Italia-Germania 4-3, per una volta tutti italiani !

Creato il 05 giugno 2014 da Simo785

A cura di Marco Sanfelici

Italia-Germania 4-3, una partita unica !

Se il 2 giugno è la festa della Repubblica Italiana, mi piace pensare che sia un po’ anche la festa di ogni Repubblica che ha vita in Italia. Dunque anche della mia Repubblica del Calcio, quel blog che ho curato e coccolato e che mi pa consentito di farmi conoscere, con l’aiuto di tanti amici ed amiche, generosi nel loro inviare articoli e commenti. Beh, se quindi è festa, voglio attingere da esso un vecchio raccontino in chiave azzurra. Siamo alla vigilia dei Mondiali del Brasile, il rito si sta per riproporre in tutta la sua solennità, abbracciando ancora una volta il mondo intero. Chissà che porti bene ed a giudicare da quanto visto sabato sera in amichevole, una spruzzata di buona sorte non farebbe male!

“”Trasgredire ha in sè un che di appagante, a prescindere dalle conseguenze e se poi è il babbo che te lo consente, senza chiedere il permesso, allora si va a toccare il cielo con un dito. E’ la sensazione che provai una notte di giugno del 1970, in pieno esame di terza media, abituato ad andare a nanna dopo Carosello, come fu per la mia generazione al completo, vera custode dei Caballero, Jo Condor, Calimero, Gregorio, Papalla di turno. Il babbo non era improvvisamente impazzito: c’era Italia – Germania per l’ingresso in finale ai Mondiali in Messico. “Messico e nuvole/La faccia triste dell’America…” cantava Jannacci ed io felice, con il babbo sul sofà, mia mamma sulla sedia che dondolava per nervosismo, mio zio Carlo e Flavio, cugino trasferito a Torino per lavorare nella “grande famiglia”. A mezzanotte! Altro che Carosello! Per la verità, non era la prima volta che il babbo mi voleva alzato in piena notte. La volta precedente mi svegliò e mi tirò letteralmente fuori dal letto e mi piazzò seduto sul tavolo del tinello, di fronte al Telefunken a manopola che fungeva da radio ( o da…aradio, come diceva lui!). Mi disse che non capitava sovente che un italiano combattesse per il titolo mondiale al Madison Square Garden di New York. Povero babbo, non ho pianto al suo funerale ed ora mi sono venute le lacrime agli occhi a pensare a quella notte, lui ed io ad ascoltare Paolo Valenti: “Griffith è knock down,! Nino, Nino è campione del mondo” Perchè ho gli occhi umidi, ora? Forse perchè mio padre, quella notte, mi accolse tra gli uomini, come lo sciamano di una tribù indio dell’Amazzonia e gliene sarò eternamente grato! Torniamo all’Azteca. Dimenticavo che tra gli spettatori più accaniti, c’era la nonna Elvira, madre del babbo e dello zio, alla quale bastava una sola domanda: “Che maja a g’àn i nòstar” da “mantuana a d’la bàsa”. E la mamma: “cla nìgra, nòna! I tedèsch ij en chi biànc”. Dopo di chè sarebbe esistita solo per “lilòr da la maja nigra!” Mio fratello, piccolo cucciolo in età da scuola materna, si stava gustando una partita tra angioletti azzurri ed angioletti biondi nel suo lettino caldo. Fu la sera dei permessi incondizionati: al gol di Schnellinger diedi dimostrazione che, sebbene frequentassi una scuola salesiana e passassi molto tempo all’oratorio, in fatto di moccoli sapevo il fatto mio. Dove sta il permesso? Nel fatto che feci coro con i grandi di casa mia e con una intera nazione già in finale! E nessuno mi rimproverò. Il mattino dopo mia mamma raccolse la confidenza del nostro vicino dell’altra scala. Preso dallo sconforto per l’autorete di Poletti, aveva spento la “tele” e si era andato a coricare, erano quasi le due di notte. Dalla sua stanza da letto al nostro tinello, si susseguivano la camera da letto di noi figli, quella dei miei, il bagno, l’entrata ed il cucinino. Nonostante la distanza, al pareggio di Burgnich, le nostre urla lo sorpresero nel dormiveglia, realizzò l’accaduto e riprecipitò davanti al video! ” Ma sono le due” esclamò mia mamma, l’unica ad avere mantenuto un minimo contatto con la realtà esterna: nessuno gli rispose. Poi il 3 a 2 di Giggirriva, il 3 a 3 di Mueller e quel “golazo” di Rivera che vale un’epoca da solo, con noi uomini che saltavamo da uno all’altro, con mia nonna che ripeteva: “J-an fàt bèn, si àn fat pràn bèn, chi vàg-n a cà, i tedesch!”. In tre metri per tre,c’era tanta di quella adrenalina (sia chiaro che allora non sapevo cosa fosse!) da risuscitare una decina di morti, così, tanto per far loro provare per un attimo che cosa si erano persi! Ero diventato uomo con Benvenuti e Valenti, diventavo adulto con Rivera e Martellini. Quella notte non dormì nessuno, dato che la gente scese in strada con manifestazioni di giubilo, tirate fuori dalla soffitta, dove erano state abbandonate, sotto un bello strato di polvere, dal giorno della Liberazione, 25 anni prima. Ed i festeggiamenti continuarono per quattro giorni, fino a quando Pelè ci fece ritornare tutti sulla terra e mia mamma, con autentico spirito shakespeariano, commentò: “Iv fat tant bacàn par gninta, e alòra?…”


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