Jack Whyte: le Cronache di Camelot

Creato il 25 agosto 2012 da Martinaframmartino

Nel realizzare Le cronache di Camelot Jack Whyte intendeva riunire due suoi grandi interessi: la storia, con l’occupazione romana della Britannia, e le leggende arturiane.

Il primo, ipotetico, titolo per l’opera che intendeva scrivere avrebbe dovuto essere The High King. Dopo anni di ricerche, che lo hanno portato a conoscere gli studi di Geoffrey Ashe, Jack si è concentrato sul ritiro delle legioni avvenuto all’inizio del V secolo d.C. e sugli eventi immediatamente successivi. La sua attenzione si è soffermata principalmente su alcuni soldati e ufficiali romani perfettamente addestrati e orgogliosi del loro servizio sotto le insegne delle aquile che contrassegnavano le legioni stesse.

Nel primo romanzo i suoi protagonisti, Britannico e Varo, si vedono come i difensori delle virtù della Roma repubblicana, e sognano di poter ricostruire il mondo che hanno conosciuto dopo la Caduta che sanno che sta per arrivare. Sognano quindi la salvezza e la giustizia sotto il segno delle aquile. Da qui deriva il titolo originario della serie, A Dream of Eagles.

La storia inizia con The Skystone, pubblicato in Canada — dove l’autore scozzese vive dal 1967 — nel 1992 dopo una quindicina d’anni dedicati alle ricerche e alla scrittura.

A questo volume sono seguiti The Singing Sword nel 1993, The Eagle’s Brood nel 1994, The Saxon Shore nel 1995 e The Sorcerer nel 1997. Con la pubblicazione del quinto romanzo la serie si sarebbe dovuta concludere, ma la vicenda editoriale di questi romanzi non è esattamente una delle più lineari.

Quando, nel 1994, Tor/Forge aveva acquistato i diritti per l’edizione statunitense, aveva anche deciso di dare un nuovo nome alla saga, che era diventata The Camulod Chronicles. Whyte ricorda di essere stato diffidente riguardo a quest’operazione, ma di aver comunque accettato il parere dell’esperto di marketing.

L’intoppo successivo, decisamente più grande, si è verificato nel 1997. Whyte ha raccontato non senza ironia che il quinto romanzo, The Sorcerer, con la sua mole di 1100 pagine, era troppo lungo e che i suoi editori, nella loro saggezza, ritenevano impossibile pubblicarlo in un unico tomo. Da qui la decisione di spezzarlo a metà, là dove c’era un naturale climax, e di pubblicarlo in due volumi.

A suo giudizio l’editore canadese ha fatto un buon lavoro, anche a livello di marketing, rinominando i due tomi The Sorcerer Part 1 — The Fort at River’s Bend e The Sorcerer Part 2 — Metamorphosis, e pubblicandoli a tre mesi di distanza l’uno dall’altro. In questo modo era chiaro per tutti che si trattava delle due metà di un’unica storia, anche se — parole sue — il danno era stato fatto. Da questo momento infatti ci sarebbero comunque stati dubbi circa il numero di romanzi da lui scritti.

La prima parte dell’edizione a stelle e strisce, invece, si intitolava semplicemente The Fort At River’s Bend, e non spiegava minimamente che si trattava di una metà di un’opera più ampia. Come conseguenza immediata molti lettori hanno espresso il proprio disappunto per un romanzo privo di un vero finale, senza sapere che il finale non poteva esserci visto che il romanzo era tutt’altro che concluso.

Intitolando la seconda parte The Sorcerer — Metamorphosis l’editore sperava di rimediare al precedente errore, ma questo titolo, comunque, non poteva che rimanere slegato dal precedente visto che lì non cera nessun accenno a The Sorcerer. Secondo Whyte l’intera operazione si è risolta in un disastro che lo ha reso estremamente diffidente nei confronti degli esperti di marketing.

Con questi cinque — o forse sei — romanzi Jack riteneva di aver terminato il proprio ciclo. Il progetto originario, con la ritirata delle legioni, la difesa della civiltà da parte di un gruppo di personaggi coraggiosi e determinati e l’ascesa al trono di un sovrano che stava per iniziare la sua leggendaria carriera, era arrivato alla fine. Il resto, il regno e le gesta di re Artù, erano stati narrati così tante volte che non intendeva ripeterle anche lui. Solo che non sempre le storie finiscono quando lo decidono i loro autori.

