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JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)

Creato il 07 ottobre 2015 da Amedit Magazine @Amedit_Sicilia

JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)

JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)
JEAN COCTEAU | DISEGNI

Un'edizione che ricalca fedelmente il libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)

di Massimiliano Sardina

JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)
Un filo di inchiostro, l'arabesco di una vibrissa, una linea di contorno che affiora e affonda nel bianco. Il segno è continuo, si direbbe tracciato nel volgere breve e audace di una stilettata, ma morbido, come adagiato. Il disegno di Cocteau è grafia, anzi calligrafia, senza la leziosità delle grazie, giusto un accenno di ghirigoro, un baffo, una linea che sfugge e si riacciuffa. Difficile immaginare più sintesi su un foglio bianco, eppure certo minimalismo si rivela a tratti involontario. Cocteau curva la linea, la gonfia, la sfila da un gomitolo e la lascia cadere, e subito quella linea corre a perimetrare un contorno, a racchiudere e insieme a liberare l'espressività essenziale della singola figura; il tratto è sicuro, veloce, scevro d'ogni titubanza, eppure si consegna tremante, trepidante al pallore della superficie, ed è questa vibrazione grafica che infonde propulsione ed efficacia alle immagini, scongiurandone ogni traccia di bidimensionalità. Il disegno di Cocteau ha la freschezza e l'estemporaneità di un appunto, di un promemoria segnato su un taccuino, è una frase chiusa, un aforisma, una battuta a effetto. Nessun decorativismo, nemmeno il fastidio di un'ombra. Nero su bianco. Gli ingredienti sono gli stessi di una pagina scritta, di una lettera, di una poesia.

Cocteau disegna come scrive e scrive come disegna, e d'altra parte lo ha dichiarato lui stesso: "Ho sempre scritto di disegno e disegnato la scrittura". Va detto che Cocteau (anche sull'esempio del padre che si dilettava di pittura) nasce disegnatore - da bambino si divertiva a eseguire ritratti e caricature di amici dei genitori - e solo successivamente si avvicinerà alla scrittura. È principalmente in questo precoce esordio nel disegno che va ricercata la radice della sua poliedricità espressiva, quella disinvolta versatilità nei confronti del medium (cinema, teatro, arti visive, narrativa, poesia...), e soprattutto la sua immediata efficacia comunicativa. Cocteau pubblica Dessins, il suo primo volume di disegni, nel 1923. Questa nuova emissione 2015, curata in una splendida veste grafica dalle Edizioni Clichy in collaborazione con il Comité Jean Cocteau, ricalca fedelmente l'edizione originale; il volume raccoglie 130 disegni completamente inediti in Italia, tra ritratti, studi, caricature e composizioni varie. Cocteau dedica significativamente Dessins a Picasso: "I poeti non disegnano. Scompongono la scrittura per poi ricomporla diversamente. Ecco perché mi permetto di dedicarti qualche schizzo fatto su carta assorbente, tovaglie o sul retro di una lettera. Senza il tuo consiglio non avrei mai osato raccoglierli".

JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)

Nei suoi disegni, specie a partire dal 1913, Cocteau travasa tutta l'influenza subita dalle avanguardie novecentesche (in particolare dal cubismo e dal futurismo), che rielabora in una personalissima sintesi. Sono anni di grande fermento creativo, gli anni della scomposizione e dell'astrazione, un laboratorio a cielo aperto esalante suggestioni contaminanti. Cocteau osserva le soluzioni di Duchamp, di Léger, di Calder e rivoluziona scorci e piani prospettici; in molti disegni Cocteau inquadra la figura dall'alto, la sospende leggera nello spazio della composizione, a tratti la deforma, ne modifica le proporzioni (padroneggiando la lezione dei grandi caricaturisti). Si osservino i ritratti della contessa di Noailles, di Erik Satie, di Georges Auric, di Francis Poulenc, di Léon Bakst, di Jean V. Hugo, di Sergej Diaghilev e Vaslav Nijinskij, o quello di Picasso: in pochi tratti vi è impressa una personalità, una virtù, una debolezza, l'essenziale e il saliente, la pregnanza e la fuggevolezza. Cocteau cattura il ridicolo e l'enigmatico, l'osceno e il sognante. Pochi segni, due righe. Nell'autoritratto Il viaggiatore dei ghiacci, e più ancora nei numerosi ritratti dell'amato Raymond Radiguet il segno sembra tingersi d'onirico, di un che di infantile e insieme di classicheggiante: il poeta dormiente Raymond Radiguet sprofonda nel bianco, nella pagina di un diario mai scritto, tra le righe silenziose di una lettera d'amore, è consegnato a una felicità impossibile, è presente e insieme distante, è vicino e dolorosamente inafferrabile; nel ritrarre se stesso Cocteau si individua di profilo, con un'espressione incantata, una figura scomoda, fuori posto, incollocabile.

"Gli basta un tratto - scrive Claude Arnaud nella prefazione - per rendere il tremito di un ciglio, la tristezza di una bocca, la sensualità di un naso, la malinconia di uno sguardo. Un puntino per raccontare la gioia, una virgola per suggerire il cattivo umore..." Cocteau capta l'ingombro e l'assenza di ciò che gli è di fronte, il chiasso e il silenzio del mondo, i brutti posti, i ricordi di Toulon o quelli dei Ballets Russes, un'infinità di figure, di marinai, di musicisti, di dandy, di prostitute, di uomini illustri, di amici, di amanti e di sconosciuti. Tratti come lettere, linee come frasi, ed ecco che una storia emerge da una singola figura.

Massimiliano Sardina

JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)
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JEAN COCTEAU | DISEGNI | Un’edizione fedele al libro originale del 1923 (Ed. Clichy, 2015)
Questo articolo è stato pubblicato sulla versione cartacea di Amedit n. 24 - Settembre 2015.

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