Due grandi figure accomunabili, per il loro enorme contributo nel campo della ricerca sulle Abduction, i rapimenti alieni. Amici per lunghi anni, Budd Hopkins e John Mack. hanno collaborato e hanno condiviso la passione per questa tematica così ostica, si sono confrontati apertamente e senza mai assumere toni aspri, l’uno rispettoso del lavoro dell’altro. Accomunabili dunque per la rilevanza del loro lavoro, ma non per le visioni e le conclusioni, tra loro assai distanti. Ibridazione umano/ET Hopkins, famoso artista e ufologo newyorchese scomparso per cause naturali nell’Agosto 2011, dopo essere stato “ufologo” nel senso stretto del termine, ovvero ricercatore sul campo e inquirente sia indipendente sia collegato alle grandi organizzazioni private statunitensi del settore, aveva optato per lo studio del fenomeno Abduction, dedicandovi tutto se stesso. Era quindi giunto ad elaborare una teoria che ipotizzava come, alla radice degli incontri fisici fra esseri umani e creature aliene esistesse un progetto extraterrestre di ibridazione basato su incroci genetici. Dai dati derivati dal suo studio su centinaia di soggetti umani maschili e femminili emergeva un denominatore comune: gli organi sessuali rivestivano grande importanza. Sedati, ma coscienti di quanto loro accadeva, gli experiencers (persone che dichiarano di aver vissuto esperienze di contatto alieno) si ritrovavano misteriosamente sottoposti a esami medici che, quasi invariabilmente, riguardavano il loro apparato riproduttivo e, in particolare, l’estrazione di sperma e ovuli. Secondo la teoria di Hopkins e quella elaborata in parallelo da David Jacobs, docente di Storia alla Temple University di New York ed esposta in particolare nel libro “The Threat”, il progetto alieno riguarderebbe soprattutto i soggetti femminili, che dall’età fertile fungerebbero da “contenitori biologici” dai quali verrebbe prelevato e alterato l’embrione fertilizzato con l’innesto di geni alieni. Successivamente, di questo feto gli ET seguirebbero lo sviluppo durante il primo periodo di gestazione in stato di “incubazione uterina”. Quindi, la procedura verrebbe portata a compimento mediante l’asportazione del feto in circostanze che le donne e i medici che le visitavano hanno generalmente ricondotto a gravidanze isteriche. Per Budd Hopkins, tale processo di ibridazione umano/alieno si concluderebbe quando alla “madre”, in fasi successive della sua vita, viene mostrato il frutto del proprio grembo, che non potrà tenere per sé. Una visione agghiacciante delle finalità di un fenomeno di dimensioni planetarie. Il pensiero di John Mack A questa visione si è posto in alternativa l’autorevole pensiero di un famoso psichiatra, nonché premio Pulitzer. Nei primi anni Novanta, ordinario di psichiatria alla Harvard University, John Mack fu sensibilizzato proprio da Budd Hopkins ad affrontare la questione da un punto di vista psicoterapeutico. Hopkins infatti intuiva l’esistenza di un qualcosa che andava al di là della mera presa d’atto materiale del fenomeno e Mack raccolse il suo invito a occuparsi delle esperienze di contatto. Dopo un decennio di studi su circa duecento casi, in quei pazienti il docente di Harvard non riscontrò disturbi mentali, altre patologie o abusi di sostanze e invitò la comunità accademica ad avviare una seria indagine scientifica. Il frutto dei suoi studi fu raccolto nel fondamentale “Abduction: Human Encounters with Aliens” (“Rapiti – Incontri con gli Alieni” 1995, Arnoldo Mondadori Editore), nella cui introduzione Mack scrisse: “Un autore che s’imbarchi in un’avventura originale quanto la presente deve obbligatoriamente chiedersi se possano essere stabiliti dei legami con le sue opere precedenti. Nel mio caso, il filo conduttore è il tema dell’identità – ossia la volontà di scoprire chi siamo nel senso più profondo e più vero. In retrospettiva, questo obiettivo mi ha accompagnato sin dall’inizio, influenzando tanto le mie analisi cliniche dei sogni, degli incubi, delle motivazioni dei suicidi degli adolescenti, quanto le mie ricerche biografiche sui pazienti, gli studi sulla corsa alle armi nucleari e, più recentemente, sulla psicologia transpersonale. Sono arrivato alla conclusione che il fenomeno dei rapimenti ci costringa, se lo valutiamo seriamente, a riesaminare la nostra percezione dell’identità umana, a considerare chi siamo da una prospettiva cosmica”. Una prospettiva che però, non interessava minimamente Harvard. In breve, davanti a Mack si parò il muro dell’istituzione