L'intramontabile italiano medio, insomma.
Ci stupiamo poco, allora se oggi ci ritroviamo a parlare di "Italiano Medio" riferendoci ad un vero e proprio lungometraggio, uno di quelli sbocciati dal web, dal passaparola, e che proprio per questo motivo cerca innanzitutto di mantenere fede alle sue radici naturali ed offrire al pubblico di riferimento - per lo più fans - esattamente ciò che si aspetta e ha intenzione di trovare nel corso della visione. Un ragionamento intelligente e penalizzante allo stesso tempo, con cui sicuramente Maccio Capatonda & Co. si assicurano una riuscita perlomeno parziale della loro operazione, ma con cui, in qualche modo, pregiudicano un ampliamento a largo raggio, capace di andare a convincere anche la persona che, magari, ha il proposito di avvicinarsi per la prima volta alla loro comicità demenziale o stile narrativo. Bastano infatti i titoli di testa per apprendere quanto il salto appena compiuto non abbia minimamente alterato né modificato un modo di fare divenuto ormai marchio di fabbrica, un modo in cui spicca il mantenimento di quello spirito veloce, pratico e conciso da televisione e dove la sceneggiatura, nonostante la sua dilatazione, rimane esclusivamente binario inserito più per comodità che per rilevanza. Nulla a che vedere con il cinema, dunque, a parte, forse, l'accortezza esteticamente azzeccata (come scontata) di freddare i colori nei momenti in cui l'effetto della droga (indiretta protagonista) non è operativo e di saturarli al massimo quando questo entra in azione.
Si tratta dell'unico, goffo tentativo che va a stonare visibilmente con quella che fino a quel momento era stata una marcia piuttosto intonata, non priva di bassi, ma simpatica e ammissibile. Perché tirando le somme, e soprattutto evitando di essere troppo severi, "Italiano Medio" ha pregio se non altro di rispettare se stesso, confermandosi, per gli affezionati in particolare, un prodotto in perfetta linea con le premesse.
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