Quando si intende eseguire una sessione di lettura secondo le modalità indicate nel titolo è necessario che ci sia una finestra aperta, atta a consentire che si rimanga vigili perché non completamente confortevoli (per quanto possa proteggerci la coperta, per leggere dovremo tenere almeno una parte degli avambracci e delle mani fuori, esposti alla bassa temperatura che si insinua attraverso la finestra). Sono quei piccoli brividi a mantenere desti il corpo e l'attenzione. E che fortuna che la primavera non ne voglia sapere di arrivare, che fortuna l'umido e il freddo di questa settimana che allontanano i pericoli della bella stagione, i rischi che qualche vicino si faccia cogliere da improvviso entusiasmo per i ritmi latini, complice la calura (per non parlare dell'impennata degli omicidi, direttamente proporzionale, pare, all'aumento della temperatura), e che questo entusiasmo filtri attraverso i vetri aperti. Come lasciava intendere George Steiner in un controverso, condivisibilissimo articolo di qualche anno fa, è preferibile che i giamaicani, e per estensione tutti i popoli con qualche predilezione per la musica primitiva, esprimano le proprie preferenze in un contesto fisicamente distante da quello in cui dimora chi è più incline alla contemplazione. Qui e qui il contenuto dell'articolo, qui e qui qualche reazione.
Chi scrive ha proprio ieri gustato una lunga seduta di lettura "sotto-la-coperta-con finestra-aperta". Gustato, perché Paolo Ferrucci è proprio uno di quegli scrittori holdeniani che "quando hai appena finito di leggere il suo libro senti tuo amico e che vorresti chiamare al telefono" eccetera. Mistero etrusco, si chiama il volume, inattuale perché la sua pubblicazione risale al 2007 e forse promosso un po' troppo spartanamente dalla casa editrice Sylvestre Bonnard. Un sito archeologico a Fiesole funestato da inesplicabili frane, un ricercatore gallese, accademici ambigui, un antiquario disonesto, un contadino psicopatico dal grilletto facile, una studentessa inquieta e la grande biblioteca della sua famiglia in una villa di campagna, reperti da tenere celati a ogni costo e due morti ammazzati: è il contesto nel quale si trova a indagare la questura di Firenze e suo malgrado anche Lester Howe, paleografo dell'università di Cardiff in trasferta al Museo Archeologico fiorentino.
A Paolo Ferrucci la provincia riesce proprio bene. Ne aveva dato prima egregia prova nel thriller alchemico Omicidi particolari, 2000, scritto con Giacomo Leonelli e ambientato nei dintorni di Rimini; nel caso di Mistero etrusco, ambientato a Firenze e nei pressi, ritorna la sua capacità di tratteggiare le personalità più disparate, riunite tuttavia sotto una coltre comune di sfacciata lentezza che in una vicenda ambientata a Milano non potrebbe darsi.
Si riconferma e si eleva, rispetto al libro del 2000, la capacità di Ferrucci di mostrarsi al tempo stesso erudito e accattivante, di non far sentire mai a chi legge il lavoro che ha preceduto la stesura del testo. Che fluisce, detto testo, mirabilmente. Ogni personaggio nel suo congruente registro, con qualche ossessione dell'autore che di tanto in tanto fa capolino ora in questo ora in quello - i libri antichi, il gusto del ragionamento, una tensione sensuale sempre contenuta eppure palpabile, lo scemo del villaggio pieno di dignità. Ferrucci studia tanto e si vede. A Ferrucci piacciono le parole: le sceglie con molta cura e ne pubblica di desuete. Ha un'anima da nomenclatore: non è infrequente, in Mistero etrusco, imbattersi in elenchi di nomi quali "[...] le catene, i tendicatena, le corone, i pignoni, le pedaliere, i parafanghi, le ruote raggiate, i sellini. E i reggisella, le forcelle, le moltipliche, le staffe e i cavetti con le guaine. E anche i copertoni e le camere d'aria. E anche i parafanghi [...]" (p. 74), oppure "[...] stipiti e cornicioni, alette, piedritti e archi, con nicchie, vani e strombature [...] piccoli atri e vestiboli" (p. 130). Forse le righe in cui più traspare la sua vocazione sono quelle che seguono, dedicate al personaggio Vanessa Romanelli, protagonista della parte romantica del dénouement finale del romanzo: "Il fatto era che le piaceva la pagina vissuta, colorata da una rete di percorsi che ne testimoniasse l'esplorazione ragionata, legata a un periodo e a uno scampolo di vita. E che le permettesse di orientarsi nel testo, di sentirne lo spazio, con un Oriente e un Occidente, un sopra e un sotto, una destra e una sinistra. Un luogo, insomma, dove non potersi mai perdere".
Il libro è disponibile su ibs, dove a comprarlo si risparmiano pure due punto settanta euro sul prezzo di copertina; non si dimentichi di integrarlo con la lettura, dal sito di Ferrucci, della parte in cui l'autore dichiara il suo debito con la Donna della domenica di Fruttero & Lucentini, dando conto della scelta di inserire nel sommario del volume gli incipit di ciascun sottocapitolo del testo.
E senti, Paolo, pubblica ancora.