Nei brevi spezzoni che compongono il romanzo -una trentina di quadri più o meno indipendenti, un piccolo tour degli orrori che disegna la progressiva corruzione dell’animo di Henriette- Janin si appropria della forma allora in voga del roman-charogne(2) per sovvertirla, o meglio per minarla dall’interno attraverso l’estremizzazione(3) sistematica dei temi. L’effetto è indiscutibilmente parodistico, ma L‘asino morto è ben più di una semplice parodia: tenendo fede al progetto di “scorticare” la natura affinché “privata della sua florida pelle candida e rivestita del dolce incarnato e del velluto colorato della pesca, la si possa vedere con i suoi vasi sanguigni intrecciati, con il suo sangue che circola, arterie che si incrociano di continuo… affinché si possa udire il cuore pulsare sordo nel petto”…(4), l’autore dimostra, sì, un intento realistico, ma anche un vero e proprio gusto per l’oscuro, per il decadente, e anzi per ciò che è caduco; per il particolare macabro; per il macello come luogo (letterario) deputato alla ricerca della “verità come alternativa, la verità messa a nudo”(5).
E così il romanzo -lontanissimo dalle esaltazioni bucoliche del primo romanticismo e altrettanto lontano dalla cupa serietà dei “veri” frenetici- si impone come parodia e ottima introduzione, requiem e punto tra i più alti di una produzione, quella del romanticismo frenetico francese, poco nota al grande pubblico, ma importantissima per le sue influenze sulla letteratura posteriore, da Baudelaire al surrealismo.
L’asino morto, di Jules Janin, del tutto inedito fino a fine 2015(?!?), è proposto ai lettori italiani da edizioni della Sera, nell’informata (6) ma scorrevole traduzione di Giorgio Leonardi.
(1)Jules Janin, L’asino morto, Edizioni della Sera, Roma 2015, p. 39. Traduzione e cura di Giorgio Leonardi.
(2)Per i chiarimenti si rimanda all’ottima introduzione di Leonardi (Ivi, pp.5-18)
(3)A proposito di eccessi cfr., per esempio, l’ironico “coraggio, allora, se il bordeaux ormai non riesce più a ubriacarvi, trangugiate pure un bel bicchiere d’acquavite”, di p.29, quasi una dichiarazione di poetica a fior di penna.
(4)Ivi, p. p.42.
(5)Ibidem.
(6)Verrebbe da dire erudita, se il termine non portasse con se un sospetto di esattezza e quasi di muffa, come a detrimento della leggibilità e della godibilità del testo.