e se il collegio accademico non lo bollò di eresia e processò come Galileo, egualmente lo accusò di cattiva condotta professionale. Non esistevano i presupposti per curare patologie del genere, sosteneva Harvard. Mack, reo di essersi allontanato dai criteri riconosciuti e dalle metodologie scientificamente fondate, dovette difendersi ricorrendo all’assistenza del formidabile legale di Los Angeles Daniel Sheehan e vinse la battaglia. Il collegio di Harvard dovette ammettere che i suoi studi avevano fondamento e gli consentì di proseguire il lavoro allargandone gli orizzonti e coinvolgendo nella ricerca trasversalmente docenti di Storia, Antropologia e altre discipline. Un pioniere, dunque, del quale ci si sarebbe aspettati che altri avrebbero ripercorso il cammino. Invece, dopo la sua morte, la categoria professionale degli psichiatri e degli psicoterapeuti, con rare eccezioni, ha continuato a ignorare l’idea stessa di un tale fenomeno, se non per dire che i soggetti vivono in un costante delirio della loro personalità. Meglio dare del matto agli altri, piuttosto che mettere a repentaglio la propria carriera avventurandosi su un campo minato. Le ragioni delle esperienze di contatto Mack non escludeva affatto che gli alieni stessero conducendo un programma intergalattico di genetica, ma andava oltre. E affermava: “Si potrebbe pensare al progetto ibrido non tanto come al riflesso di un’opera di procreazione biologica o di colonizzazione, quanto all’evoluzione della consapevolezza. Ma per considerare questo, avremmo bisogno di mettere da parte la radicale scissione tra spirito e materia, o tra i mondi visibili o invisibili, che ha dominato sia la tradizione giudeo-cristiana che la scienza occidentale. Se potessimo ipotizzare un’integrazione tra coscienza e materia, o persino che le immagini fisiche o lo stesso mondo fisico siano una manifestazione di coscienza o spirito, l’apparente e a volte reale aspetto fisico del processo riproduttivo potrebbe essere visto come l’espressione concreta e fisica di un’energia o intelligenza cosmica, che risponde così al problema della minaccia alle forme di vita terrena, risultato dalla miopia umana e della sua capacità distruttiva. Ciò non vuol dire che gli alieni o gli ibridi non siano del tutto reali. Piuttosto, che il processo potrebbe verificarsi in gran parte su un altro regno, con una diversa frequenza vibratoria, una specie di limbo tra un regno e l’altro – né spirito né materia – che, per certi aspetti, può penetrare nel nostro mondo ed essere avvertito con tale vividezza da portare ad un’intensa convinzione e persino a sottili manifestazioni psichiche nei rapiti”. John Mack è morto a 74 anni, non per cause naturali. È stato travolto da un’auto guidata da un ubriaco, il 28 Settembre 2004, a Londra, Inghilterra, dove si trovava su invito della T.E. Lawrence Society di Oxford, per tenere una conferenza su Lawrence d’Arabia. Anche in questo campo era una stella. Nel 1977 era stato insignito con il Premio Pulitzer per la sua biografia sul Colonnello Lawrence. Dopo la relazione pomeridiana Mack aveva accettato di intervenire nuovamente in serata. Al termine della conferenza e dopo una cena con gli amici, Mack percorreva a piedi la Totteridge Road diretto all’abitazione presso la quale soggiornava. Fu un attimo. Mack fu investito sulle strisce pedonali da una Peugeot 306 guidata da uomo in stato di ebbrezza, stando a quanto dichiarato dalla Polizia della capitale britannica. Qualcuno allora disse, forse per esorcizzare il sospetto di un omicidio, che Mack ricordava lo stereotipo del “professore fra le nuvole” e, dimentico del fatto che in Inghilterra si guida a sinistra, ha guardato nel senso di marcia sbagliato. Va peraltro detto che con il suo lavoro era andato oltre. In “Passport to the Cosmos – Human Transformation and Alien Encounters” (White Crow Books/John Mack, 1999, inedito in Italia) aveva concluso: “Il fenomeno Abduction è soprattutto un’opportunità o un dono, una sorta di catalizzatore per l’evoluzione della coscienza nella direzione dell’emergente senso di responsabilità per noi stessi e per il futuro del pianeta”. Prima di morire stava scrivendo un libro di denuncia sui mali della guerra, sulle sorti di milioni di persone coinvolte in conflitti voluti da poteri forti e occulti, sul disastro ambientale e sul futuro del nostro pianeta. Questo, però, il destino non glielo ha consentito. Maurizio Baiata, 14 Dicembre 2014 Fonte: http://mauriziobaiata.net
