Con queste premesse abbiamo voluto leggere il Jobs Act del neo primo ministro Matteo Renzi e, sempre con le stesse premesse, abbiamo voluto dare un primo giudizio a caldo, che tuttavia non vuole ancora entrare nel merito delle proposte presentate.
Parliamo delle riforme in generale.
Una riforma del lavoro dovrebbe essere un intervento raro e complesso, frutto di sforzi congiunti da parte di Governo, enti territoriali, parti sociali e tecnici. Qualsiasi tipo di intervento, infatti, a prescindere da direzione, colore politico e finalità, interviene pesantemente su ogni comparto sociale, con effetto simile a quello di un sasso lanciato in uno stagno.
La previsione del Jobs Act di rivedere le regole sulle diverse forme contrattuali entro sei mesi è uno di questi interventi potenzialmente influenti su ogni aspetto del mondo del lavoro. Non c'è dubbio, infatti, che i datori di lavoro (ma forse anche gli stessi disoccupati in cerca) aspetteranno il riordino delle forme contrattuali prima di instaurare nuovi rapporti di lavoro.
Senza voler scomodare rapporti OCSE o FMI, pur presenti, lasciamo all'intuito del lettore di Proposta Lavoro il seguente ragionamento, lo stesso che sicuramente stanno facendo i datori di lavoro: perché assumere ora un lavoratore quando le condizioni contrattuali potrebbero essermi più favorevoli dopo la riforma?
Posto che ogni datore ragionera come sopra espresso, ne consegue che quella quota parte di assunzioni assolutamente necessarie, che sarebbero state effettuate nonostante il momento di crisi, verranno ritardate di almeno sei mesi.
Questo anche in un disegno di legge nato con lo scopo di incentivare l'occupazione.
Chapeau!
(Per un'analisi approfondita del Jobs Act si rimanda all'ebook di ADAPT "Jobs Act: le misure per favorire il rilancio dell'occupazione, riformare il mercato del lavoro ed il sistema delle tutele, primo commento alle miusre sul lavoro varate dal Consiglio dei Ministri del 12 marzo 2014", a cura di Michele Tiraboschi).