaggio

Creato il 05 maggio 2010 da Jeffsoftly

Un viaggio molto ben strutturato passato in compagnia della mia ragazza e di altre 28 persone. Un viaggio in cui ho potuto notare le tantissime differenze tra la nostra e la loro civiltà, e che vorrei condividere con voi, con la mia consueta ironia e con qualche foto caratteristica.

22/04

Metto per la prima volta piede sulla capitale europea della cultura: Istanbul (Turchia). La prima cosa che noto è il loro spirito patriottico, in quanto su ogni edificio, casa o struttura di ogni tipo, sventola la bandiera turca accompagnata dall’imponente volto di Mustafa Atatürk (fondatore della Repubblica Turca). La nostra guida ci avvisa che il motivo di tutte queste bandiere è che il giorno dopo sarebbe stata festa nazionale. Non posso fare a meno di pensare che in Italia neanche il giorno stesso (25/04) ci sono sventolii di bandiere, mentre dov’ero ora ne avrei viste fino al mio ritorno a casa. Comunque si va in albergo.

Barcelò Eresin Topkapì, cinque stelle ampliamente meritate. Capito nella stanza migliore, proprio sopra l’insegna dell’hotel, in cui posso usufruire di un ottimo panorama. Noto subito che le stanze del nostro ultimo piano hanno i balconi in comune e che il bagno è sprovvisto di Bidet, il che mi fa leggermente dubitare dell’igiene degli abitanti del luogo. Visto che non c’è nulla in programma per la giornata, decido di andarmi a fare un bagno in piscina al fine di mettere in mostra tutte le mie ottime capacità di fronte a cittadini stranieri. La sera si mangia nell’hotel stesso. Lasagne, verdure, un ottimo spiedino di carne, dolce e frutta, accompagnati da un buon bicchiere di vino (che fortunatamente non era quello presente in aereo) e dal tè turco terminativo. Primo giorno tranquillo, in vista del successivo che sarebbe stato il più completo.

23/04

Sveglia alle 08.00, colazione più che abbondante e partenza per la ‘Chiesa di San Salvatore in Chora‘, in cui possiamo ammirare gli splendidi mosaici dorati che mettono in mostra una parte dell’immensa arte che caratterizza questo luogo. All’uscita dal museo faccio il mio primo acquisto: il Fez! Chiedo alla nostra guida se il portare il Fez possa recare qualche fastidio agli abitanti del luogo e lei mi risponde cosi: “Non ti preoccupare, non reca alcun fastidio perchè lo portano solo i turisti!“. Era come se una lancia mi avesse appena perforato il cuore. Tuttavia, decido di portarlo per l’intera giornata.

Intanto comincio a notare qualcosa di strano… ma penso che sia solo una mia impressione.

La giornata prosegue con la visita che attendevo con più ansia: la Moschea Blu. Essa si trova in un’immenso spazio circondato da moschee (che fino ad allora mi ero limitato a costruire in ‘Age of Empire), da giardini curati in modo sublime e da altre costruzioni storiche e caratteristiche (tipo la cisterna). All’ingresso ci togliamo le scarpe e le mettiamo in delle apposite bustine. Le persone in shorts, oltre a camminare scalzi, vengono anche provvisti di un apposita gonnellina per coprirsi interamente. La moschea è di una bellezza e di un’imponenza unica, la puzza di piedi anche. Ma la cosa è ininfluente di fronte a cotanta bellezza. All’interno troviamo uno spazio in cui gli abitanti del luogo pregano (dove noi umili turisti non possiamo accedere), mentre all’esterno troviamo una distesa di fontane in cui è possibile lavarsi i piedi (che molti avranno ignorato).

Intanto il mio dubbio continua a crescere…

Comunque, la visita prosegue con la visita della Cisterna Sotteranea costruita su 336 colonne da Giustiniano come riserva d’acqua per la città. La costruzione è mantenuta benissimo e neanche li sotto mancano bar e fotografi (da cui questa volta vengo sopraffatto). In fondo alla Cisterna è possibile notare la presenza di due colonne molto particolari la cui base è un volto capovolto (che vi mostrerò in foto). Dopo tutta questa bella visita, si va a mangiare in un bel ristorante tipico che affianca il ‘mercato delle spezie‘ e affaccia sul ‘Corno d’oro‘, quindi sul ‘Bosforo‘. Dopo una bella rimpizzata fatta di carne tipica, kebab, piadine, riso, formaggio e altro, accompagnata da un buon bicchiere di vino e dal solito tè turco di fine pranzo, si va al mercato delle spezie. Qui ho un’importante incontro in vista della giornata successiva (svoltasi al Grand Bazaar). Un turco che aveva vissuto ben 7 anni a Napoli, mi dice una semplice e chiara cosa: “Istanbul è come Napoli e i turchi come i napoletani“. Capisco quindi come trattare facilmente con i vari mercanti e, soprattutto, che devo stare attento alle tasche e ai vicoli meno frequentati (anche se non era facile trovarli). Acquisto la mia dose di tè turco e me ne vado.

