A cura di: Bruce Waine
Cruyff con la fascia da capitano della sua Olanda
Finché c’è fiato, finché c’è forza. Questo avrebbe potuto essere lo slogan ideale di un giocatore come Johan Cruyff, che dell’Olanda del “calcio totale” fu leader e simbolo.
Non che fosse un uomo prestante, in realtà. Col suo metro e settantasei uniti ai circa sessantotto chili di peso Cruyff mostrava a spettatori e telecamere una fisionomia piuttosto esile, con un collo un po’ troppo lungo ed un naso decisamente pronunciato. Nulla che suggerisse l’immagine di una divinità greca, insomma.
Ma quando iniziava a correre sembrava trasformarsi. Non i muscoli, ma i nervi erano la sua forza: quei nervi che gli consentivano di scattare bruciando in velocità avversari su avversari e che gli permettevano di realizzare tanti gol quanti ne faceva segnare ai compagni di squadra. E non sembrava avere in mente la categoria del “ruolo” (in linea, del resto, con la filosofia del “calcio totale” di Rinus Michels), al punto che era capace di improvvisarsi difensore e centrocampista con la stessa disinvoltura con cui sostava nella parte alta del campo.
Dopo di lui l’Olanda avrà altri campioni. Impossibile dimenticarsi di Van Basten e Gullit. Però, certamente, gli anni in cui la maglia arancione la indossava lui rimarranno impressi nei ricordi degli olandesi come un momento magico, forse irripetibile. Un momento in cui la patria adottiva di un filosofo come Baruch Spinoza incontrò, in Johan Cruyff, il suo “profeta del gol”.