JULIA QUINN: News

Creato il 11 agosto 2011 da Aghi
giovedì, 11 agosto 2011 JULIA QUINN: News Just Like Heaven
Honoria Smythe-Smith è:
  1. una violinista davvero pessima
  2. ancora scocciata di essere soprannominata “Bug” come una bambina;
  3. NON innamorata del miglior amico del fratello maggiore
  4. Tutte le precedenti
Marcus Holroyd è:
  1. Il Conte di Chatteris
  2. Purtroppo incline alle caviglie slogate
  3. NON innamorato della sorella minore del suo miglior amico
  4. Tutte le precedenti
Insieme:
  1. Mangiano un bel po’ di torta al cioccolato
  2. Sopravvivono a una febbre mortale e alle peggiori performance musicali del mondo
  3. Si innamorano abbastanza disperatamente
Julia Quinn al suo meglio, così SAI che la risposta è:
  1. Tutte le precedenti
Capitolo 1
Marzo 1824
Cambridge, Inghilterra
Lady Honoria Smythe-Smith era disperata.
Disperata per una giornata di sole, disperata per un marito, disperata – pensava con un sospiro esausto mentre guardava le scarpette blu rovinate – per un nuovo paio di scarpe.
Si sedette pesantemente sulla panchina di pietra fuori il negozio di Tabacco di Mr Hilleford per Signori Discernenti e si strinse contro il muro alle sue spalle, disperatamente (c’era di nuovo quella terribile parola) cercando di incuneare tutto il corpo sotto il tendone. Pioveva a dirotto. A tempesta. Non piovigginava, non solo pioveva, ma riversava i proverbiali gatti, cani, pecore e cavalli.
A questo ritmo, non si sarebbe sorpresa se un elefante fosse caduto giù dal cielo.
E c’era puzza. Honoria aveva pensato che i sigari producessero l’odore che meno le piaceva, ma no, la muffa era peggiore, e il Negozio di Tabacco di Mr Hilleford per Gentiluomoni che non pensavano ai denti ingialliti aveva una sostanza nera sospetta che strisciava lungo la parete esterna che puzzava come la morte.
Realmente poteva trovarsi in una situazione peggiore?
Perché sì. Sì, poteva. Perché era (ovviamente) tutta sola, la pioggia ci aveva impiegato trenta secondi a passare da goccia a pioggia. Il resto del suo gruppo di shopping era dall’altra parte della strada, che si aggirava felicemente nel caldo e accogliente emporio di nastri e ninnoli di Miss Pilaster, che oltre ad avere ogni tipo di merce di divertimenti e intimo, aveva un odore molto migliore del negozio di Mr Killeford.
Miss Pilaster vendeva profumi. Miss Pilaster vendeva petali di rose essiccate e candele profumate alla vaniglia.
Mr Hilleford prosperava nella muffa.
Honoria sospirò. Così era la vita.
Aveva indugiato troppo a lungo alla finestra di una libreria, assicurando agli amici che li avrebbe raggiunti da Miss Pilaster tra un minuto o due. Due minuti erano diventati cinque, e poi, proprio mentre stava per attraversare la strada, il cielo si era aperto e Honoria non aveva avuto altra scelta che rifugiarsi sotto il tendone aperto sul lato sud della Cambridge High Street.
Guardò tristemente la pioggia, guardandola arrivare sulla strada. Le gocce colpivano i ciottoli della strada con forza tremenda, rimbalzando e spruzzando di nuovo in aria come minuscole esplosioni. Il cielo si stava oscurando in un secondo, e se Honoria era un buon giudice del clima inglese, il vento si sarebbe sollevato da un momento all’altro, rendendo il suo patetico posto sotto il tendone di Mr Hilleford completamente inutile.
La sua bocca scivolò in un cipiglio sconsolato, e strizzò gli occhi verso il cielo.
I piedi erano bagnati.
Aveva freddo.
E non aveva mai una volta, in tutta la sua vita, lasciato i confini dell’Inghilterra, il che significava che era un giudice piuttosto buono sul tempo inglese, e tra circa tre minuti sarebbe diventata più infelice di quello che era ora.
Il che non aveva ritenuto possibile.
“Honoria?”
Lei sbatté le palpebre portando lo sguardo dal cielo alla carrozza che si era appena mossa proprio di fronte a lei.
“Honoria?”
Conosceva quella voce “Marcus?
Oh, santo cielo, la sua miseria aveva bisogno solo di questo. Marcus Holroyd, Conte di Chatteris, felice e asciutto nella sua carrozza. Honoria sentì la mascella rilassarsi, anche se in realtà non sapeva perché doveva essere sorpresa. Marcus viveva nel Cambridgeshire, non troppo lontano dalla città. Più precisamente, se qualcuno doveva vederla mentre lei appariva bagnata, una creatura arruffata, egli sarebbe stato quello.
