Jessica Mazzotti – Pancia piena

Creato il 23 novembre 2013 da Carusopascoski

A proposito di pancia piena, per tutti coloro che almeno una volta nella vita hanno provato una forte nausea nell’assistere a una delle sei milioni di assemblee universitarie che si tengono in Italia, quasi tutte assolutamente inutili (benchè gli astanti siano convinti di partecipare al G8) che si svolgono giornalmente nella varie Facoltà d’Italia per risolversi mediamente nella convocazione di un’ulteriore e parimenti inutile assemblea, il consolidamento della funzione evolutiva della contestazione per i giovani che passano dallo sport nella pubertà all’assemblea nell’adolescenza, la gara a chi fa più canne perchè se c’hai i’ fumo puoi creare una corrente di pensiero interna con il solo avvicinare le mani alle tasche, la lotta narcisistica per l’appropriazione indebita della chitarra e baccagliare spudoratamente lui o lei celandosi dietro la patina dell’impegno civile, che a questi livelli è l’esempio migliore di disimpegno dall’autenticità e dalla intima relatività di ogni nostra esperienza. Ma l’industria del tabacco ringrazia, così come io ringrazio ancora Jessica, per gli ectoplasmi Jenuina, blog da cui è tratto questo brano, che ha già pubblicato questo per caruso. Prima dell’inizio del brano, una foto d’epoca ci ricorda come le assemblee studentesce siano talvolta non solo inutili, ma talvolta estremamente dannose, stimolando incontri nefasti quasi quanto quelli tra la bomba atomica e il suolo terrestre per il futuro dell’Italia.

Da sinistra, puttana eva, i giovani rampolli Veltroni, Mussi, Annunziata, D’Alema, oltre a Amendola.

Pancia piena.

Assemblea di sera in università.

Confronto di forme di collettivi autonomi Italia/Argentina.

Bello sentire parlare spagnolo.

Sembra un’atmosfera anni ’70, è quello che cercavano?

Si può fumare e c’è gente dell’estero e che ha vissuto all’estero che parla a gente che studia.

Cosa studia? Chissà, studia.

Si sentono parole belle e finite: rivolta, appiccicate a nuove situazioni.

Ha senso? Sì perché per inventare nuove parole ci vogliono cose nuove e coraggio e qui nessuno ha cosa nuove e coraggio.

Quindi si usano parole vecchie, idee vecchie, si è giovani e si fa i vecchi con quella nostalgia naturale e adolescenziale per quello che è stato.

Si ritiene dal passato quello che ancora ci riesce fare: nulla, parole.

Si è persa autenticità, competenza presuntuosa e sapienziale, serietà consapevole e intrepida.

È rimasto lo snobismo superstizioso di essere convinti di far parte di una qualche storia (= coincidenze, la paura di ammettere che non c’è senso alcuno nella vita e nella storia tutta).

È rimasta, predicando il contrario, l’ipocrisia della non azione, del non pensiero e il mio cinismo.

Critica costruttiva, propositiva.

Solo la proposizione legittima il cinismo.

Vuoi fare del cinismo, vuoi distruggere? Devi saper alternativamente e originalmente proporre.

Pensare e saper dire cosa dire una volta che l’hai pensato.

Ma non c’è il senso dell’umorismo che si addice alla verità, di quel pensiero.

Qual è la mia proposta? Qual è la mia rivoluzione, il mio manifesto?

Nulla, al massimo questo:

la volta per volta, il giudizio occasionale e istantaneo, la relatività assoluta e non verificabile di tutti gli eventi della vita.

La bellezza, indiscussa solo una volta sentita nel cuore.

L’umiltà senza falsa stupida modestia delle logiche intellettuali, le domande prive dello scopo disperato che fa capo a tutto ciò che non è vera curiosità.

Il maniavantismo prudente di chi non ha passione da sprecare a salve.

L’incostanza come virtù politica e sociale, quindi umana.

L’accettazione, anche con dolore e rigetto primordiale, dell’integrità morale dell’intollerenza.

Mai elogio incondizionato, solo constatazione serena della preferenza cieca e personale delle scelte.

Il rispetto di matrice sempre aprioristica, l’idolatria e il fanatismo come capi non patologici di gomitoli di sentimenti, processi non definitivi a qualsiasi tipo di atto.

Attenzione massima, ma non obbligatoria, alle manifestazioni dell’esistenza anche in forma di retorica e cliché.

Lotta fino all’ultimo respiro per la difesa e la protezione delle perversioni.

Distruzione dell’equivalenza: pensiero libero = pensiero migliore.

Usare il nostro giudizio inedito e uguale a mille altri come unico influenzato limitato modus vivendi.

Parlare come davanti ad uno spritz, con la prospettiva ogni volta unica di una sbronza imminente, quindi con la sincerità spavalda tipica dei contraddittori ridicoli paradossi che sono gli esseri umani.

Nessuna, ripeto, nessuna contestazione all’altrui persecuzione individualista e meravigliosa degli amori.

Di tutto può succedere in qualunque momento senza dovute rivendicazioni giustificanti e/o categoriali.

Perdere il senso della misura, prima e al posto di perdere sé stessi.

Nella messa in pratica: libertà totale d’interpretazione e pancia piena.


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