A volte per spiegare come sono andate le cose e per presentare i personaggi serve un espediente letterario, un po' di fantasia. Un narratore deve inventare: non i fatti, quelli no; ma gli scenari, il teatro... E dunque m’immagino il pomeriggio del Natale 1985, in uno strano ufficio di Roma. Potrebbe essere uno studio legale, notarile o una filiale di una società di consulenza.
Ma è solo un camuffamento, perché è in realtà una base operativa del SISMI, il servizio segreto militare.
Sulle finestre batte pioggia gelida, fa freddo all’Urbe, è un Natale grigio e buio. Nella stanza alcuni uomini sono in riunione nella nebbia di fumo di sigaretta che galleggia tra i fasci di luce delle lampade snodabili sulle scrivanie.
Hanno abiti civili, ma sono militari. Tra posaceneri colmi, macchine da scrivere Olivetti, faldoni di carte e piatti di plastica con tristi fette di panettone morsicate svogliatamente e abbandonate, balza all’occhio un fascicolo di carta beige, su cui l’attenzione dei presenti è contentrata.
ABU NIDAL è il suo titolo in lettere di pennarello rosso. Due dita che stringono una sigaretta appena accessa aprono il fascicolo. Spuntano documenti scritti a macchina, fotografie in bianco e nero, ritagli di giornale. In una vecchia fotografia è ritratto un uomo in camicia a maniche corte mentre sta parlando concitato, lo si capisce dagli occhi neri sbarrati e spiritati, ha una calvizie avanzata, i capelli corti gli coprono solo i lati e la parte posteriore della testa.
Le dita sollevano dalla scrivania alcuni fogli dattiloscritti.
NOME: Ṣabri Khalil al-Banna.
NOMI DI BATTAGLIA: Abu Nidal – “il Padre della lotta” ; Amin al-Sirr - "il Segretario".
IDEE POLITICHE: nazionalista palestinese, anti-sionista, anti-semita, anti-americano, anti-OLP.
PROTEZIONI: finanziamenti, appoggi, coperture dai governi di Iraq, Siria, Libia.
BIOGRAFIA: nato nel 1937 a Jaffa, da una ricchissima famiglia di proprietari terrieri e produttori di arance, il clan al-Banna. È figlio dell’ottava moglie di Khalil al-Banna. Ha 25 tra fratelli e sorelle, lui è il dodicesimo.
Frequenta la scuola francese Collège des Frères di Jaffa e la scuola musulmana d’elite Umariya di Gerusalemme.
Nel 1948, durante la prima guerra arabo-israeliana, la sua famiglia perde la proprietà degli immensi aranceti, perché nei territori del nuovo stato di Israele. Vive numerosi mesi in una tenda di rifugiati. Nasce l’odio verso gli israeliani. Al liceo si avvicina alle posizioni nazionaliste arabe del partito Baath.
Frequenta la facoltà di ingegneria del Cairo. Espulso dall’Arabia Saudita dopo aver collaborato con il gruppo Organizzazione Segreta della Palestina. A Nablus entra nell’OLP di Yasser Arafat. Diviene un acceso sostenitore della causa dopo la guerra dei sei giorni del 1967. Rappresenta l’organizzazione in Sudan e in Iraq.
Viene espulso dall’OLP nel 1974 per le sue idee troppo intransigenti e fonda il Consiglio Rivoluzionario di Al-Fath/ANO – Abu Nidal Organization/ Giugno Nero/ Brigate Rivoluzionarie Arabe/ Organizzazione Rivoluzionaria dei Musulmani Socialisti.
Yasser Arafat è suo nemico, insieme a quelli storici di Israele e Stati Uniti.
Disprezza e combatte le forze moderate. Coalizza e fortifica il cosidetto Fronte del Rifiuto composto da tutte quelle forze arabo-palestinesi in disaccordo con la linea dell’OLP giudicata troppo morbida e diplomatica.
Abu Nidal vuole la guerra.
Si allega foto a lato.
- 5 settembre 1972. È presumibile il coinvolgimento di Abu Nidal nella strage di Settembre Nero durante le Olimpiadi di Monaco.
- 1973. Occupazione dell’ambasciata saudita di Parigi.
Dirottamento a Malta del volo KLM con rotta Beirut – New York – Tokyo. - 1974. Attentato dinamitardo sul volo TWA Tel Aviv – New York: 79 morti.
Attentato fallito a Yasser Arafat.
Dirottamento verso Tunisi del volo British Airways da Londra. - 1976. Campagna siriana (settembre- dicembre ’76): attacco all’hotel Semiramis a Damasco; attacco simultaneo alle ambasciate siriane di Islamabad e Roma; attentato al ministro degli esteri siriano; sventato attacco all’ambasciata siriana di Istanbul.
