Me la immagino quando si siede su un divano d’angolo e non si sposta nemmeno per tutto l’oro del mondo, senza pronunciare parola con alcuna persona.
E mi sembra di sentirla quando le viene chiesto: “Do you like London, Miss Bronte?” e lei risponde con sguardo di fuoco: “Yes and no“.
Ecco, se dovessi definire in poche parole questo libro, dovrei chiedermi: “E’ un’autobiografia?” e rispondermi: “Sì e no“. Lo è nella misura in cui non vuole esserlo, ma da ogni pagina trasuda l’autrice, sotto le mentite spoglie di Jane.
Quello che mi è piaciuto è la capacità dell’autrice di rendere delicatamente affascinante la protagonista della sua storia, di renderla timidamente determinata e coerente fino ai limiti della testardaggine. C’è dentro l’amore (e quanto…), il mistero, l’avventura, la cattiveria, l’arroganza: tutto ruota attorno a Jane, come un piccolo perno sottile ma indistruttibile.
Certo, dobbiamo immaginarci come dev’essere stato leggere questa storia a metà dell’ottocento, e soprattutto ai benpensanti quando hanno scoperto che l’autrice era un donna poco più che trentenne.
Ho lasciato il libro pieno di sottolineature e di annotazioni. Un giorno, rileggendole, ritornerò a questa ammaliante estate del 2013.
P.S.: dicono che il film migliore su questa storia sia quello di Zeffirelli del 1996. Ho visto che c’è la versione integrale in rete. Approfitterò di queste torride giornate per vedermelo.