Intanto il mio costante dubbio diventava sempre più reale.

Torniamo in hotel. Un bagno in piscina e uno stomaco sottosopra caratterizzano le due ore che ci separano dalla cena. Una cena a base di pesce turco che sarà un toccasana per il mio mal di pancia. Ci ritroviamo quindi nel ‘Villaggio dei pescatori‘, dove c’è il mercato del pesce ed un vicolo caratteristicissimo, in cui ci sono tutti questi ristoranti metà all’aperto e tutti pieni zeppi di gente. Durante il pasto ci sono degli artisti di strada che fanno festa per i vari locali. Uno in particolare caratterizzerà la mia intera serata. Porta una cravatta a mò di fascia alla rambo attorno al capo, canta, beve, suona, si diverte e fa divertire insieme al suo gruppo. Non posso fare a meno di unirmi a lui. E’ qui che finalmente NEAPOLIZZO la Turchia, facendo cantare a questo fantastico artista, che chiameremo Gepi, “‘O Surdato Nnammurato“, coinvolgendo ovviamento i nostri tre tavoli italiani. Oltre a questo artista di strada, c’è un signore che canta, seduto da solo di fronte a noi. Il giorno dopo la nostra guida ci avviserà che questo tizio era stato rinchiuso in un centro psichiatrico. La nostra cena intanto proseguiva gioiosamente, tra pesce, verdure e Raki, una bevanda alcolica al gusto di liquirizia che se ne scende a meraviglia. A fine serata per curiosità vedo di quanti gradi è questo Raki e noto con estrema meraviglia sulla bottiglia la scritta 50°. Un alcolico cosi pesante, ma cosi buono e che se ne scendeva cosi bene, non l’avevo mai bevuto. Cosi, un pò brilli torniamo alle nostre rispettive dimore.

24/04

Solita colazione abbondante e partenza per il Grand Bazaar. Qui, ci rendiamo partecipi di un gioco a squadre, dove dovremo comprare determinati oggetti con 20 lire (10 €) e dove, purtroppo, capito con il classico vecchio romano che cerca di prendere in mano la situazione non sapendo nè trattare, ne barare e che ci rimette anche dei soldi propri, sbagliando tutto. Quindi perdiamo. Segue un buon tè turco in un bar provvisto di Narghilè (sarebbero quelle bottiglie da cui si aspira il fumo).

Si pranza su di una terrazza dalla vista fantastica. Nell’attesa che uscissero tutti dal ristorante, mi seggo su di una panchina a fianco ad un turco. Qui, noto la gran cordialità di queste persone. Egli infatti mi offre un bicchiere di tè e la sua ultima sigaretta turca, cose che da noi non accadrebbero mai (chi è che offrirebbe qualcosa da bere o la propria ultima sigaretta ad uno sconosciuto straniero?). Comunque si ritorna al Bazaar dove faccio da guida a delle signore del nostro gruppo e dove effettuo svariati acquisti, tra cui la maglia originale del Fenerbahce a 70 lire (35 €)… o almeno questo è quanto voleva il venditore. Le 70 lire sono poi scese a 20 (10 €) e, ripensandoci, ne avrei potute prendere di più a quel prezzo incredibile.

Dopo un breve giro per Taksim (la principale piazza di Istanbul), in cui il mio dubbio era ufficialmente diventato certezza, torniamo in taxi all’albergo. In breve tempo arriva l’ora di cena ed andiamo in un locale veramente fantastico: il Kervansaray.

Qui mangiamo e assistiamo ad uno bello spettacolo in cui si avvicendano danzatrici del ventre (tra cui una delle più rinomate della turchia), ballerini, cabarettisti e artisti vari. Si torna all’hotel ad ora tarda e si va subito a letto in vista della partenza dell’indomani mattina.

25/05

Sveglia alle 05.30 e partenza per l’aeroporto. Decido di indossare la maglietta del Fenerbahce acquistata il giorno precedente. Il viaggio verso questo fantastico paese stava per terminare. Un paese dove non ho sofferto minimamente la mia allergia primaverile, un paese dove non sono riuscito a trovare neanche un mozzone di sigaretta per terra, un paese dove… NON HO VISTO NEANCHE UN CANE. Chissà, forse tra le svariate tipologie di carne che abbiamo mangiato, c’era anche quella di cane.

Al primo check-in dell’aeroporto mi fanno passare senza controllarmi, in quanto porto la maglia del Fenerbahce. Al secondo mi trovo di fronte a dei tifosi del Galatasaray che bloccano per almeno un minuto l’ingresso fino a quando non dico “Forza Galatasaray”, provocando un’esultanza dei vari lavoratori che mi fanno passare. Ringrazio tutti con un tesekkur ederim e saluto Istanbul.

Di seguito, qualche foto del luogo (cliccateci sopra per ingrandire):



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