Italia che lavora: l’ultima creatura berlusconiana non andrebbe oltre il 7%…

Creato il 12 novembre 2012 da Nicola Spinella @ioparloquantomi

Nessun sondaggio, solo un’opinione in puro stile IPQMP, solo un delirio, in perfetto stile berlusconiano. L’ex leader del PdL non ci sta a morire e lancia una nuova creatura politica. Morta prim’ancora di debuttare. E vi spieghiamo perché…

 No, non si è tolto dai piedi. Ne abbiamo fin sopra i capelli che gli hanno trapiantato qualche anno fa, quando cercò (senza riuscirvi) di lanciare la moda della bandana. Berlusconi ci riprova: solo, infido, debole e indebolito, con una popolarità prossima allo zero. E’ troppo legato ad una visione megalomane di sé stesso, è ancora convinto di parlare alla platea televisiva che ha creduto alla favola del milione di posti di lavoro, ai ristoranti pieni (sì, è vero…da qualche parte ci sono: ma ci sono anche gli “affittasi” dietro le vetrine delle botteghe dei centri storici…).

Dovrebbe un po’ ridimensionarsi, reinventarsi, (magari) ritirarsi.

Diciamolo chiaramente: a Berlusconi non è riuscita la magia di riscrivere un copione pensato per la TV, e che oggi andrebbe adattato alla rete. Le avvisaglie delle sconfitte concretizzatesi ultimamente le avevamo già avute nel corso dell’anno trascorso, quando le parole dell’ex premier furono sbeffeggiate dal quorum raggiunto sul referendum per il nucleare. La rete, che dir se ne voglia, nel bene e nel male, sta condizionando non poco il dibattito politico contemporaneo. Starne fuori significa ormai non esistere. Il web di oggi è un po’ la televisione di trent’anni fa, con la differenza (non da poco) delle ridotte barriere d’ingresso al mezzo, anche se questo (ovviamente) non significa avere la capacità di utilizzare il mezzo con padronanza.

Questo Silvio ricorda un po’ quei grandi centrocampisti della storia del calcio, che pur di non appendere le scarpe al chiodo provano talvolta ad arretrarsi in difesa, peraltro con fortune alterne.

Abbiamo più volte descritto Berlusconi come un re nudo: adesso quella corona di leader incontrastato del centrodestra, sembra essersi dissolta, come il suo partito di inquisiti ed incapaci conclamati. Sì, ad un anno dalle dimissioni che hanno spianato la strada al governo Monti, Silvio Berlusconi è tutt’altro che un re. E’piuttosto un barbone della politica, un diseredato che dorme sulle panchine della stazione Chigi della metropolitana romana, un aspirante pensionato della politica italiana, uno che dovrebbe comprendere di aver fatto il proprio corso.

E’ il consenso che difetta al Cavaliere, e non solo quello degli elettori, che oggi probabilmente (ma è solo una nostra ipotesi) accorderebbero uno scarsissimo 7-8% di voti alla nascente creatura politica dell’uomo di Arcore.

Non temiamo di essere smentiti, sinceramente non ci interessa più di tanto: voci ben più autorevoli della nostra sono state puntualmente sconfessate, tanto basta a non farci temere alcun giudizio in merito alle nostre considerazioni.

Perché crediamo che “Italia che lavora” oggi prenderebbe un numero di voti che farebbe sorridere persino la proverbiale casalinga di Voghera?

Presto detto: il nome della neonata (o nascente?) formazione politica berlusconiana è perdente, prim’ancora che il costituendo partito abbia ricevuto i crismi della consacrazione all’agone politico.

In un’Italia che festeggia la prima ed ultima (speriamo) candelina del governo Monti con una disoccupazione attestata intorno all’11% della popolazione attiva, inserire quella parola nel nome di un partito politico servirebbe unicamente ad attirarsi le antipatie dei potenziali elettori, ormai rarefatti dopo le continue batoste elettorali del centrodestra e l’ascesa inarrestabile del “grillismo”. Come si fa a parlare di un’Italia che lavora, quando la disoccupazione divora il morale di un popolo fiaccato da tasse e balzelli imposti? Per il momento il buonsenso dovrebbe precludere, agli esponenti di una casta che della parola “lavoro” non conosce il significato, l’utilizzo di un termine al quale si ricollega la sopravvivenza e la dignità di una persona umana: col lavoro non si scherza, perché non è certo un argomento da prendere sottogamba (si perdoni la terminologia, non c’entrano qui le Olgettine e starlette varie…).

Berlusconi fa peggio di Alfano, che vorrebbe ribattezzare il PdL “Partito degli Onesti”: qualche mese dopo questa splendida idea, scoppia il caso Fiorito, in pratica sarebbe stato come se si fosse riconosciuto il certificato di verginità ad una pornostar.

Certo, anche “Italia pulita” non sarebbe stato da meno. E’ proprio innegabile, il centrodestra ha proprio una vocazione spiccata per i nomi delle formazioni che si apprestano a cogliere la sfida partitica della terza repubblica. Vedremo come andrà a finire: sembra quasi inevitabile la frattura con gli ex AN, pronti a difendere con i denti le poltrone conquistate duramente, dopo la confluenza nel PdL e la svendita degli ideali professati per decenni. Se così fosse, si potrebbe verificare un progressivo scollamento dell’elettorato di centrodestra, già registratosi in occasione delle ultime regionali siciliane, in cui l’ex coalizione di governo è uscita con le ossa rotte perdendo migliaia di preferenze.

Un ritorno in campo del Cavaliere? Sinceramente crediamo che una lista simile possa contare unicamente su un milione di voti: sì, quelli del famoso milione di posti di lavoro promessi da un palazzinaro con una spudorata passione per il Milan ed il burlesque.

Ah, e ovviamente per le barzellette sull’Italia che lavora…


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