E così nel 2003 ecco arrivare nelle librerie Uther. Non si tratta però di una continuazione di quanto già narrato, ma di un nuovo punto di vista nella vecchia storia.

In The Eagles’ Brood, narrato con gli occhi di Merlino, erano rimasti molti punti oscuri legati in particolare alle vicende di Cassandra e Uther. Visto che Merlino non arriva mai a scoprire la verità su alcuni avvenimenti, anche il lettore era rimasto all’oscuro di quanto era accaduto. I fatti non avevano in alcun modo influenzato le decisioni di Merlino, ma i lettori volevano conoscere la verità. E così, a nove anni di distanza dal romanzo che aveva posto questi enigmi, Whyte ha deciso di rivelarla.

Con Uther il conto sale a sei romanzi in sette volumi, anche se Uther non fa esattamente parte delle Cronache di Camelot ma è più una storia autoconclusiva ambientata negli stessi luoghi e nello stesso periodo delle altre.

E se ciò che il padre di Artù aveva o non aveva fatto non era importante ai fini della storia narrata da Merlino, ma era comunque interessante per chi aveva amato i personaggi e si era appassionato alle loro vicende, ugualmente interessanti erano i fatti successivi all’incoronazione del giovane.

Con il procedere dei libri il numero dei personaggi coinvolti a vario titolo nella storia non aveva fatto che aumentare, e i personaggi stessi erano diventati molto più articolati, tanto che i lettori continuavano a dirgli che per loro non era sufficiente aver visto come avesse fatto la spada a entrare e poi a uscire dalla roccia. Volevano vedere la conclusione della storia attraverso gli occhi dei suoi personaggi. Col passare del tempo, e il susseguirsi delle richieste, Whyte è progressivamente passato da uno stato di rassegnazione a uno di eccitazione, che lo ha spinto a firmare un contratto per una nuova miniserie che iniziasse là dove era finita la serie precedente.

La storia di A Dream of Eagles era quella di un uomo anziano, Merlino, che raccontava la propria vita e che finiva per parlare anche del ragazzo che si era trovato ad allevare. La sua figura, però, importantissima prima della nascita di Artù e durante la giovinezza del ragazzo, scompare dopo poco tempo dal regno del grande sovrano. Whyte, perciò, si è trovato nella stessa situazione che aveva dovuto affrontare Mary Stewart tanti anni prima.

Anche lei aveva scelto come protagonista della propria saga (La grotta di cristallo, Le grotte nelle montagne, L’ultimo incantesimo, pubblicati fra il 1970 e il 1979) la figura del mago, di cui aveva raccontato praticamente l’intera vita. Quando, nel 1983, aveva pubblicato Il giorno fatale, dedicato a Mordred e alla fine del regno di Artù, era stata costretta a scegliere un diverso punto di vista, optando infine per una narrazione in terza persona.

Whyte ha preferito costruire le sue storie continuando a mostrare gli avvenimenti così come poteva viverli e conoscerli un unico personaggio, ma ha dovuto spostare altrove l’attenzione. La sua scelta è stata quella di privilegiare il punto di vista e le gesta diLancillotto.

La nuova miniserie, intitolata Golden Eagle, è composta da due soli volumi, Clothar the Frank e The Eagle, pubblicati fra il 2004 e il 2005. Ma gli esperti di marketing hanno colpito anche qui.

Nei romanzi di Whyte Clothar è il vero nome di Lancillotto, ma secondo l’editore americano il primo titolo era un po’ troppo oscuro, fatto che avrebbe potuto avere un effetto negativo sulle vendite. Così Clothar the Frank è diventato The Lance Thrower, spingendo col tempo molti lettori canadesi di Clothar ad acquistare Lance, e i lettori americani di Lance ad acquistare Clothar, tutti convinti che fossero due romanzi diversi.

In un primo tempo la confusione era tale da aver colpito persino Amazon.com, che aveva offerto ai propri clienti la possibilità di acquistare i due libri in un’unica soluzione.

Visti questi episodi, non c’è da stupirsi che ora Whyte sia estremamente diffidente nei confronti di tutti gli esperti di marketing.

Fin qui le diverse versioni d’oltreoceano, che dimostrano come non solo in Italia gli editori a volte complichino la lettura delle saghe che pubblicano. Ma, tanto per non lasciare l’esclusiva agli Stati Uniti, anche Piemme ha contribuito a confondere le acque.