Assalto all’hotel Intercontinental di Amman, Giordania. - 1977. Attentato all’areoporto di Abu Dhabi.
Assassinio del direttore dell’ Arab Library di Parigi. - 1978. Campagna contro l’OLP: omicidio del rappresentante dell’OLP a Londra; omicidio del rappresentante OLP a Bruxelles; omicidio del rappresentante OLP in Kuwait; omicidio del rappresentante OLP a Parigi; assalto agli uffici OLP a Islamabad; omicidio del rappresentante OLP a Roma; omicidio del rappresentante OLP a Madrid.
- 1980. Assassinio del direttore della libreria palestinese di Parigi.
Attentato con due bombe a mano ad un gruppo di ragazzi ebrei in Belgio. - 1981. Rapimento di uomo d’affari giordano a Beirut e uccisione delle sue tre guardie del corpo.
Assassinio del presidente dell’associazione per l’amicizia dei popoli austriaco e israeliano a Vienna.
Uccisione del rappresentante OLP in Belgio.
Assalto con mitra alla sinagoga di Vienna.
Omicidio dell’ambasciatore francese in Libano.
Attentato dinamitardo che uccide un funzionario OLP a Roma. - 1982. Attentato all’ambasciatore israeliano in Gran Bretagna - casus belli per l’invasione del Libano da parte di Israele.
Assassinio di diplomatico del Kuwait a Nuova Delhi.
Assassinio di diplomatico di Giordania ad Atene.
Attacco con fucili d’assalto e granate ad un ristorante ebraico di Parigi.
Omicidio a Madrid di un funzionario OLP e di un diplomatico del Kuwait.
Attacco con fucili d’assalto e granate alla sinagoga di Roma. - 1983. Assassinio di alto funzionario OLP in Portogallo.
Attentato dinamitardo volo Karachi – Abu Dhabi della Gulf Air: 117 morti.
Assalto all’ambasciata giordana di Atene.
Assassinio dell’ambasciatore giordano a Madrid. - 1984. Assassinio degli ambasciatori di Giordania in India, Spagna, Italia.
Assassinio dell’ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti in Francia.
Attentato dinamitardo in un bus israeliano.
Assassinio ...
Il dossier è inventato, la scenetta pure. Ma Abu Nidal esiste, e quelle cose le ha fatte davvero. L’elenco di stragi e uccisioni prosegue in una scia di piombo e dinamite. Le dita lasciano cadere il documento sulla scrivania e spengono la sigaretta nel posacenere colmo di altre cicche.
Abu Nidal e i suoi ne hanno uccisi tanti. Bombe sugli aerei, omicidi mirati, assalti con raffiche e bombe. La lista di attentati continua inesorabile come un bollettino di guerra per tutto il 1984 e il 1985 con un’escalation di sangue.
Ma il 1985 non è finito: mancano sei giorni. Gli “amici” del Mossad, il potente e risoluto servizio segreto di Israele hanno spifferato qualcosa ai colleghi italiani. Ci sarà un nuovo attentato a Roma, probabilmente all’areoporto di Fiumicino, intorno a Natale.
Il telefono squilla. Le dita afferrano la cornetta.
“Buon Natale anche a lei, ammiraglio. Il secondo dispaccio è stato diramato a tutti i comandi delle forze dell’ordine. Il primo, in data 10 dicembre, sembra non aver ottenuto l’attenzione che meritava.
Il Ministero degli Interni pare sordo, ammiraglio.
Anche il secondo dispaccio in cui sottilineamo il pericolo incombente per un attentato organizzato all’areoporto Leonardo da Vinci e che verrà attuato secondo le fonti tra il 25 e il 31 dicembre di questo anno, non ha messo in allarme come avrebbe dovuto gli organi di difesa interna ...
Signorsì.
Sissignore.
Rimaniamo in attesa di sviluppi.
Alcuni sospetti sono sotto sorveglianza.
Signorsì, nessuna interferenza.
È responsabilità del Ministero, come dice lei.
Anche a lei ammiraglio e alla sua famiglia sinceri auguri di buone feste e felice anno nuovo.”
Il telefono è riagganciato. Le dita afferrano una nuova sigaretta. Gli uomini nella stanza rimangono in silenzio, scuri in volto. Due giorni dopo questa scena - ribadisco, fantasiosa ma verosimile - quattro uomini fanno irruzione nell’area dell’areoporto di Fiumicino riservata ai banchi check-in della compagnia israeliana El-Al e di quella americana TWA.
