Punto Informatico: E' possibile determinare quanti in Italia si occupano di recuperare hardware dismesso per, diciamo, "rimetterlo in circolazione"?
Manuele Rampazzo: Il calcolo non è facile, perché solo pochi sono i gruppi noti, su tutti il GOLEM di Empoli che ha fatto da "apripista" a tutti gli altri.
Tanti altri gruppi - od anche singoli - fanno invece trashware nell'ombra, noti solo ad un ristretto circolo di persone: proprio di recente mi è capitato di scoprire che alcuni miei amici fanno trashware, ma a parte loro stessi nessuno lo sapeva!
L'idea recentissima di creare una lista di discussione ed un sito-vetrina per i gruppi e le associazioni che fanno trashware, l'ho avuta proprio in seguito a quest'ultimo incontro fortuito, perché ritengo sia sprecato lavorare gli uni all'insaputa degli altri, quando invece c'è tanto da condividere.
Ovviamente, qui sto parlando di chi fa trashware con intenti solidaristici: accanto a loro andrebbero conteggiati un gran numero di appassionati del "semplice" retrocomputing, con il quale spesso capitano sovrapposizioni.PI: Se un computer viene, diciamo, "rimesso a nuovo" che fine fa? Va ad amici-parenti-conoscenti o vi sono iniziative per coinvolgere scuole, comunità, famiglie eccetera?
MR: Dipende ovviamente dal gruppo, ma penso che le donazioni siano a 360 gradi. Le iniziative di cui sono direttamente a conoscenza han coinvolto, in genere, parrocchie, associazioni od altri enti non profit, a volte arrivando a collaborazioni internazionali.
PI: La direttiva europea sullo smaltimento dei dispositivi elettronici è un invito ai produttori di fare di più per consentire riciclaggio, riutilizzo e, appunto, smaltimento intelligente. Come si colloca il trashware in questo quadro? Può dare una mano?
MR: Onestamente, non saprei: penso però che se, in qualche modo, il trashware potesse essere coinvolto in questo quadro gli effetti positivi, se ve ne saranno davvero, si sentiranno nel medio periodo.
PI: Ci sono produttori che sostengono chi si occupa di trashware? Se sì, in che modo?
MR: Non mi risulta, almeno stando alle iniziative a me note, che vi siano stati particolari contributi da parte dei produttori di materiale informatico alle iniziative di trashware, ma spero che vi sia un maggior contributo futuro.
PI: Chi dismette un computer perché non ne ha più bisogno a chi dovrebbe rivolgersi per cederlo affinché sia riutilizzato?
MR: Se il computer, in tutto o in parte, è ancora funzionante ed è di classe pentium o superiore può rivolgersi alla più vicina iniziativa: un elenco (attenzione! è ancora incompleto!) dei gruppi è visibile su http://trashware.linux.it/gruppi.html.
In alternativa, se il computer è troppo vetusto da poter essere riutilizzabile con profitto, oppure i suoi componenti non sono più funzionanti, il nostro consiglio è di avviarlo agli opportuni centri per lo smaltimento dei rifiuti speciali. Per gli indirizzi si deve contattare la locale azienda di smaltimento rifiuti.
PI: In un mercato dominato dall'aumento delle prestazioni e delle dimensioni di applicativi (parlo dei più diffusi) e dei file, che spazio c'è per i computer recuperati in questo modo?
MR: L'utilizzo del Software Libero in una gran quantità di progetti di trashware (e di tutti quelli che verranno elencati su trashware.linux.it) aiuta sicuramente ad allungare la vita ai PC recuperati, grazie alla sua flessibilità ed adattabilità.
Vi sono dei progetti interessanti per realizzare distribuzioni, ad esempio RULE, aggiornate, ma leggere e fruibili pertanto anche nei vecchi computer spesso a disposizione.
Un'alternativa è quella di ricorrere a terminali grafici di limitata capacità che fanno capo per l'elaborazione (e quindi anche l'avvio dei programmi, compresi quelli molto pesanti) ad un server centrale di buona potenza, sfruttando in questo modo la flessibilità del server grafico X in un ambiente di rete. Quest'ultima soluzione dà veramente ottimi risultati e permette di utilizzare con soddisfazione computer molto scarsi, ma non è purtroppo sempre applicabile.