Jorinde Voight: superpassion dorata di Germania al Macro di Roma

Da Leggere A Colori @leggereacolori
Esiste un filo sottile che lega Occidente e Oriente del mondo e quel filo è d’oro. L’archeologia dei materiali, ad esempio, ci ha insegnato che, dai tempi più remoti, le tracce di questo nobile materiale nelle diverse civiltà del Mediterraneo sono presagio di contatti diretti o indiretti con l’Egitto che ne deteneva anticamente il primato negli scambi. La maschera di Agamennone, di sobria bellezza e grandiosa austerità, a Micene, è in grado di aprire un varco nella lettura della storia di questo antico popolo del Peloponneso ritenuto, per consuetudine critica, bellicoso e non dedito all’effimero. La tazza di Vaphiò, proveniente dal medesimo tesoro miceneo, custodita al Museo archeologico di Atene, ci induce, oggi, infatti, a rileggere le nostre consuete considerazioni: la sua possenza espressiva ci rimanda verso un mondo che pare sperimentare eleganza delle forme e, presumibilmente, una robusta attenzione alla qualità della vivezza narrativa. L’oro è dunque un collante, una cerniera fra mondi remoti, un terreno di sperimentazione alla condivisione: fra bellicosità e mollezza, fra staticità e creazione, fra ponderazione ed estro, fra Oriente e Occidente. La sequenza di esempi bagnati in oro, nel mondo figurativo, coltivati nei secoli è estesa. Potremmo ricordare la cultura ravennate, i mosaici di San Marco, Monreale, gli sfondi dei Polittici da Duccio a Masaccio fino alla Giuditta di Klimt ma l’elenco sarebbe sempre lacunoso. La complicità fra i diversi mondi sarebbe sempre in Continua a leggere

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