J’ so’ napulitano e si nun canto moro! Libero Bovio

Creato il 23 gennaio 2015 da Vesuviolive

Forse questo nome non vi sarà molto familiare, o perlomeno non lo sarà alle giovani generazioni, ma le sue canzoni ancora le si cantano tra i vicoli e nelle case in festa. Libero Bovio è l’autore delle piccole grandi canzonette d’amore partenopee: guapparia, lacreme napoletane, reginella, tu ca nun chiagne… confermandosi come grande musicista insieme ad Aurielio Fierro, Salvatore di Giacomo, Ernesto Murolo e pochi altri grandi, tra gli eredi eterni dell’anima musicale di Napoli.

Figlio di politica e musica, Libero Bovio nacque a Napoli nel 1883. Il padre Giovanni Bovio, professore di filosofia e diritto, da Trani si trasferisce a Napoli dove insegnerà e parteciperà come deputato al sostegno dei repubblicani, la madre Bianca, insegnante di pianoforte, gli trasmetterà l’amore per la musica. Più che dalla musica classica, lui sarà sempre attratto dal “suo” dialetto. E così nasceranno i suoi amori più belli, le canzuncelle, da quelle che saranno le sue più grandi passioni: musica e teatro.

Nel 1903 è costretto a lasciare senza grande rancore gli studi tecnici per iniziare a lavorare e sopperire alla scomparsa del padre. Viene assunto dalla redazione del “Don Marzio” e successivamente lavorerà come impiegato al Museo Archeologico Nazionale, ma Libero non abbandona mai la scrittura. Conosciuto come poeta, scrittore, giornalista e autore di teatro, Libero Bovio è considerato tra i più grandi cantautori dell’epoca d’oro della canzone napoletana firmando i testi di “Surdate“, “Passione“, “Chiove“, “‘O paese do sole“, “Reginella“, “Silenzio cantatore“. Ma non disdegnerà di scrivere anche testi in italiano con “Signurinella”, “Amor di pastorello”, “Canzone garibaldina” e “Cara piccina” dedicate al periodo del dopoguerra e alla grande emigrazione che ne seguì.

Libero Bovio con Salvatore Di Giacomo e Ferdinando Russo

La canzone napoletana, un po’ come il teatro, si aggiunge all’inestimabile patrimonio artistico che i napoletani detengono e se non fosse per i racconti, i ricordi e il canticchiare delle generazioni che ci hanno preceduto, forse dimenticheremmo che questa prima ancora di essere una città degradata e discriminata e con poca speranza, era ed è prima di tutto la città dell’Amore, per gli illustri personaggi che l’hanno vissuta e per l’amore che napoletani, letterati e non hanno avuto per essa.

A via Duomo a Napoli vi è una targa che recita così: ” ‘J so napoletano e se nun canto moro.” È il piccolo epitaffio che la città gli ha voluto dedicare a 50 anni dalla sua morte che venne nel 1942 a causa di una malattia, e anche se sulla sua tomba ritroviamo incisi i versi della sua ultima canzone dedicata alla moglie Maria, lui avrebbe voluto farsi ricordare con un preciso avvertimento…”Qui non riposa Libero Bovio perché gli altri morti di notte litigano tra loro e gli danno fastidio”.
Quando un napoletano ci lascia, quando un vero napoletano ci lascia, poche sono le cose che ci restano: ironia, bellezza d’animo e la sensazione che persone così raramente rinasceranno. Ma a Napoli tutto è possibile.


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