J.G. Ballard Il futuro quotidiano – Simone Brioni

Creato il 30 aprile 2015 da Maxscorda @MaxScorda

30 aprile 2015 Lascia un commento

Ebbi modo di scrivere ampiamente su "La mostra delle atrocita’", lo strano caso in cui importanti vicende personali si legano a filo doppio con un libro che a sua volta e’ fondamentale nella carriera di Ballard e nella storia della letteratura. Anzi mi spingo a dire che "La mostra delle atrocita’" e’ per la seconda meta’ del XX Secolo cio’ che "Ulisse" di Joyce e’ stato per la prima. In generale Ballard resta un autore formidabile e nel contempo singolare, molte anime in lui o cosi’ almeno da’ l’idea di essere. Sara’ che l’ho conosciuto come scrittore di fantascienza ed e’ una chiave di lettura ma quegli stessi libri visti in chiave distopica, divengono uno spaccato odierno, un modo di raccontare una societa’ e gli individui che la compongono, la perdita di equilibrio come unica arma di difesa dove in un mondo perfetto e ordinato, la sola liberta’ possibile e’ la violenza.
Brioni concentra lo sguardo su due lavori affini e per molti versi complementari, "La mostra delle atrocita’" e "Crash", il primo anticipatore del secondo o se vogliamo il secondo come approfondimento del primo.
Il punto di partenza resta l’omicidio di Kennedy, il momento in cui i media divengono parte integrante della coscienza collettiva, anzi e’ l’istante in cui si puo’ iniziare a dire che il medium e’ il messaggio, formula essenziale e seminale coniata da Marshall McLuhan, utile a interpretare l’uso delle immagini e delle informazioni che sempre piu’ caratterizzano il bombardamento massmediatico quotidiano.
Ho apprezzato molto il lavoro di Brioni, cosi’ come mi e’ piaciuta l’introduzione di Paolo Simonetti. Ottima la scelta di lasciare in originale gli estratti dai libri per meglio cogliere le sfumature linguistiche per quanto sarebbe stato piu’ corretto fornire anche la traduzione per chi non padroneggia l’inglese. Gran parte del libro si concentra su i due testi sopracitati e solo nel finale si analizzano brevemente i successivi "High rise" o "Condominium" di uraniana memoria, "Running wilde", "Cocaine nights" fino a "Super-Cannes", esegesi di non-luoghi per esseri ormai non-umani che nell’anarchia ritrovano la propria umanita’.
Percio’ non stiamo parlando di una biografia di Ballard e neppure un’analisi sul suo lavoro concentrandosi soltanto su una minima parte per quanto fondamentale essa sia.
Invece mi e’ piaciuta poco la tendenza ad analizzare fatti e personaggi a posteriori, ad interpretare con le conoscenze successive agli accadimenti, definendo in questo modo un senso che all’origine poteva non essere cosi’ pregnante ed incisivo. Unire un testo del 1970 a cio’ che e’ avvenuto dieci anni dopo e commenti di dieci anni dopo ancora, non rende un buon servizio alla verita’ del testo, creando un effetto alla "nostradamus" dove a frasi buttate a casaccio, qualcuno secoli dopo interpreta a posteriori contestualmente a quanto accade.
Difetto a tratti fastidiosi che comunque non degrada troppo il giudizio complessivo del lavoro.


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