Joe Dever’s Lone Wolf HD Remastered – Per il Sommerlund!

Da Videogiochi @ZGiochi
di Martina "Ryot4" Fargnoli

Una forma narrativa molto in voga tra gli anni ’80 e i primi dei ’90 è stata sicuramente quella dei librigame: libri di carta a tutti gli effetti, con biforcazioni narrative ed elementi da gioco di ruolo per gestire i combattimenti. In Italia la più apprezzata e conosciuta è la saga di Lupo Solitario. Nata nel 1984 dalla penna di Joe Dever è oggi più viva che mai. Non è da molto, infatti, che ci siamo lasciati alle spalle il Lucca Comics and Games, la manifestazione che quest’anno ha offerto un incontro per celebrare i trent’anni del Cavaliere Ramas. La convention, d’altronde, è da sempre luogo in cui Dever viene accolto con grande tripudio. Grazie alla ristampa del primo volume e al gioco per dispositivi mobile realizzato da Forge Reply, l’interesse per la saga negli ultimi anni si è sicuramente riacceso ed ha attratto nuovi lettori-giocatori. Proprio quel Joe Dever’s Lone Wolf per iOS e Android rappresenta il perfetto punto di ingresso nel regno di Sommerlund, andandosi a collocare tra il terzo e quarto libro, con un Lupo Solitario ancora giovane e non al massimo del suo potenziale. Chi non ne ha potuto ancora godere avrà l’occasione di farlo su PC dal 27 novembre in un comodo “pacchetto” che contiene tutti e quattro gli atti: Neve Rosso Sangue, Caccia Nella Foresta, Il Tempio Degli Shianti, e L’Alba Su V’Taag.

Io sono Lupo Solitario

I librigame erano solitamente scritti in seconda persona in modo che l’eroe principale fosse il lettore e si sentisse investito con maggior forza dal suo destino. Per la trasposizione videoludica è stata scelta una visuale in terza persona che dà un preciso e chiaro volto al personaggio, ma ciò non deve far temere un eventuale distacco tra noi e il nostro alter ego, perché come mai prima d’ora rispetto ai volumi, le possibilità di incidere sui bivi narrativi sono determinate dalle nostre scelte. Del resto ogni gioco ha inizio da una scelta, quella di premere un tasto o meno; in Lone Wolf il nostro inizio prende forma dalle pagine di un grosso e antico tomo, adagiato su un leggio rischiarato da qualche candela. Il guizzo della fiammella irradia con maggior intensità i caratteri, mentre qualche leggero colpo d’aria fa tremolare appena la sorgente di luce e calore. Tracciare il futuro significa prendere atto del passato, delineando per prima cosa i tratti del proprio background e le preferenze combattive. Le dieci originali arti Ramas (Kai nel gioco e in lingua originale) vengono ridotte ad otto, ciò non significa che si perdono, anzi alcune vengono accorpate in un’unica grande arte come per psicolaser e psicoschermo. A due a due verranno proposte al giocatore che dovrà selezionare di volta in volta l’abilità a lui più congeniale. Questa suddivisione risulta funzionale nel mantenere il titolo equilibrato, inoltre ogni arte è caratterizzata da costi e pregi che si bilanciano. Soddisfatti della propria configurazione si è pronti ad entrare nel vivo. La voce profonda dello stesso Dever narra l’introduzione, che viene accompagnata da delle belle illustrazioni, quasi schizzate sul momento, più vicine ai canoni moderni, senza per questo tradire lo stile fantasy originario.

