Questa settimana non ho avuto tempo per sedermi a scrivere il post che mi girava in testa sul Jidai Matsuri, lo splendido evento a cui ho assistito lunedì mattina. Ho marinato la scuola come una bambina cattiva, ma ne è valsa la pena. Insieme all'Aoi Matsuri e al Gion Matsuri questo è uno dei festival più importanti della città, e si tiene ogni anno il 22 ottobre.
Nel 1895, per celebrare i 1100 anni dalla fondazione della capitale Heian-Kyo, fu fondato il santuario Heian Jingu, dedicato alla memoria di due imperatori: l'Imperatore Kanmu, che trasferì la capitale a Kyoto, e l'Imperatore Komei, l'ultimo che governò da qui, prima del passaggio dei poteri a Tokyo. Da allora ogni anno si celebra questo Matsuri, che consiste in una grandiosa parata durante la quale più di 2000 persone sfilano per le strade della città in costumi che rappresentano le varie epoche storiche del Giappone.
Ci sono un milione di cose fighissime in Giappone, davvero, ci sono i nomihoudai (all you can drink) e le serate al karaoke fino alle 5 della mattina che piacciono tanto ai miei compagni di scuola appena usciti dalla pubertà, e poi ci sono questi eventi che riempiono gli occhi di meraviglia e ti rispediscono indietro nel tempo di mille anni. Inutile dire che questo è il Giappone che preferisco, quello che sono venuta a cercare fino a qui, alla Capitale Millenaria.
La sensazione di poter toccare con mano un passato così remoto la provo qui per la prima volta, e si mescola in modo strano - e straniante - alla modernità che pervade tutto il resto. È quello che si prova vedendo i nobili di corte del periodo Fujiwara procedere solenni davanti a un autobus in sosta, salutare e fermarsi di fronte a Hotto Motto.
A proposito di Murasaki Shikibu, ovviamente c'era anche lei. E nonostante non fosse lei-lei, per me è stato come trovarmi davanti la mia rockstar preferita, tanto per intenderci. Quando è arrivato lo stendardo che annunciava i personaggi del periodo Heian, probabilmente l'epoca storica che più mi affascina in assoluto, ho iniziato a scalpitare. E quando, dopo la bellissima poetessa Ono no Komachi, è apparso il carro in cui sedevano Sei Shonagon e lei, Murasaki, le sarei saltata al collo per ringraziarla di aver scritto quel libro per cui non ci sono parole.
Momenti di personale tripudio a parte, la parata è stata finora l'apice della mia permanenza kyotese. Ho adorato guardare i volti delle persone, ognuno unico e irripetibile, dai bambini emozionati e tutti concentrati per non sbagliare agli uomini prestanti a cavallo, orgogliosi del proprio ruolo; c'erano signori talmente attempati che veniva da chiedersi come potessero camminare sotto il sole per diversi chilometri con quegli abiti pesanti addosso; c'erano donne affascinanti la cui eleganza era esaltata ancora di più dal trucco, da quella pelle così bianca in contrasto col rosso delle labbra.
Sei Shonagon e Murasaki Shikibu
Forse quello che cerco da questo paese è il riflesso di qualcosa che non esiste più, che ho assorbito dalla lettura vorace di libri di tanti secoli fa, ma forse il passato su cui ogni evoluzione successiva posa le sue fondamenta lascia traccia di sé in modo misterioso e imperscrutabile. Sono qui da un mese esatto, ho ancora tanto tempo per scoprirlo.
Trovate le foto del Jidai Matsuri qui su Facebook e qui su Flickr.