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Johnnie Beattie a tutto campo ma con l’Italia nel mirino

Creato il 21 febbraio 2014 da Soloteo1980 @soloteo1980

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Edimburgo – “Il rugby scozzese sta passando un momento un pò ‘cosí’, io ho preso parte alle ultime due sconfitte e anche l’ambiente ha mostrato segni di depressione dopo la sconfitta contro l’Inghilterra. Io sono tornato in Francia, ho cambiato aria, parlato un’altra lingua, cercato di non leggere i giornali e ributtarmi nel campionato francese. Fortunatamente abbiamo vinto bene – nel derby contro Perpignan – e il fine settimana è stato positivo. Sono tornato con l’umore migliorato”.

Inizia cosí Johnnie Beattie la sua conferenza stampa che precede il suo primo match da titolare nel 6 Nations 2014, domani a Roma contro l’Italia. Beattie, figlio d’arte – il papà John è stato un pilastro della nazionale scozzese degli anni Ottanta e adesso è commentatore per la BBC – gioca da due stagione in Top14 con Montpellier, dopo essere nato e cresciuto a Glasgow.

Nonostante questo, il suo accento tradisce già una seppur leggera influenza francese ed è lontano anni luce dallo stereotipo del Glaswegians.

“Ho faticato a spiegare ai miei compagni di squadra in Francia il momento attuale del rugby scozzese e come lavoriamo noi e hanno faticato a credermi. Loro sono convinti di avere il campionato migliore al mondo, ma io penso che ogni nazione, ogni campionato e anche ogni metodologia di sviluppo del gioco abbiano i loro punti di forza e di debolezza. Si può pensare, a mio parere, che il modello inglese stia funzionando bene, perchè hanno un sacco di ragazzi in nazionale che sono cresciuti nelle accademie, ma in Francia questo non succede ancora, perchè l’ottanta percento dei giocatori sono stranieri. Anche noi stiamo lavorando sulle accademie, ci stiamo strutturando ma dobbiamo ancora essere pazienti”.

Parla a tutto campo Beattie, che domani conquisterà il suo 28esimo cap con la Scozia, con cui ha debuttato nel 2006, al Murrayfield contro la Romania. “Quando avevo 18 anni, sono stato fortunato di aver avuto la mia chance per giocare in nazionale e trovare il mio spazio. Ma là fuori ci sono un sacco di ragazzi interessanti, e non solo in questo sport. Penso a Chris Hoy – ciclista plurimedagliato olimpico – o a Andy Murray – tennista che ha vinto l’ultimo Wimbledon – o, per restare nel nostro mondo, Richie Gray e Stuart Hogg. Siamo pochi in Scozia, una piccola popolazione che comunque sa farsi valere. Non credo che al momento, nel rugby, riusciamo a tirare fuori il massimo dai nostri giovani, un termini di coinvolgimento nel gioco. Dobbiamo fare di più per coinvolgere più ragazzi e il prima possibile”.

“Io ho avuto la fortuna fi trovare sulla mia strada dei tecnici che hanno saputo rischiare, facendomi giocare in Celtic League già a 18 anni. Purtroppo, all’epoca si è fatta la scelta tra me e un altro ragazzo. Io sono andato avanti, lui ha dovuto cambiare strada e molto probabilmente non giocare più a rugby, almeno ad alto livello. Anche in ambito universitario, non c’è spazio nel nostro sistema per atleti ambiziosi che vogliono svilupparsi. La scommessa è non fare allontanare nessuno, creare spazio per tutti. Se un ragazzo ha tutte le qualità per diventare un prospetto interessante, ma non ha spazio, è un talento sprecato”.

“Serve un piano ad ampio respiro, di dieci o quindici anni. Solo allora si potranno vedere i risultati, se i ragazzi che hanno partecipato sin da piccoli saranno nell’orbita della Nazionale”.

In chiusura, si torna a palare del prossimo match, decisivo per entrambe le squadre. Partendo da Capitan Parisse.

“Parisse è un grandissimo giocatore. Ho avuto la fortuna di giocare contro di lui un paio di volte con la nazionale e un paio in Top14. Quando abbiamo giocato contro a livello di club, siamo usciti vincitori ma resta il fatto che è un fuoriclasse, un giocatore che fa sentire la sua presenza”.

“È matematicamente impossibile vincere una gara se ti difendi per l’ottanta percento di essa. Quindi, per il prossimo incontro, dovremo riuscire anzitutto ad invertire questa tendenza ed essere più pericolosi in fase offensiva. Se siamo capaci di mantenere il possesso e metterli in difficoltà, sotto pressione, credo che avremo buone chance. E sono convinto, soprattutto, che abbiamo i giocatori giusti per far questo tipo di gioco”.

Anche da Beattie, quindi, arriva un avviso all’Italia.
La Scozia c’è, e domani ha tutte le intenzioni di dimostrarlo.


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