All’interno del libro sono principalmente due le componenti con cui si può prendere il controllo sugli eventi: alcune situazioni verranno affrontate facendo ricorso ad una ruota di selezione che presenta tutti gli approcci possibili proposti per superare un determinato ostacolo. Il gioco fa sempre in modo che oltre ad una scelta più istintiva e irruenta, si possa contare su un’alternativa basata sulle arti, o comunque su un approccio più “stealth”. L’altra modalità che ci vede protagonisti è quella dei combattimenti a turni, uno dei più riusciti elementi di questa trasposizione dal librogame al videogioco che rispetto al passato vede giustamente perdere l’elemento casuale dato dal lancio del dado. L’approccio basato su scelte ed i combattimenti sono tra loro collegati, con le conseguenze del primo che influiscono sull’inizio del secondo, facendo da collante tra eventi della narrazione e combattimenti. L’ulteriore segno di questa continuità avviene nel passaggio dalla carta alle ambientazioni 3D attraverso un effetto dissolvenza che sbiadisce il primo piano del foglio per far spazio al colore e alla profondità dei modelli. Dal punto di vista prettamente ruolistico, gli scontri sono dotati di profondità e richiederanno parecchia strategia, in costante equilibrio tra consumo di vigore (l’indicatore che si consuma con gli attacchi fisici) e di energia Kai per attacchi speciali. L’aspetto strategico è fondamentale anche prima di uno scontro: ogni arma (o uno scudo come secondaria) possiede tre attacchi diversi che saranno eseguiti in gioco attraverso dei Quick time Event che a loro volta variano a seconda del tipo di attacco e dell’arma utilizzata; anche l’arma a distanza è caratterizzata da tre diversi attacchi, ma due di questi saranno possibili soltanto se si hanno delle munizioni adatte (infuocate o avvelenate); la cintura può ospitare pozioni curative o di debuff, e oggetti da lancio che infliggono status. Sempre presente è invece la Sommerswed, la mitica Spada del Sole, ma il suo utilizzo è molto dipendente da grandi quantità di energia Kai e dai lunghi tempi di ricarica che ne limitano un potere altrimenti incontrollato. La difficoltà dei combattimenti si mantiene impegnativa anche giocando in normale, mentre alla massima difficoltà, oltre ad una maggiore robustezza e vitalità dei nemici, c’è l’handicap della barra del turno che continua a fluire quando è aperto il menu di selezione dell’attacco. Se un difetto può essere imputato ai primi due atti è quello di non offrire un bestiario variegato, ma proseguendo nell’avventura vengono fatti passi avanti: i nemici introdotti si presentano di rango e tipo diverso, e anche le loro tecniche in battaglia si fanno più acute ed intelligenti. Il titolo non solo ricrea magistralmente un gioco di ruolo a turni piacevole, soddisfacente che non appare scollato dal resto, ma bensì integrato a tal punto che prende proprio vita da quelle stesse pagine e parole che lo plasmano.

Quattro atti per un numero vario di storie

Scrivere una nuova storia all’interno di un quadro di eventi già conclusi e abbondantemente sviluppatisi nel tempo può sempre essere un rischio, ma la partecipazione del creatore originale Joe Dever è garanzia che ciò che viene narrato non va a stravolgere la saga anzi ci regala un’ottima trama, che fonde azione, mistero e mostra il lato umano dei personaggi coinvolti ciascuno nei propri dilemmi personali su cui grava il peso del passato. Sono passati tre anni da quando i Signori delle Tenebre hanno tentato l’invasione del Sommerlund e quasi distrutto il monastero dell’Ordine Ramas: Lupo Solitario è l’ultimo sopravvissuto. Ai giorni in cui si svolgono gli eventi narrati nel primo atto, un gran numero sospetto di Giak si aggira nell’area della Foresta Sommersa, nei pressi del villaggio minerario di Rockstarn. L’area è avvolta dalla neve portata da una tormenta e permeata dall’odore acre e pungente della distruzione. Da Rockstarn ha poi inizio l’esplorazione della Foresta Sommersa, fino a che la trama non si infittisce tra il secondo e il terzo atto, trascinandosi forse un po’ stancamente prima di preparasi ai colpi finali. Nel complesso si riesce a mantenere un ritmo armonioso tra scontri e scelte d’impatto. La prima fase presenta una buona quantità di momenti più riflessivi, un po’ per introdurre a poco a poco le meccaniche e un po’ per introdurre alcuni personaggi chiave e fondare le basi per gli atti successivi. La ricchezza di Lone Wolf si esplica anche e soprattutto attraverso le scelte che prenderemo nel corso della campagna, in numero crescente a partire dal secondo atto. L’importanza delle conseguenze non si esaurisce soltanto nell’immediato momento, ma si mantiene e si trasmette a lunga distanza anche in atti successivi centrali, facendo davvero “pesare” ogni incontro ed ogni decisione. I personaggi, anche quelli che si potrebbero ritenere minori, vengono integrati bene e arricchiscono la storia di particolari collaterali. L’abilità evocativa delle parole di Dever, le illustrazioni in movimento, le ottime musiche (anche se qualche traccia in più non avrebbe fatto male data la costante ripetizione), e la rigiocabilità insita in una narrazione non lineare sono tutte caratteristiche che nell’insieme confezionano un prodotto di pregevole fattura. Presi singolarmente gli episodi potrebbero sembrare poco longevi, tuttavia considerando il gioco nel suo insieme, una ”prima run” può avere una durata variabile di quindici ore che diventano molte di più se si esplorano nuovamente con calma i molteplici bivi.

