E' una storia un po' buffa quella di Craig.
E' una storia che inizia con quello che sembra un sogno, e che con ogni probabilità è un desiderio, un sogno e un desiderio che lo vede correre lungo un ponte, salirci sopra e, sì, tentare di buttarsi di sotto.
Ma lì si blocca, lì il pensiero dei genitori e della sorellina, il dispiacere con cui li lascerebbe, lo ferma.
E' una storia un po' buffa quella di Craig.
Che decide così di ricoverarsi spontaneamente al pronto soccorso, per cercare di arginare questa sua mania suicida, per cercare di placare questi desideri e di capirli. Prima di tutto.
Peccato però che il reparto destinato ai più giovani e agli adolescenti sia al momento in ristrutturazione, e così Craig finisce in psichiatria, ricca di casi disperati, di psicopatici, di depressi cronici che nemmeno si alzano dal letto, di tanti tentati suicidi.
No, meglio tornare a casa, meglio ritornare dai genitori nella sicurezza che l'ansia per il corso estivo esclusivo a cui deve far domanda e che l'amore non corrisposto per la ragazza del migliore amico comportano.
Ma no, firmato è stato firmato, e almeno 5 giorni Craig lì li deve passare.
E ora la storia di Craig si fa ancora più buffa.
Con i suoi 5 giorni che scorrono lentamente, che lo portano ad analizzarsi e a confrontarsi con gli altri, a trovare in Bobby un amico fidato, un amico da aiutare e con cui divertirsi dimenticando che entrambi, e in particolare proprio l'altro, quel divertimento faticano a sentirlo, immersi in quella campana di vetro che Sylvia Plath descriveva perfettamente.
E poi, bè, c'è Nia, problematica come lui, strana e diversa dall'amata Noelle, che lo capisce e lo sfida, che gli fa provare quei battiti accelerati che mai avrebbe pensato di sentire dentro un ospedale.
Mentre la sua sicurezza cresce, mentre si lascia andare a disegni sopraffini e cantate da rock star, Craig, nonostante qualche caduta, affronta le sue paure, affronta la sua tristezza, le sue ansie, crescendo ed aiutando(si).
E' una storia buffa quella di Craig, però.
Sì, perchè tratta dal romanzo di Ned Vizzini che si basa sulla sua reale esperienza di ricovero in giovanissima età per depressione, dà quella speranza e quell'ottimismo che fanno credere tutto possibile.
Peccato che però, e di buffo c'è gran poco, che Vizzini dopo anni di lotta continua contro la Cosa Brutta (cit.) si sia arreso, si sia buttato dal tetto di casa dei genitori nel 2013, mettendo sotto una nuova luce anche il suo racconto, anche questo film.
Perchè, ovvio, è necessario uscire da una vera e proprio malattia, ma come ricorda la vita vera non sempre è possibile.
Anche a posteriori, nonostante il reale sia più duro della finzione, It's kind of a funny story mantiene però tutta la freschezza e il coraggio di parlare di questo argomento con toni positivi e leggeri, facendone una storia buffa in cui più che il dramma è la commedia romantica a prevalere.
Il carattere indie del film è poi di quelli che funzionano a meraviglia, riuscendo ad incastrare un'ironia e un ritmo scoppiettante narrato dalla sempre apprezzata voice over del promettente Keir Gilchrist, rimasto un po' indietro rispetto alla collega Emma Roberts che nel frattempo ha raggiunto il successo. Accanto ai due giovani, i volti noti della mamma per amica Lauren Graham, la saggia Viola Davis e il folle Galifianakis.
La storia buffa è, così, incredibilmente godibile, stupendamente narrata e capace di essere profonda, di commuovere e di spiegare come solo i sorrisi spontanei sanno fare anche un qualcosa di così inspiegabile a parole.
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