Italia dentro e fuori

Creato il 05 maggio 2015 da Gaetano63
A Milano mostra fotografica in due tempi
Le immagini - di artisti italiani prima e di stranieri poi - raccontano mutamenti sociali e ambientali. E gli umori della popolazione tra lotte di classe, tragedie collettive e cambiamenti politici
di Gaetano ValliniUn progetto ambizioso, ma soprattutto interessante Italia inside out, la mostra ospitata al Palazzo della Ragione – Fotografia di Milano in concomitanza con l’Expo 2015 con l’intento di raccontare la realtà di un Paese attraverso cinquecento immagini filtrate dagli obiettivi sia di fotografi italiani che stranieri. Una mostra in due tempi, però, per non incrociare gli sguardi di chi l’Italia l’ha osservata e raccontata dall’interno con quelli di quanti l’hanno rappresentata con la curiosità del visitatore attento e  consapevole soprattutto delle sue bellezze artistiche e naturali. Un’unica iniziativa, dunque, per due allestimenti consecutivi e complementari: fino al 21 giugno con i fotografi italiani e dal 1° luglio al 27 settembre con i fotografi stranieri. Un progetto impegnativo che come tutte le imprese a carattere antologico deve fare i conti con delle scelte: quali periodi esaminare? Quali temi affrontare? Quali fotografi selezionare? Un’incombenza affidata a Giovanna Calvenzi, la quale ha delimitato temporalmente il campo agli ultimi sessant’anni di storia italiana. E ha scandito la cronologia con l’evoluzione del linguaggio fotografico, come il passaggio dal bianco e nero al colore, così come la narrazione, da quella umanista e romantica agli sguardi più indagatori che utilizzano la lezione del linguaggio documentario, per giungere all’impegno del fotogiornalismo, senza dimenticare l’uso di nuove tecniche che consentono di costruire paesaggi d’invenzione.

Silvia Camporesi, Terza Venezia, 2011
(In alto) Nino Migliori, Da “Gente dell’Emilia”, 1957

Italia inside out — corredata già da un primo accurato catalogo dedicato ai fotografi italiani (Milano-Roma, 2015, GAmm Giunti - Contrasto, pagine 319, euro 39) — ripercorre dunque la storia del Paese attraverso l’occhio attento degli artisti che ne hanno seguito le trasformazioni dal dopoguerra a oggi, divenendo testimoni e interpreti dei mutamenti sociali e ambientali, delle trasformazioni urbanistiche e degli umori della popolazione, tra lotte di classe, tragedie collettive, cambiamenti politici. Ma sempre con l’intento di aiutare a cogliere e a comprendere la società. I punti di vista sono diversi, proponendo il lavoro di grandi maestri che, in anni differenti e con esperienze soggettive, hanno evidenziato gli aspetti principali e le peculiarità che contraddistinguono l’Italia e i suoi abitanti. La loro ricerca si è concentrata via via sulla bellezza dei paesaggi, sullo sviluppo delle città, sugli stereotipi, sui modi di vivere, sui drammi ma anche sulle speranze, dalla faticosa rinascita dopo la guerra agli anni del boom economico per proseguire fino ai nostri giorni, passando per i tempi dell’austerity a quelli di Mani pulite, degli sbarchi di immigrati e dei disastri naturali. Un viaggio in tempi, luoghi e vicende che, mescolandosi, costituiscono la trama per una riflessione su ciò che l’Italia e gli italiani sono stati e rappresentano tutt’ora. Un viaggio suggestivo, sostanzialmente didascalico più che sperimentale visto l’intento prettamente illustrativo, valorizzato in tale senso dall’allestimento ideato da Peter Bottazzi che lo ha pensato come un lungo convoglio con diverse carrozze, ognuna delle quali ospita una mostra personale, un racconto per immagini che interpreta i luoghi che più hanno ispirato l’autore.

Pietro Donzelli, Delta del Po, anni Cinquanta

Oltre sessant’anni separano la prima foto dall’ultima, in un percorso che inizia da Milano, ospite dell’evento espositivo, con le poetiche immagini dei nebbiosi navigli di Paolo Monti, per concludersi con le vedute di Vincenzo Castella dedicate al moderno skyline del capoluogo lombardo. «Molti autori — scrive Calvenzi — hanno lavorato sul proprio territorio, senza obblighi di tempo o di incarichi, realizzando immagini che sono entrate di diritto nella storia della fotografia (Gianni Berengo Gardin a Venezia, Mario Giacomelli nelle Marche, Domingo Milella in Puglia, Mimmo Jodice e Francesco Jodice in Campania, Lisetta Carmi a Genova, Claudio Sabatino a Pompei, Nino Migliori a Bologna, Franco Pinna in Sardegna, Letizia Battaglia a Palermo), altri hanno scelto luoghi d’elezione e di affetti (Giovanni Chiaramonte la Sicilia, Pietro Donzelli il delta del Po, Gabriele Basilico il Tevere a Roma, Luca Campigotto le montagne trentine), alcuni hanno risposto a suggerimenti professionali o a progetti di ricerca (Guido Harari con i ritratti agli italiani, Cesare Colombo a Firenze, Federico Patellani a Matera, Guido Guidi e Paola De Pietri nelle periferie milanesi, Mara Sarlo a L’Aquila) e infine altri ancora hanno lavorato a lungo su progetti personali (Olivo Barbieri, Marina Ballo, Mario Cresci) o giocato con la realtà, mescolato fotografia e manipolazioni, immaginario e realtà (Riverboom con Firenze, Silvia Camporesi e Paolo Ventura con Venezia)».Altri artisti avrebbero avuto titolo per esserci, oltre ai quarantadue scelti (Pepi Merisio, Mario Dondero, Fulvio Roiter, per citarne solo alcuni tra gli assenti più noti); altre vicende avrebbero potuto essere raccontate. In ogni caso l’insieme appare armonico. E questa Italia vista “dall’interno”, inevitabilmente variegata per sensibilità, tematiche e linguaggi, riesce comunque a dare conto di una storia, che è poi la storia più recente di un territorio ricco di tradizioni e di cultura. E seppur non esaustive, queste immagini, come ammette la stessa curatrice, «sono certamente un ottimo punto di partenza per constatare lo straordinario stato di salute della fotografia italiana». In attesa di  ammirare la seconda parte del progetto, quell’out che vedrà questa stessa Italia raccontata dalle fotografie dei grandi maestri internazionali come Henri Cartier-Bresson, David Seymour, Alexey Titarenko, Bernard Plossu, Isabel Muñoz, John Davies, Abelardo Morell e molti altri.
(©L'Osservatore Romano –  6 maggio 2015)

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