Italia, musa di poeti e teatro di poetiche amicizie inglesi
Creato il 23 febbraio 2013 da Lalenene
@Irene_Marziali
I reached the Alps: the soul within me burned,
Italia, my Italia, at thy name:
And when from out the mountain’s heart I came
And saw the land for which my life had yearned,
I laughed as one who some great prize had earned:
And musing on the marvel of thy fame
I watched the day, till marked with wounds of flame
The turquoise sky to burnished gold was turned.
The pine-trees waved as waves a woman’s hair,
And in the orchards every twining spray
Was breaking into flakes of blossoming foam:
But when I knew that far away at Rome
In evil bonds a second Peter lay,
I wept to see the land so very fair.
Traduzione
Ho raggiunto le Alpi: l’anima dentro di me ardeva,
Italia, mia Italia, al tuo nome.
E quando fuori dai monti il mio cuore è uscito
e ho visto la terra per la quale la mia vita aveva bramato,
ho riso come chi ha vinto un grande premio:
ed ho ammirato le meraviglie della tua fama
ho osservato il giorno, finché ferite di fiamme
il turchese cielo splendente d’oro fecero.
I pini ondeggiavano come onde sui capelli di una donna,
e negli orti ogni serpeggiante spruzzo
si rompeva in fiocchi di schiuma fiorita:
ma quando seppi che lontano a Roma
nei vincoli del male un secondo Pietro stava,
piansi nel vedere una così meravigliosa terra.
(traduzione di Corinzia Monforte)
A testimonianza del profondo fascino che la nostra penisola, terra d'arte e passione, esercitava sul mondo culturale inglese del periodo Romantico e Post-romantico, i maggiori esponenti della letteratura ed in particolare della poesia britannica del tempo non solo visitarono l'Italia ma vi vissero e l'amarono. Certamente i più celebri che non possono non essere ricordati sono Byron, Shelley e Keats. Soprattutto nell'immaginario dei poeti, più che dei letterati in generale, l'Italia era vista come un affascinante e selvaggio relitto che, seppur spesso lasciato al proprio destino, riusciva ancora ad emanare l'atmosfera che la permeava nel Medioevo prima e poi nel Rinascimento grazie all'arte ed alle città monumenti di cui era ed è ricca. Abbiamo citato tre colonne della poesia britannica...ebbene tutti vissero una parte significativa, felice e letterariamente prolifica della loro vita proprio in Italia, ma in questo particolare post ci concentreremo sull'esperienza di Shelley, forse il meno celeberrimo dei tre.
Percy Bhysse Shelley intraprese il suo viaggio in Italia nel 1818 insieme alla moglie Mary (la gotica autrice di Frankenstein), ai figli ed alla sorellastra di lei Claire Clairmont con lo scopo di portare la piccola Allegra (figlia di Claire) a vedere il padre, Lord Byron, che già da tempo soggiornava a Venezia. Qui in Italia Percy, depresso e malato, anche grazie all'incontro con Byron riprese a comporre e possiamo dire che fu proprio quest'ultimo periodo della sua vita che passò in Italia a diventare il suo più letterariamente fertile; anche i suoi ultimi due figli nacquero nella nostra bella Italia, Elena Adelaide e Percy Florence (che come si può intuire nacque a Firenze!).
Sempre la nostra penisola si vide scenario di incontri importanti per Shelley e proprio quando furono riuniti tutti e tre in Italia, lui insieme a Byron ed Hunt costituirono il giornale "The Liberal", al quale probabilmente avrebbe partecipato anche John Keats se questi non fosse morto due anni prima, senza aver il tempo di tornare a Roma e ricongiungersi ai due amici. Purtroppo il nostro mare fu anche teatro della scomparsa prematura di Shelley, che perì in mare durante una tempesta quando la sua barca, chiamata Don Juan in onore di Byron e successivamente Ariel, si ribaltò. Sono state fatte tante ipotesi sulla morte del poeta: c'è chi ha sostenuto che sia stato l'atto volontario di un depresso, chi da la colpa all'incapacità di navigare di Shelley, chi invece attribuisce la tragedia ad un gruppo di pirati che avrebbero attaccato l'imbarcazione. In ogni caso, il suo corpo venne cremato su una spiaggia nei pressi di Viareggio e le sue spoglie furono seppellite nel cimitero degli inglesi a Roma. Il suo epitaffio sono le parole della "Tempesta" di Shakespeare: "Nothing of him that doth fade / But doth suffer a sea-change / Into something rich and strange." Volete un particolare un po' scabroso? Il suo cuore venne estratto dal corpo prima della cremazione e conservato dalla moglie Mary fino alla propria morte. In fondo era una gotica a tutti gli effetti..!
Tre poeti...tre amici...una terra.
Il nostro paese è stato musa ispiratrice di canti e poesie, drammi e tragedie, commedie romantiche e grandi storie di passione. La sua bellezza variegata, la sua storia l'hanno resa grande nei secoli, e vederlo ora martoriata, sporca, sofferente fa dispiacere. Non per patriottismo, giacché non è parte di me, ma per il dolore che la cultura debba subire una tale perdita.
Vi segnalo, in questo contesto, l'interessante museo dedicato nella nostra capitale proprio ai due grandi poeti, Shelley e Keats, visitabile vicino alla famosa scalinata di Piazza di Spagna, che è stato allestito proprio nell'ultima dimora di Keats prima della sua morte nel 1921.
http://www.keats-shelley-house.org/it
Con affetto,
Irene
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