Il duello finale si avvicina...
Roma a mano armata nacque per sfruttare al massimo dal punto di vista economico l'enorme successo commerciale riportato dal precedente Roma Violenta.
Al produttore Luciano Martino, ma anche ad altri, sembrò di avere trovato la gallina dalle uova d'oro e riempirono le sale cinematografiche di città violente ( Roma, Napoli, Milano,Genova, Torino), a mano armata o che si incazzavano.
Film osannati dal pubblico e osteggiati apertamente dalla critica che li definiva senza mezzi termini ricchi di rigurgiti fascistoidi e inutilmente violenti.
Ma era proprio quella l'intenzione: colpire alle viscere con personaggi che incarnavano la sete di giustizia fai da te di un pubblico che rifuggiva ogni catalogazione politica.
La squadra vincente non si cambia , al massimo si arricchisce di nuovi, valenti elementi: è questo il caso di Roma a mano armata la cui regia viene affidata alle mani esperte del toscanaccio Lenzi, uno specialista del genere action, ideale per una pellicola veloce e spettacolare come doveva essere questa, reduce da uno dei film considerati precursori del genere poliziottesco, quel Milano odia : la polizia non può sparare che arrivava ad avere la statura del noir.
Come protagonista è confermato Merli in un personaggio sostanzialmente identico a quello del film precedente solo che qui si chiama Tanzi e lì si chiamava Betti.
A dirla tutta Tanzi è ancora più fascista , incazzato e reazionario di Betti che perlomeno qualche dubbio etico nell'amministrazione della "sua " giustizia se lo poneva.
Ecco Roma a mano armata è importante anche per l'introduzione del personaggio del Gobbo che poi sarà ripreso da altri film e che darà il via alla creazione di un personaggio che poi avrà successo incredibile, quello del Monnezza , che nella finzione è il fratello del Gobbo, il suo alter ego e la sua nemesi allo stesso tempo.
Anche il cast di contorno è di primissima qualità con vari volti noti del cinema di genere che qui si prestano in parti secondarie ed è da ricordare anche la partecipazione del bravo Giampiero Albertini, che aveva prestato e all'epoca stava prestando la voce al Peter Falk di Colombo.
La sceneggiatura fu scritta in pochissimo tempo da Dardano Sacchetti, altra superstar del genere, dopo che Lenzi ne aveva rifiutata un'altra a suo modo di dire farraginosa e di poco impatto.
Il film naturalmente fu un successo e nella gente a dispetto di qualsiasi correttezza politica rimase molto più simpatico il personaggio del Gobbo, un proletario a suo modo di successo, anche se ottenuto illegalmente, piuttosto che il paladino della giustizia Tanzi, bello, con una bella fidanzata e appartenente a un mondo in cui il cittadino normale si riconosceva poco.
La struttura del film è rapsodica, non viene raccontata una sola vicenda ma ne vengono raccolte insieme tante, a mosaico, anche se è ben chiaro sin da subito che il Gobbo e Tanzi avranno un sanguinoso rendez vous finale.
Il film può essere tacciato di schematismo, di essere rozzo nei personaggi e nelle ideologie e sarà tutto vero ma è anche indubitabile che è tutto voluto, pianificato dall'alto.
Lenzi, Sacchetti e tutta la produzione volevano questo: un film che colpisse le viscere, qualcosa che suscitasse reazioni di pancia, qualcosa ben lontano dal cinema intellettuale di sinistra.
E tutto questo senza politicizzazioni di sorta: pur accostato a idee destrorse, questo tipo di cinema era fatto da uomini che se ne infischiavano bellamente della politica.
Gli importava solo di fare più soldi possibili...
(VOTO : 7 / 10 )