J. EDGAR
regia di C. Eastwood
Il commento della direttora
J. Edgar Hoover è stato un personaggio controverso e cruciale degli Stati Uniti d'America del '900, che ha segnato la politica americana e che ha alimentato l'immaginario americano. Fondatore dell'FBI ha partecipato ai giochi di potere nel periodo di otto presidenti. Eroe, vampiro, servitore indefesso della Patria, assetato di fama. Molte le descrizioni che gli si potrebbero appiccicare addosso, tutte accomunate da un aspetto che in questo mio commento vorrei affrontare.
La vita pubblica di ogni personaggio è indissolubilmente legata a quella privata. Apprendere la natura del personaggio consente di capire i comportamenti adottati sulla scena pubblica.
In "J.Edgar" Eastwood, sulla base del grosso lavoro di scrittura dello sceneggiatore Dustin Lance Black (Milk), ha messo in scena non solo la parte pubblica ma soprattutto quella porzione di realtà privata che è prodromica alla vita pubblica del protagonista e lo ha fatto scegliendo alcuni momenti particolari.
Fin dai primi flash back apprendiamo che Edgar vivrà tutta la propria esistenza all'ombra della imponente figura materna (una eccellente Judi Dench, equamente anafettiva e sessualmente magnetica).
Il piccolo Edgar è destinato a sollevare le sorti della famiglia: lui e non il fratello avrà l'ònere di eseguire ciò che il padre non è riuscito, portare in gloria la famiglia, dandole fama e onore per la sua carriera.
Il piccolo Edgar guarda la madre con sguardo innamorato e spaurito, in un miscuglio di cieca fede e tremore interiore. Sarà destinato a divenire il piccolo principe azzurro che potrà sosturire la figura del proprio padre nel cuore della madre e che da essa sarà sapientemente manipolato e risucchiato.
Ben presto quindi si crea la ferita narcisistica che il Nostro si porterà dentro per tutta la vita e che lo condurrà ai successi pubblici ed alle sconfitte private.
Distaccandosi dal proprio sentire interiore, ovvero rinnegando il proprio Sè, Edgar riuscirà a reprimere i propri sentimenti con metodo e chirurgica precisione, lasciando tuttavia vivo in sè il bambino impaurito e dipendente dalla madre.
La propria omosessualità non potrà essere vissuta nè tanto meno espressa perchè da lui stesso per primo temuta, essendo una grave minaccia di perdita dell'amore materno ("preferisco un figlio morto ad una mammoletta" gli confiderà la madre con sguardo severo); essa troverà espressione nell'estetismo, nel piacere della bella vita (non a caso seleziona gli agenti per il loro aspetto fisico, per la cura del loro corpo e degli abiti ed amerà per tutta la vita vestirsi con classe e curare il proprio corpo) e della buona compagnia maschile (sviluppa una spiccata insofferenza verso la minaccia femminile, verso le donne che lo avvicinano, sessualmente attratte, mentre l'afettuosa amicizia con la segretaria sarà la massima espressione di empatia verso le donne), e sarà sublimata nella esteriorità.
Edgar non cederà il passo ai propri sentimenti, nemmeno a costo di perdere ciò che ama ("perchè uccido tutto ciò che amo?"..) proprio perchè incapace di viverli appieno dentro di sè (proverà sentimentalismi, mai davvero una passione struggente e profonda) ed incapace di affrontare il terrore infantile che essi celano.
Assumersi il rischio di essere se stesso, di toccare la propria rabbia e il proprio amore, andando contro le aspettative materne, resteranno per lui il più grande scoglio da superare e il più importante insuccesso della vita.
L'immagine in cui si identificherà come un Narciso che si specchia nell'acqua (spostamento della libido dal Sè all'Io) sarà quella di un uomo di potere determinato e assetato di successo (disposto a tutto persino ad assegnarsi falsi arresti autorevoli, mentendo spudoratamente, pur di crearsi una fama unica ed eccezionale... ecco la strada in cui sarà saziata la propria ferita narcisistica..)
Il mondo senza scrupoli in cui opera ogni giorno e dal quale non riesce a distaccarsi nemmeno per un attimo rappresenterà per lui l'immagine in cui calarsi per sopravvivere a se stesso ed ai propri fantasmi interiori, al sicuro dal dolore antico famigliare.
Edgar mai si lascerà andare al proprio "soma", al porprio Sè, se non dopo la morte (unico momento in cui Clyde può abbracciarlo toccando la sua vera natura).
E siccome non esiste nulla di più folle che rinnegare se stessi, il vampirizzare le persone che ama diviene l'atto disumanizzante che lo condanna ad una vita di follia privata e di scalate al successo nel territorio pubblico.
Eastwood scegli un Di Caprio che, nonsotante il non sempre adeguato trucco, fa un ottimo lavoro di interpretazione muovendosi in un terreno per nulla semplice.
Forte del precedente "Aviator", che tuttavia è molto diverso da Hoover per le sue compulsioni e manie, Di Caprio è riuscito a tratteggiare la figura di un uomo perennemente in conflitto tra ciò che ha dimenticato di sè e ciò che lo tiene appeso alla realtà, in una lotta senza soluzione di continuità.
Personalmente ho trovato vincente la modalità di scrittura e la messa in scena di Eastwood, pur con tutte le imprecisioni notabili del caso.
Il trucco lascia molto a desiderare, rendendo l'anzianio Clyde piuttosto goffo e grottesco.
Per il resto il dibattito è aperto e attendo vostri commenti!
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