Dalla carta al tablet, fino al PC

La versione PC può contare su una grafica più definita rispetto alle versioni mobile, anche se alcune texture probabilmente pagano lo scotto in questo passaggio apparendo meno rifinite rispetto alle altre. Un salto in avanti lo si nota nell’illuminazione, soprattutto con i visi che appaiono con un colorito carne più naturale. I modelli di Lupo Solitario, dei nemici e delle armi sono tutto sommato apprezzabili, così come gli ambienti, in particolare le ambientazioni riprese dal Tempio Shianti e dalla Torre V’Taag. L’azione e le animazioni sono fluide, non abbiamo incontrato nessun rallentamento. La sezione Extra è una vera miniera di contenuti per tutti gli appassionati che possono tener traccia della storia generale, dei personaggi e della piega personale presa dalla narrazione con un riassunto delle vicende atto per atto. Per entrare ancora di più nel vivo dei luoghi si possono visionare i modelli 3D degli ambienti incontrati e teatro di scontri, ruotando la telecamera e stringendo su alcuni particolari ci si può accorgere di dettagli che per la fretta non si sono notati. Stesso discorso può essere esteso ai personaggi, di cui possiamo addirittura andare dietro le quinte osservando le fasi di pre-produzione, i bozzetti iniziali, gli studi dei personaggi e della colorazione. L’artbook è disponibile anche in un comodo formato PDF direttamente sul vostro PC insieme alla colonna sonora composta da sette brani. Abbiamo gradito anche la possibilità di visionare nell’inventario, una pagina apposita del libro, il modello 3D delle armi e delle armature. Sembrano piccolezze ma lo reputiamo un modo semplice e non invasivo per dare ancora più spessore a tutti quegli elementi che solo il videogioco può trasferire sulla carta. Mancherebbe soltanto il modo per trasferire anche l’odore delle pagine ingiallite…

Uno degli indubbi vantaggi dei dispositivi tattili è che permettono controlli precisi ed immediati (quando sviluppati bene), prestandosi molto bene per l’esecuzione di Quick Time Event. Lone Wolf fa molto affidamento sui QTE sia durante la storia, ma in gran misura durante i combattimenti ponendosi a metà tra gioco di ruolo a turni e componenti in tempo reale. Se la presenza dei QTE può far scappare a gambe levate molti giocatori PC, crediamo che il lavoro fatto da Forge Reply per adattare i controlli a mouse e tastiera sia buono, e non pregiudica la bontà del titolo. Uno dei punti di forza del tablet è che rendeva lo sfogliare delle pagine un processo naturale, in continuità con la versione cartacea di un libro. La stessa mobilità, il poter reclinare lo schermo e godersi una “lettura lean back” vengono per forza di cose meno su PC, trasformando la lettura in una procedura quasi meccanica. È un problema intrinseco del mezzo, che non imputiamo allo studio milanese.


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