Sbucano dalla folla con grida di guerra, sono ossessi armati pesantemente, hanno kalashnikov russi e granate ad ananas, sono giovanissimi, dei ragazzini, uno di loro, Ibrahim Khaled, ha diciotto anni.
Assassini, pazzi d’odio, sbarbati robot sterminatori, marionette dai cervelli lavati manovrate da capi senza scrupoli e da oscure strategie nell’ombra.
Vengono dal girone di Sabra e Shatila, campo profughi palestinese in terra libanese. Sono a Roma per ammazzarne il più possibile.
Ore 9.05 antimeridiane: raffiche, urla, scoppi, lampi, fumo. I testimoni raccontano il caos. Una donna americana, che nell’attentato perderà la figlia di 11 anni, ricorda:“Un’esplosione, poi raffiche di mitra. Quindi un attimo di tregua, nuovamente spari ed esplosioni".
Un testimone oculare italiano conferma: "Raffiche intensissime si sono succedute per alcuni minuti. Poi una serie di colpi isolati. Quindi una pausa, rotta dalle grida dei feriti, dal rantolo dei morenti, da comandi concitati urlati da varie distanze”.
C’è anche una testimonianza VIP; Sandra Milo, attrice felliniana e intima del presidente del consiglio Bettino Craxi, dichiara: “Mi ricordo di aver pensato che avevo sentito dire che chi si butta per terra non riceve i colpi, invece sparavano proprio sul pavimento.”
A Roma la gente in coda ai check-in viene travolta da un’onda di piombo; gli avventori del bar lì in attività sono investiti da proiettili 7,62 e schegge.
I tavolini si rovesciano, le tazzine di caffè vanno in frantumi, spari all’impazzata. Tre granate rimbalzano sul pavimento di gomma nera, e poi esplodono, dietro i banchi TWA c’è un cratere.
I vivi strisciano in terra tra i morti, le pozze di sangue, i bossoli, centinaia di bossoli. I palmi delle mani di chi è carponi si feriscono sul tappeto di pezzi di vetro. I sopravvissuti sono come lumache umane striscianti. Altro sangue, altre urla, altre raffiche rabbiose.
Reazione delle (deboli e scarne) forze di sicurezza italiana (due agenti PS, un carabiniere): una risposta spaventata ed impotente con una manciata di proiettili 9mm. Un poliziotto non spara neppure, un carabiniere dietro una transenna fa fuoco con una pistola che è ridicola in confronto all’arsenale terrorista. Cerbottane contro cannoni.
Reazione delle (preparate e spietate) forze di sicurezza israeliane (quattro agenti presenti negli spazi EL-AL): sono tiratori scelti. Sfida all’O.K. Corral – estensione europea del conflitto arabo-israeliano nel terminal romano. Pistole silenziate e mitragliette UZI. Uno di loro cade nel duello.
Ecco, nella seconda battaglia di Fiumicino è interessante capire bene gli schieramenti. Gli agenti di sicurezza israeliani ai banchi El-Al, autorizzati dal nostro governo ad operare all’areoporto, non sono vigilantes o sbirri qualunque.
Sono uomini del Mossad, i servizi segreti di Tel Aviv. Sono super-soldati in borghese, killer preparatissimi. Forse addestrati nell’unità incursori di marina Shayetet 13 o nell’analoga Sayeret Matkal, la forza speciale dell’esercito della stella di David, reagiscono con freddezza a Fiumicino. Abbattono due terroristi. Un terzo viene freddato alle spalle con un colpo in testa. Il quarto del commando viene immobilizzato.
Giovani i terroristi, giovani i contro-terroristi: una guerra di ragazzi mentre i vecchi strateghi del gioco sono al sicuro in altri luoghi davanti alle scacchiere.
Un alto ragazzo magro con kippah in testa si aggira sul campo di battaglia con l’arma in pugno. Un altro giovane in abiti civili, probabilmente il capo dell’unità, brandisce una pistola munita di lungo silenziatore, si muove tra i cocci e i corpi.
L’agente si avvicina ai terroristi rimasti sul terreno. La pistola soffia tre proiettili con rumore soffocato. Un colpo alla nuca per uno. Esecuzione.
C’è anche il grave sospetto che un cittadino italiano, Francesco Della Scala, sia stato scambiato per un fedayyin. Francesco, padre di famiglia, ha i capelli scuri e la carnagione mediterranea, può essere scambiato per un mediorientale. Tredici morti sul terreno inclusi i terroristi, ottanta i feriti.
La battaglia è finita.
