Diciamo la verità, se il week-end appena concluso si è rivelato deludente, il merito è anche della forza sportiva dell'Italia. Il nostro Paese, infatti, risulta competitivo in praticamente tutte le discipline. Un esempio: in Germania e Spagna neppure sanno cosa sia, se non per sentito dire, il rugby. Andate a chiedere, poi, ad un inglese, se conosce i risultati delle sua nazionale di pallavolo femminile...Insomma, questo breve antefatto è utile a chiarire un concetto importante: siamo forse l'unica nazione al mondo presente in tutte le grandi manifestazioni sportive di ogni genere. E' ovvio, tuttavia, che non si può vincere tutto e sempre.
Tornando a dati più concreti, la nazionale azzurra di pallavolo femminile è scesa dal podio del Vecchio Continente per la prima volta dal 2003 e per la seconda negli ultimi 12 anni. Un quarto posto europeo costituisce un risultato di rilievo per qualsiasi formazione straniera, ma non per un'Italia abituata a vincere ed imporre la propria legge. Quali sono stati i motivi della debacle? Probabilmente il gruppo non è più così legato al ct Barbolini e, di conseguenza, necessita di una nuova guida tecnica. Il 47enne di Modena è parso alquanto confuso per tutta la stagione, tentando esperimenti improponibili (Gioli schierata come opposto su tutti) ed infondendo solo insicurezze nelle sue ragazze, che inevitabilmente non hanno trovato quegli automatismi necessari per aspirare al gradino più alto del podio. Se appare necessario un cambio al timone, la squadra, di per sé, merita la riconferma, almeno sino alle Olimpiadi di Londra 2012: solo al termine di esse, infatti, dovrà avvenire quel ringiovanimento richiesto da più parti (ed i talenti abbondano, su tutti la promettente Valentina Diouf). La selezione attuale, infatti, è completa in tutti i reparti, con alternative di grande spessore. Sebbene la stragrande maggioranza delle giocatrici abbia superato i trent'anni, al momento non si intravedono nel panorama nazionale delle atlete superiori a Piccinini, Del Core e Gioli. Una chance, forse, la meriterebbero Cristina Barcellini e, soprattutto, Monica Ravetta, da due anni una delle marcatrici più prolifiche della Serie A1, ma inspiegabilmente ignorata dal giro azzurro. Nel complesso, tuttavia, il gruppo merita fiducia e, con un nuovo ct (si parla di Giovanni Guidetti) ed il recupero del libero Paola Cardullo, potrà coltivare grandi ambizioni in vista dell'annata a Cinque Cerchi. A tal proposito, sarebbe importante ricevere una wild card per la Coppa del Mondo che si disputerà in Giappone a novembre: nei prossimi giorni si avranno delle notizie a riguardo.
I quarti di finale dei Mondiali di rugby continuano a rimanere tabù per la nazionale italiana. La severa lezione subita contro l'Irlanda ha fatto emergere inesorabilmente tutti i difetti che attanagliano da anni la formazione tricolore: totale assenza di una mediana quanto meno dignitosa e di un calciatore 'vero', impalpabilità dei trequarti, gioco monotono e concentrato quasi sempre su mischie e maul. Il ct Mallet ha sì avuto il merito di rinnovare la rosa a sua disposizione (Gori, Benvenuti, Barbieri), ma lo ha fatto solo in parte, puntando ancora su diversi giocatori in fase calante (Ongaro, Lo Cicero, Canale) o comunque mai realmente incisivi in campo internazionale (Garcia, Orquera). Il 55enne sudafricano non poteva fare miracoli (in Italia, oggettivamente, non esistono né mediani di apertura all'altezza né calciatori specializzati), ma sicuramente avrebbe dovuto provare ad osare maggiormente attuando una tattica più aggressiva e meno rinunciataria. Mallet verrà ricordato, nel complesso, come una persona perbene che ha dato l'anima per il tricolore (cantava persino l'Inno di Mameli) e che, soprattutto, ci ha sempre messo la faccia. Cosa dobbiamo aspettarci dal prossimo quadriennio?Innanzitutto la Federazione dovrà rivelarsi lungimirante nel creare un progetto che consenta al prossimo ct francese Jacques Brunel di lavorare con pieni poteri ed in tranquillità, possibilmente non designando già un successore prima della vigilia della prossima rassegna iridata. Si dovrà puntare, inoltre, anche sul rugby a 7, in cui attualmente siamo in colpevole ritardo rispetto alle altre nazionali: oltre ad essere diventata olimpica (da Rio 2016), questa disciplina risulta propedeutica per la creazione di quei trequarti che tanto farebbero comodo al rugby a 15. In parte, poi, dovranno essere mutate anche alcune regole riguardanti le due franchigie (Aironi e Treviso) partecipanti alla Celtic League: giusto limitare il numero di stranieri, ma bisognerebbe imporre anche la presenza di atleti autoctoni in ruoli chiave come la mediana. Insomma, seppur molto lentamente, il rugby nostrano cresce anno dopo anno. Per ambire a competere con i giganti di questo sport, tuttavia, si dovranno salire ancora un paio di gradini. Quelli più faticosi.
Federico Militello