Vedere un film ammaliante per la prima volta significa, per quanto mi riguarda, immergersi in una realtà della quale riesci a comprendere il tutto soltanto grazie a successive, caute visioni.
Non avrò la pretesa di decantarne le lodi cinematografiche, né di celebrarne i chiari richiami d’avanguardia, è stato già fatto a tempo debito e in maniera tecnicamente più limpida.
Cercherò soltanto, a mio modo, di descrivere gli aspetti che hanno fatto di questo film il manifesto di un intero movimento, la Nouvelle Vague, e sottolineare quanto alcune dinamiche di una pellicola di oltre cinquant’anni fa siano attuali oggi, nel contesto in cui viviamo.
Ambientato quasi totalmente in una Parigi ovattata, il film vede come protagonista Michel Poiccard (Jean-Paul Belmondo), poco di buono che preferisce vivere alla giornata e di espedienti, tra furti e aggressioni, nell’attesa di fuggire in Italia. Cercherà di coinvolgere nella sua avventura “all’ultimo respiro” anche la donna di cui è innamorato, la studentessa americana Patricia (Jean Seberg) che però risulterà essere proprio la causa della tragica fine del protagonista. La bellezza disarmante e raffinata di Patricia, nei toni, nei modi e nel linguaggio, si oppone alla rudezza, fisica e caratteriale del protagonista.
Il cambio di rotta, che si manifesta con il “rifiuto” del vecchio, avviene attraverso uno sbeffeggiarsi ironico di ciò che è stato, in modo semplice ma deciso, sincero e preciso, dettagliato e a tratti intimo e riservato.
La peculiarità dei film della Nouvelle Vague è quella di far leva sull’improvvisazione, per giocare sulla resa immediata e vera della scena rappresentata, di riprendere luoghi di vita vissuta in maniera approssimativa e generica, in totale discordanza rispetto al passato e di rappresentare una nuova generazione che cerca di dire qualcosa di nuovo, in un modo mai successo prima.
È quanto in un certo senso succede nello scenario attuale, un momento di assoluta e delicata transizione, in cui tutto è misurato e proposto affinché stravolga le regole precedenti. I mezzi di comunicazione risultano, per ovvi motivi differenti, ma la voglia di farsi avanti da parte di tutti, di dire la propria sempre e comunque e di dimostrare quanto sia necessario andare avanti modificando il superato, trovo sia luminosamente equivalente.
Le musiche sono affidate a Martial Solal, pianista jazz algerino la cui elegante colonna sonora “New York Herald Tribune” trasporta lo spettatore nello scenario romantico e nostalgico di una storia d’amore ambientata a Parigi, ostacolata e sostenuta da cambi di ritmo che lasciano il posto all’incedere misterioso e nuovo al quale i protagonisti andranno volutamente incontro.
Al momento vi segnaliamo una rassegna, Jean-Luc Godard-Il cinema è il cinema, proposta su Sky Arte HD, della durata di 25 minuti e disponibile fino al prossimo 30 dicembre 2013, con cui poter meglio approfondire l’arte del regista francese che ha ispirato, continuando tuttavia a farlo, le generazioni successive.
Written by Irma Silletti