Jobs Act: il nuovo tassello

Creato il 21 febbraio 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

"Un giornata storica". Così, il Premier Renzi descrive la giornata di ieri, in cui il suo Governo ha emanato un decreto attuativo, contenente un altro tassello del composito mosaico del Jobs Act.

Il decreto, però, non equivale ad una legge vera e propria, ancora: dovrà, infatti, passare tra le mani del Parlamento, per essere esaminato e, in caso, modificato. Intanto, vediamo cosa propone.

Riordino dei contratti – Addio ai co.co.pro., che dal 1 gennaio 2016 dovranno, per forza, essere sostituiti dal contratto a tutele crescenti. Strana decisione: che i contratti a progetto siano stati, spesso, oggetto di abusi è innegabile, ma da qui a decidere di cancellarli per sempre…mah. Inoltre, non spariscono le altre forme contrattuali (stage, somministrazione, ecc.): in questo modo, le tutele crescenti sono solo un altro tipo di contratto, uno dei tanti, nulla più. Spariscono, inoltre, anche le associazioni in compartecipazione e il job sharing (non molto diffusi, per la verità).

Licenziamenti collettivi – L'Articolo 18 è, definitivamente, superato, escludendo la reintegrazione sul posto di lavoro, in caso di licenziamenti, sia singoli che collettivi, prevedendo, in alternativa, un indennizzo in denaro.

Demansionamento – Uno dei nodi più spinosi del Jobs Act: qualunque azienda, invocando la riorganizzazione del personale, avrà la facoltà di spostare i propri dipendenti ad altre mansioni, meno qualificate. Attenzione: riorganizzazione, non crisi. Non è, quindi necessario che l'azienda sia sull'orlo del fallimento. Una differenza non da poco, perchè, in caso di crisi, può essere giustificabile che si cerchi di risparmiare e che i lavoratori accettino mansioni e stipendi più bassi, pur di salvare il posto di lavoro. Meno giustificabile in altri casi, tanto che questo strumento, se abusato, rischia di diventare una formidabile arma di ricatto, nelle mani dell'impresa.

Questo, in soldoni, il succo del decreto attuativo, ora la palla passa al Parlamento, per eventuali modifiche (in meglio, si spera).

Danilo