I nostri padri la ricordano ancora con un certo luccichio negli occhi. Perché il calcio è ricordo, emozioni, brividi. E solo gli ingenui pensano che sia “soltanto” uno sport. Come tutto ciò che in realtà ci regala emozioni forti (una canzone, il sapore del sugo cucinato da nostra mamma), evoca in maniera potentissima gli anni che furono…e i brividi non possono mancare. Come una sorta di “macchina del tempo” basta tornare indietro a quei gol, quei nomi, quei volti e si torna inevitabilmente indietro alla propria giovinezza, quando quei gol, quei nomi e quei volti ci emozionavano ben più di quanto non facciano oggi i loro omologhi sul campo.
Anche la generazione successiva ha avuto la fortuna di avere la sua personale “Italia-Germania”. È’ quella del 4 luglio 2006 a Dortmund. Altra semifinale, questa volta giocata addirittura di fronte al pubblico tedesco, convintissimo che sarebbe stata la volta buona per regolare i conti. E invece…Anche questa volta si va ai supplementari dopo una partita tiratissima in cui nessuna delle due squadre, pur giocando bene, è riuscita a prevalere sull’avversaria. E il primo tempo supplementare si apre con addirittura due legni colpiti dagli Azzurri nel giro di un minuto. Prima Gilardino, poi Zambrotta. La partita sembra destinata a finire ai rigori, ma al 118’ ecco che l’arbitro assegna un calcio d’angolo all’Italia: “Palla tagliata, messa fuori, c’è Pirlo, Pirlo…Pirlo, ancora Pirlo, di tacco, Grosso, gooooooolllll”. Chi non ricorda con la pelle d’oca quest’urlo? Il telecronista di Sky Caressa è stato il cantore che più di tutti ha saputo descrivere l’emozione di quel momento. Quell’attimo che ha cambiato la storia di quel mondiale, che è diventato all’improvviso più azzurro che non si può. E anche quella generazione si è meritata il suo Italia-Germania da consegnare alla propria, personalissima storia.
A distanza di soli sei anni, dunque, i tedeschi hanno la possibilità di rifarsi. Non proprio con gli interessi (comunque vada un Europeo non equivarrà mai al valore di un Mondiale), ma quasi. A Varsavia, giovedì 28 giugno, si disputerà infatti l’ennesima semifinale fra queste due squadre. Stavolta non sarà un Mondiale a fare da scenario, ma un Europeo. Un torneo che per i tedeschi è stato fin qui una marcia trionfale (quattro vittorie su quattro), mentre per l’Italia è stato un crescendo di emozioni. Dall’esordio positivo con la Spagna, al deludente pareggio con la Croazia per arrivare alle emozioni delle sfide con Irlanda (che ha sancito il passaggio ai quarti di finale) e Inghilterra, conclusasi vittoriosamente ai rigori dopo che i nostri avevano dominato il match contro gli uomini di Albione.
La creatività a cui ci si affida in certi momenti (Rivera e Mazzola nel ’70, Conti e Antognoni nell’82, Pirlo e Totti nel 2006 e ancora Pirlo con Cassano in questo 2012) e il disordine tattico italiano hanno fino ad ora superato la tenacia e forza fisica dei tedeschi, che però hanno nel tempo cullato e cresciuto una generazione di calciatori dai piedi buoni (Ozil e Muller su tutti), che può senz’altro rintuzzare, colpo su colpo, la fantasia degli Azzurri. I bookmakers danno la Germania per favorita, ma questo può essere soltanto un vantaggio per gli uomini di Prandelli. Che possono far male ad una difesa che non è parsa impeccabile, fino ad ora, soprattutto se attaccata sugli esterni visto che Lahm e Boateng, i terzini tedeschi, badano quasi più alla fase offensiva che a quella difensiva. Il gol di Samaras con cui la Grecia, nel quarto di finale, ha momentaneamente impattato l’iniziale rete dello stesso Lahm ne è la prova. Forse un 4-3-3 con i due laterali d’attacco molto larghi può risultare la tattica migliore per scardinare il sistema di gioco tedesco ed evitare di lasciare un eventuale trequartista del 4-3-1-2 alla mercè dei due “guardiani” della difesa tedesca che portano i nomi di Khedira e Schweinsteiger. Vedremo. Alla fine i moduli contano, ma fino ad un certo punto.
Ernesto Kieffer