Due grandi figure accomunabili, per il loro enorme contributo nel campo della ricerca sulle Abduction, i rapimenti alieni. Amici per lunghi anni, Budd Hopkins e John Mack. hanno collaborato e hanno condiviso la passione per questa tematica così ostica, si sono confrontati apertamente e senza mai assumere toni aspri, l’uno rispettoso del lavoro dell’altro. Accomunabili dunque per la rilevanza del loro lavoro, ma non per le visioni e le conclusioni, tra loro assai distanti. Ibridazione umano/ET Hopkins, famoso artista e ufologo newyorchese scomparso per cause naturali nell’Agosto 2011, dopo essere stato “ufologo” nel senso stretto del termine, ovvero ricercatore sul campo e inquirente sia indipendente sia collegato alle grandi organizzazioni private statunitensi del settore, aveva optato per lo studio del fenomeno Abduction, dedicandovi tutto se stesso. Era quindi giunto ad elaborare una teoria che ipotizzava come, alla radice degli incontri fisici fra esseri umani e creature aliene esistesse un progetto extraterrestre di ibridazione basato su incroci genetici. Dai dati derivati dal suo studio su centinaia di soggetti umani maschili e femminili emergeva un denominatore comune: gli organi sessuali rivestivano grande importanza. Sedati, ma coscienti di quanto loro accadeva, gli experiencers (persone che dichiarano di aver vissuto esperienze di contatto alieno) si ritrovavano misteriosamente sottoposti a esami medici che, quasi invariabilmente, riguardavano il loro apparato riproduttivo e, in particolare, l’estrazione di sperma e ovuli. Secondo la teoria di Hopkins e quella elaborata in parallelo da David Jacobs, docente di Storia alla Temple University di New York ed esposta in particolare nel libro “The Threat”, il progetto alieno riguarderebbe soprattutto i soggetti femminili, che dall’età fertile fungerebbero da “contenitori biologici” dai quali verrebbe prelevato e alterato l’embrione fertilizzato con l’innesto di geni alieni. Successivamente, di questo feto gli ET seguirebbero lo sviluppo durante il primo periodo di gestazione in stato di “incubazione uterina”. Quindi, la procedura verrebbe portata a compimento mediante l’asportazione del feto in circostanze che le donne e i medici che le visitavano hanno generalmente ricondotto a gravidanze isteriche. Per Budd Hopkins, tale processo di ibridazione umano/alieno si concluderebbe quando alla “madre”, in fasi successive della sua vita, viene mostrato il frutto del proprio grembo, che non potrà tenere per sé. Una visione agghiacciante delle finalità di un fenomeno di dimensioni planetarie. Il pensiero di John Mack A questa visione si è posto in alternativa l’autorevole pensiero di un famoso psichiatra, nonché premio Pulitzer. Nei primi anni Novanta, ordinario di psichiatria alla Harvard University, John Mack fu sensibilizzato proprio da Budd Hopkins ad affrontare la questione da un punto di vista psicoterapeutico. Hopkins infatti intuiva l’esistenza di un qualcosa che andava al di là della mera presa d’atto materiale del fenomeno e Mack raccolse il suo invito a occuparsi delle esperienze di contatto. Dopo un decennio di studi su circa duecento casi, in quei pazienti il docente di Harvard non riscontrò disturbi mentali, altre patologie o abusi di sostanze e invitò la comunità accademica ad avviare una seria indagine scientifica. Il frutto dei suoi studi fu raccolto nel fondamentale “Abduction: Human Encounters with Aliens” (“Rapiti – Incontri con gli Alieni” 1995, Arnoldo Mondadori Editore), nella cui introduzione Mack scrisse: “Un autore che s’imbarchi in un’avventura originale quanto la presente deve obbligatoriamente chiedersi se possano essere stabiliti dei legami con le sue opere precedenti. Nel mio caso, il filo conduttore è il tema dell’identità – ossia la volontà di scoprire chi siamo nel senso più profondo e più vero. In retrospettiva, questo obiettivo mi ha accompagnato sin dall’inizio, influenzando tanto le mie analisi cliniche dei sogni, degli incubi, delle motivazioni dei suicidi degli adolescenti, quanto le mie ricerche biografiche sui pazienti, gli studi sulla corsa alle armi nucleari e, più recentemente, sulla psicologia transpersonale. Sono arrivato alla conclusione che il fenomeno dei rapimenti ci costringa, se lo valutiamo seriamente, a riesaminare la nostra percezione dell’identità umana, a considerare chi siamo da una prospettiva cosmica”. Una prospettiva che però, non interessava minimamente Harvard. In breve, davanti a Mack si parò il muro dell’istituzione e se il collegio accademico