Una storia e anche un’antologia delle antiche letterature sassoni: inglese, tedesca, scandinava. Per le radici comuni, che Tacito chiamò “Germania” – non tanto una regione geografica quanto un insieme di tribù dai linguaggi (lingue, miti, tradizioni) affini. Un fatto non nuovo. Il punto di nota è la volontà di Borges – oltre che di guadagnarsi lo stipendio come insegnante di inglese all’università – di recuperare e unificare due della sue passioni giovanili, l’Inghilterra e la Germania, divise dal nazismo e dalla guerra. Cioè di recuperare la Germania, si direbbe in termini politici, al concerto occidentale che rifiuta. Antonio Melis stringato titola il breve commento “Il fascino guerriero del Nord”.di Giuseppe Leuzzi. Una riedizione in linea con la voga commerciale, al cinema e in tv, per le saghe eroiche, dal Graal alla spada nella roccia, ai troni di spade, e alle epopee del ghiaccio, da “Frozen” al “Ragnarök” di A.S.Byatt e alle “Cronache” G.R.R.Martin. Ma è curioso il destino dello scrittore che, benché sempre innamorato, si volle singolo e libero: finire tra gli autori che “erano la loro moglie” – qui in chiave ereditaria e non femminista ma è la stessa cosa. Si riedita a nome congiunto con la compagna-erede un libro molto borgesiano, nella concezione, nel puntiglio, nelle agudezas. Benché “in collaborazione”, la prima edizione, 1951, con Delia Ingenieros, le revisione del 1964 (qui tradotta) con la nuova ninfa María Esther Vazquez.
Jorge Luis Borges, María Esther Vazquez, Letterature germaniche medievali, Adelphi, pp. 228 € 16
Featured image, Borges nel 1921