Come quella di sua sorella Kate, figura affascinante quanto fragile, che al minimo soffio di vento si aggrappa a lui e che ha non poche responsabilità nel divorzio di suo fratello. Ma la vicenda di Ricostruzioni, questo splendido romanzo di Josephine Hart - levigato come il pomo di una spada antica- è più complessa e il lettore dev'essere lasciato libero di scoprire da sè che cosa nasconde la vita dei suoi protagonisti.
Uscito in Inghilterra nel 2001 e in traduzione italiana l'anno seguente, The reconstructionist (questo il titolo originale) non sorprenderà chi ha apprezzato, a suo tempo, Il Danno. Ma lo porterà in un universo meno statico, per quanto sempre elegante e illusoriamente patinato, e ricco di sottintesi.
La critica, nel corso del tempo, ha messo in luce quanto ci sia di rigoroso e di coerente nell'elaborazione dello stile di questa scrittrice priva di esibizionismi (anche personali) e di quel bisogno di apparire che non l'ha mai qualificata: sotto i riflettori c'era già da tempo, e ha preferito dedicarsi alla poesia - ma come poetessa in Italia è praticamente sconosciuta.
Anche le tecniche letterarie di Josephine Hart in Ricostruzioni prendono forme nuove: nel capitolo quinto, per esempio, utilizza il testo di una conferenza per anticipare alcuni aspetti della storia e per interrogare il lettore su qualcosa che va al di là della letteratura: "Fino a che profondità dovremmo spingerci nell'esame di noi stessi e del nostro passato? Ne comprendiamo i pericoli? Ci rendiamo conto che è possibile affogare nel moi profond? Anzi, che è possibile cadere e sparire nel proprio passato?"
La fede nella verità è una strana malattia, specialmente se si proviene dalla conoscenza del dolore. Non dovremmo dimenticare, noi lettori, certe leggi del nostro essere, anche le più scomode e sgradevoli, come sembra suggerirci il personaggio che, chiudendo la sua lettera ai posteri (il suo testamento?) scrive queste righe destinate ad avverarsi lungo il corso del romanzo: "L'autenticità, il più delle volte, è una chimera".