non lo bollò di eresia e processò come Galileo, egualmente lo accusò di cattiva condotta professionale. Non esistevano i presupposti per curare patologie del genere, sosteneva Harvard. Mack, reo di essersi allontanato dai criteri riconosciuti e dalle metodologie scientificamente fondate, dovette difendersi ricorrendo all’assistenza del formidabile legale di Los Angeles Daniel Sheehan e vinse la battaglia. Il collegio di Harvard dovette ammettere che i suoi studi avevano fondamento e gli consentì di proseguire il lavoro allargandone gli orizzonti e coinvolgendo nella ricerca trasversalmente docenti di Storia, Antropologia e altre discipline. Un pioniere, dunque, del quale ci si sarebbe aspettati che altri avrebbero ripercorso il cammino. Invece, dopo la sua morte, la categoria professionale degli psichiatri e degli psicoterapeuti, con rare eccezioni, ha continuato a ignorare l’idea stessa di un tale fenomeno, se non per dire che i soggetti vivono in un costante delirio della loro personalità. Meglio dare del matto agli altri, piuttosto che mettere a repentaglio la propria carriera avventurandosi su un campo minato. Le ragioni delle esperienze di contatto Mack non escludeva affatto che gli alieni stessero conducendo un programma intergalattico di genetica, ma andava oltre. E affermava: “Si potrebbe pensare al progetto ibrido non tanto come al riflesso di un’opera di procreazione biologica o di colonizzazione, quanto all’evoluzione della consapevolezza. Ma per considerare questo, avremmo bisogno di mettere da parte la radicale scissione tra spirito e materia, o tra i mondi visibili o invisibili, che ha dominato sia la tradizione giudeo-cristiana che la scienza occidentale. Se potessimo ipotizzare un’integrazione tra coscienza e materia, o persino che le immagini fisiche o lo stesso mondo fisico siano una manifestazione di coscienza o spirito, l’apparente e a volte reale aspetto fisico del processo riproduttivo potrebbe essere visto come l’espressione concreta e fisica di un’energia o intelligenza cosmica, che risponde così al problema della minaccia alle forme di vita terrena, risultato dalla miopia umana e della sua capacità distruttiva. Ciò non vuol dire che gli alieni o gli ibridi non siano del tutto reali. Piuttosto, che il processo potrebbe verificarsi in gran parte su un altro regno, con una diversa frequenza vibratoria, una specie di limbo tra un regno e l’altro – né spirito né materia – che, per certi aspetti, può penetrare nel nostro mondo ed essere avvertito con tale vividezza da portare ad un’intensa convinzione e persino a sottili manifestazioni psichiche nei rapiti”. John Mack è morto a 74 anni, non per cause naturali. È stato travolto da un’auto guidata da un ubriaco, il 28 Settembre 2004, a Londra, Inghilterra, dove si trovava su invito della T.E. Lawrence Society di Oxford, per tenere una conferenza su Lawrence d’Arabia. Anche in questo campo era una stella. Nel 1977 era stato insignito con il Premio Pulitzer per la sua biografia sul Colonnello Lawrence. Dopo la relazione pomeridiana Mack aveva accettato di intervenire nuovamente in serata. Al termine della conferenza e dopo una cena con gli amici, Mack percorreva a piedi la Totteridge Road diretto all’abitazione presso la quale soggiornava. Fu un attimo. Mack fu investito sulle strisce pedonali da una Peugeot 306 guidata da uomo in stato di ebbrezza, stando a quanto dichiarato dalla Polizia della capitale britannica. Qualcuno allora disse, forse per esorcizzare il sospetto di un omicidio, che Mack ricordava lo stereotipo del “professore fra le nuvole” e, dimentico del fatto che in Inghilterra si guida a sinistra, ha guardato nel senso di marcia sbagliato. Va peraltro detto che con il suo lavoro era andato oltre. In “Passport to the Cosmos – Human Transformation and Alien Encounters” (White Crow Books/John Mack, 1999, inedito in Italia) aveva concluso: “Il fenomeno Abduction è soprattutto un’opportunità o un dono, una sorta di catalizzatore per l’evoluzione della coscienza nella direzione dell’emergente senso di responsabilità per noi stessi e per il futuro del pianeta”. Prima di morire stava scrivendo un libro di denuncia sui mali della guerra, sulle sorti di milioni di persone coinvolte in conflitti voluti da poteri forti e occulti, sul disastro ambientale e sul futuro del nostro pianeta. Questo, però, il destino non glielo ha consentito. Maurizio Baiata, 14 Dicembre 2014 Fonte: http://mauriziobaiata.net
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