I tre del Mossad di Fiumicino mai si presenteranno nei tribunali italiani per conferire; spettri con nomi fasulli che già dopo pochi minuti la carneficina si sono volatilizzati. Spariti. E con loro, la giusta ricostruzione dei fatti.
Ma se la precisione nello studio dei tragici eventi del 27 dicembre 1985 manca nel cogliere importanti sfumature, non si può invece essere poco severi nelle attribuzioni delle responsabilità storiche dell’attentato (dirette) e nell’attentato (indirette).
La responsabilità diretta nelle morti di Fiumicino e di Vienna del 1985 è di Abu Nidal e del suo gruppo di fanatici guerriglieri, di inflessibili fedayyin del fronte disobbediente del rifiuto del dialogo con il nemico, che con quello ed altri innumerevoli attentati volevano incendiare tutto l’incendiabile e colpire duramente due nazioni in prima fila nei colloqui di pace mediorientale: Italia e Austria.
Una responsabilità indiretta è della poca competenza e preparazione del Ministero degli Interni, che non prese le misure necessarie dopo esser stato ripetutamente messo in allarme dai servizi d’informazione dello Stato (Il Sismi comandato dall’ammiraglio Fulvio Martini).
La lezione della prima battaglia di Fiumicino del dicembre 1973 sembrerebbe non aver insegnato nulla. In quegli anni la carica di ministro, e quindi di massimo responsabile dell’operato e del non-operato degli Interni ha nome e cognome - anzi, due nomi e un cognome: Oscar Luigi Scalfaro.
Le colpe però non finiscono qua e il capitolo finale di questa storia violenta puzza di zolfo, è un patto demoniaco. Secondo studiosi di Medio Oriente con riconosciuto pedigree internazionale, Abu Nidal è manovrato dal Mossad.
Il britannico Patrick Seale esperto di questioni dell’area che è da sessant’anni la polveriera della Terra, scrive:
“Abu Nidal e Israele sono nemici, ma i loro obbiettivi sono talmente simili da suggerire un rapporto operativo.”
E ancora:
"che gli israeliani lo abbiano o no strumentalizzato - e gli indizi suggeriscono che è un'ipotesi plausibile - essi hanno certamente tratto vantaggio dai suoi attacchi contro i moderati dell'Olp e non hanno fatto nulla per fermarlo, nonostante le sue violenze anche contro obiettivi ebraici e israeliani".
Per il Mossad, falco tra i falchi, fautore di una difesa aggressiva e senza confini dello stato ebraico, l’OLP è scomodo; un interlocutore rispettabile ed appoggiato dalla comunità internazionale può far scendere Israele a compromessi territoriali, militari e politici che ne minerebbero la potenza e le ambizioni nella zona.
Anche il Mossad se potesse, sterminerebbe Arafat e i suoi.
A dar ancora più forza a questa tesi indicibile, che comunque fu sostenuta da importanti quotidiani francesi già dal 1982, c’è l’attentato all’ambasciatore israeliano a Londra Shlomo Argov, pretesto usato da Israele per invadere il Libano con l’Operazione Pace in Galilea nel giugno '82 (la parola "pace" credo sia stata inserita per fare del black humor da qualche stratega buontempone).
D’altra parte la storia della guerra fredda ha i suoi angoli bui.
Europa di trame, Europa di spie e l’Italia nel mezzo.
La Storia del secondo dopoguerra in Italia ha due livelli, uno che è stato visibile, chiaro, studiabile con precisione e l’altro sommerso, sotterraneo, occulto, visibile solo attraverso lenti sfocate, ipotizzabile più che studiabile con precisione scientifica. E questo dà all’indagine un fascino sinistro.
Epilogo del terrorista e sicario Abu Nidal. Baghdad, 2002. Abu Nidal è stato il Bin Laden degli anni ’70 e ’80 ma ora è vecchio e malato. Viene ritrovato stecchito, ucciso da diversi proiettili. I servizi segreti di Saddam Hussein, suo storico protettore forse stufo dell’ospite ingombrante, dicono che è suicidio.
Difficile suicidarsi sparandosi più volte: Abu Nidal, spietato assassino, "è stato" suicidato. Una beffarda epigrafe, per lui, potrebbe essere: “Egli era il patriota trasformatosi in psicopatico.”
Federico Mosso
@twitTagli
Per approfondire:
Documentario RAI – La Storia siamo noi. “Una mattina di dicembre”.
Patrick Seale “Abu Nidal, una pistola in vendita. I mille volti del terrorismo internazionale.” Gamberetti Editore.
Ammiraglio Fulvio Martini “Nome in codice: Ulisse”. Rizzoli
A proposito degli agenti del Mossad – da La Stampa di Martedì 19 gennaio 1988.