Ivano Mugnaini, L’algebra della vita

Creato il 17 dicembre 2011 da Fabry2010

Pubblicato da lapoesiaelospirito su dicembre 17, 2011

Prefazione di Luigi Grazioli

Già dal titolo, L’algebra della vita, questo libro di Ivano Mugnaini dichiara non solo le sue ambizioni, ma lascia anche trasparire alcune delle principali caratteristiche.

Procediamo con ordine: l’algebra, e non l’aritmetica o la trigonometria; quindi qualcosa di complesso, senza essere astruso o specialistico, che tende alla generalizzazione, all’universalità, come peraltro esplicita il complemento successivo: della vita. Si tratta insomma di capire qualcosa della vita: non dell’esistenza di questa o quella persona o delle consuetudini di questo o quel gruppo sociale in questo o quel tempo, ma della vita in generale; capire le sue operazioni fondamentali applicando delle regole certe.

Cosa però che nessuno scrittore ritiene possibile; e infatti c’è un sottotitolo: e altri racconti. Vale a dire che il tentativo di capire che ne è della realtà e come funzionano le cose è sì il tema principale, ma non l’unico: è un racconto assieme ad altri. Un racconto, e non una dimostrazione. Una storia e non l’individuazione e l’applicazione di regole. Anche se questo non impedisce che la narrazione ambisca ad andare, o a far segno, oltre la storia narrata. Come? Attraverso il linguaggio, le procedure narrative e retoriche interne, e, in un libro di racconti che non sia una semplice raccolta (e questo non lo è), tramite la rete di relazioni tra i differenti racconti.

Perché la seconda cosa che ci dice il titolo è la pluralità: racconti, e la complessità: l’algebra, e non la semplice aritmetica, come già detto. Si parte da storie individuali, spesso narrate in prima persona, e si indaga la varietà dei possibili sviluppi, la complessità insita in ogni individuo e in ogni vicenda, senza però perdere di vista le potenzialità di generalizzazione presenti in ciascuna, che resta comunque unica e singolare. D’altra parte la pluralità delle storie permette di indagare la varietà dell’esperienza umana, sia nei suoi aspetti più intimi (Un’alba), e addirittura patologici a volte (il racconto eponimo), per estendersi a tematiche civili e sociali, più che politiche (Desaparecidos, Il faro di Ustica), sempre però filtrate attraverso la voce individuale, gestita tramite un ricco registro di identificazioni e capovolgimenti di prospettiva repentini, spesso con esiti paradossali e un controcanto ironico, in un ampio ventaglio che va dal sarcasmo all’umorismo noir.

È sul filo che separa e unisce i due versanti della singolarità e dell’universalizzazione che Ivano Mugnaini gioca la partita più importante; ed è in questa varietà di registri nell’unitarietà, più che unità, di un tono che si trovano i risultati più significativi. Infatti, la terza cosa che possiamo dedurre dal titolo, corrispettiva all’altezza delle ambizioni, è quella del tono, che, sia pure spesso mitigato come dicevo da temi o passaggi prosastici o ironici, resta di fondo un tono lirico e meditativo, quando non apertamente filosofico. Una tendenza alla verticalità, con improvvisi scatti e deviazioni riflessivi e morali. Non a caso Mugnaini è anche poeta, e diffusa è la presenza di poeti e di poesie nei racconti.

La letterarietà non si nasconde, e anzi viene spesso in primo piano, sia facendo di scrittori e artisti il protagonista o l’oggetto di alcuni racconti (Karen Blixen in Miele e pioggia, Garcia Marquez in Il sogno di Gabriel, Claude Debussy in Petite suite) sia nella consapevolezza che la percezione della realtà e il tentativo di decifrarla nei suoi differenti livelli, passa attraverso la tradizione delle storie, la loro ripresa, e il loro stravolgimento o rinnovamento. Sull’oppressione dello sfaldamento della realtà il libro si apre (La feritoia); su una forma paradossale di liberazione, effetto inatteso di uno sguardo differente dalla consuetudine, umano pur nel distacco e nel disincanto, su aspetti e figure trascurate e persino disprezzate (il nano di Le piume del pavone), si chiude.


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