La serie è stata tradotta come Le cronache di Camelot, privilegiando il titolo scelto da un editore rispetto a quello preferito dall’autore.

I titoli dei primi romanzi comunque sono traduzioni dei titoli originali. Così ecco che fra il 1998 e il 1999 sono arrivati La pietra del cielo, La spada che canta e La stirpe dell’aquila. Con il quarto, però, anche da noi si è sentita l’esigenza di presentare titoli dall’impatto emotivo più forte, e così ecco che The Saxon Shore è diventato Il sogno di Merlino, mentre i due tomi di The Sorcerer, romanzo già spezzato a metà nell’edizione originale, sono stati tradotti come Il forte sul fiume e Il segno di Excalubur.

A Dream of Eagles insomma, a parte il titolo complessivo della serie e quello di un paio di volumi, era uscita più o meno nella forma voluta dal suo autore. Le differenze cominciano con Uther, che da noi è stato suddiviso in due metà rinominate rispettivamente Le porte di Camelot e La donna di Avalon.

Inaugurata la procedura, l’editore ha pensato bene di riproporla anche per i due successivi romanzi di Golden Eagle, da noi divenuto Io, Lancillotto.

Clothar the Frank si è così sdoppiato in Il cavaliere di Artù e Il marchio di Merlino, e The Eagle lo ha fatto con Il destino di Camelot e Il sogno di Ginevra.

E, giusto per non farci mancare nulla, per chi li ha comprati è stato estremamente difficile averli tutti con il medesimo aspetto fisico, visto che nel corso degli anni sono stati proposti in ben sei collane diverse.

L’edizione rilegata, con volumi di notevoli dimensioni, è stata la prima a comparire. Poi via via si sono susseguite la collana Pocket, con copertina morbida, la Superpocket, dal prezzo estremamente basso — 4,90 euro — piccole dimensioni e copertina morbida, la Narrativa straniera, con copertina morbida e sovraccoperta e un prezzo intermedio fra edizione rilegata e tascabile, la Minipocket, dal prezzo fisso di 5,90 euro, piccole dimensioni e copertina morbida con sovraccoperta, e infine Bestseller, con copertina morbida dotata di alette e prezzo intermedio fra Pocket e Narrativa straniera.

Non tutti i volumi, però, sono stati proposti in tutte le collane, e le edizioni rilegate della serie Io, Lancillotto sono di dimensioni inferiori rispetto alle Cronache di Camelot, con buona pace di chi ama avere i libri di una stessa serie con un aspetto uniforme.

Riepilogando, sul suo sito Jack Whyte afferma chiaramente di aver scritto otto romanzi, pubblicati in nove volumi, legati al ciclo arturiano, e che tre di questi volumi hanno titoli differenti per le edizioni canadese e americana. Da noi i volumi sono diventati dodici. Vediamoli:

La serie canadese A Dream of Eagles è diventata The Camulod Cronichles negli Stati Uniti e Le cronache di Camelot in Italia. Comprende:

The Skystone, tradotto come La pietra del cielo;

The Singing Sword, tradotto come La spada che canta;

The Eagle’s Brood, tradotto come La stirpe dell’aquila;

The Saxon Shore, tradotto come Il sogno di Merlino;

The Sorcerer Part 1: The Fort at River’s Bend, pubblicato negli Stati Uniti come The Fort at River’s Bend e tradotto come Il forte sul fiume;

The Sorcerer Part 2: Metamorphosis, pubblicato negli Stati Uniti come The Sorcerer, Metamorphosis e tradotto come Il segno di Excalibur.

Alla saga originaria è seguito un volume autoconclusivo che narra eventi contemporanei a quelli di La stirpe dell’aquila da un diverso punti di vista. Si tratta di Uther, tradotto come Le porte di Camelot e La donna di Avalon.

Chiude il viaggio di Whyte nel mondo di Camelot la miniserie Golden Eagle, con un nuovo punto di vista e tradotta come Io, Lancillotto. Comprende:

Clothar the Frank, pubblicato negli Stati Uniti come The Lance Thrower e tradotto come Il cavaliere di Artù e Il marchio di Merlino;

The Eagle, tradotto come Il destino di Camelot e Il sogno di Ginevra.



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