“Buon Dio, Honoria” disse, accigliato con lei in quel suo modo arrogante, “devi essere congelata”
Fece la più piccola alzata di spalle. “Un po’”
“Cosa facevi qui?”
“Rovinavo scarpe”
“Cosa?”
“Shopping” disse, facendo un cenno all’altro lato della strada “con amiche. E cugine” Non che le cugine non fossero anche amiche. Ma aveva così tanti cugini che sembravano quasi una categoria a se stante”
Lo sportello si aprì di più “Sali” disse. Non ti prego o per favore, ti devi asciugare, sali. Sali.
Un’altra ragazza avrebbe gettato indietro i capelli e avrebbe detto “Non mi puoi dare ordini!” Un’altra ragazza un po’ meno orgogliosa lo avrebbe pensato, anche se le fosse mancato il coraggio di dirlo ad alta voce. Ma Honoria aveva freddo e apprezzava il conforto più che l’orgoglio, e più precisamente, questo era Marcus Holroyd, e lei lo conosceva da quando portava il grembiule.
Dall’età di sei anni, per essere precisi.
Quella era probabilmente anche l’ultima volta che era riuscita a farsi vedere in vantaggio, pensò con una smorfia. A sette anni era diventata una tale peste che lui e il fratello Daniel avevano preso a chiamarla “Mosquito”. Quando lei aveva affermato che era un complimento, che lei amava come suonava esotico e pericoloso, avevano fatto un sorrisetto e l’avevano cambiato in “Bug”.
Era stata Bug, da allora.
L’avevano anche vista più bagnata di ora. L’aveva vista completamente bagnata, quando aveva otto anni e pensava di essersi completamente nascosta tra i rami della vecchia quercia a Whipple Hall. Marcus e Daniel avevano costruito una fortezza alla sua base, le ragazza non erano ammesse. L’avevano bersagliata di sassi finché non aveva perso la presa ed era caduta giù.
Col senno di poi, non avrebbe dovuto scegliere il ramo che pendeva sul lago.
L’aveva ripescata dal pantano, però, il che era stato più di quanto si potesse dire di suo fratello.
Marcus Holroyd, pensò tristemente. Era nella sua vita quasi quanto poteva ricordare. Sin da prima che fosse Lord Chatteris, sin da prima che Daniel fosse Lord Winstead. Sin da prima che Charlotte, la sorella più vicina per età, si fosse sposata e avesse lasciato la casa.
Sin da prima che anche Daniel li lasciasse.
Honoria
Sollevò lo sguardo. La voce di Marcus era impaziente, ma il viso era un pizzico preoccupato “Entra” ripeté.
Lei annuì e fece quanto aveva detto, prendendo la sua grande mano e accettando il suo aiuto a entrare in carrozza. “Marcus” disse, cercando di sedersi con tutta la grazia e disinvoltura che poteva esibire in un salotto buono, non pensando alle pozzanghere ai suoi piedi “Che bella sorpresa vederti”
La fissò soltanto, le sopracciglia scure così aggrottate. Stava cercando di decidere il modo più efficace per sgridarla, ne era sicura.
“Sono qui in città. Con i Royle” gli disse, anche se non gliel’aveva ancora chiesto. “Siamo qui per cinque giorni – Cecily Royle, le mie cugine Sarah e Iris, e io” Attese per un momento, per una sorta di lampo di riconoscimento nei suoi occhi, poi disse “Non ricordi chi sono, vero?”
“Hai tanti cugini” fece notare.
“Sarah è quella con i capelli e gli occhi folti e scuri”
“Occhi folti?” mormorò, aprendo appena le labbra a un piccolo sorriso.
Marcus
Lui ridacchiò “Molto bene. Capelli folti. Occhi scuri”
“Iris è molto pallida. Capelli biondo rossicci” lei “Ancora non ricordi”
“Viene dalla famiglia dei fiori”
Honoria trasalì. Era vero che lo zio William e la zia Maria avevano scelto di chiamare le loro figlie Rose, Marigold, Lavender, Iris e Daisy, ma comunque.
“So chi è Miss Royle” disse Marcus.
“È una tua vicina. Devi sapere chi è”
Si strinse solo nelle spalle.
“Ad ogni modo, siamo qui a Cambridge perché la madre di Cecily pensava che avremmo approfittato tutti per migliorare un po’”
La bocca di lui fece un sorriso vagamente beffardo “Migliorare?”
Honoria si chiese perché le femmine avessero sempre bisogno di migliorare, mentre i maschi andavano a scuola “Ha corrotto due professori per permetterci di ascoltare le loro lezioni”
“Davvero?” Sembrava curioso. E dubbioso.
“La vita e il periodo della Regina Elisabetta” recitò Honoria diligentemente “E dopo qualcosa in greco”
“Parlate greco?”
“Nessuno di noi” ammise. “Ma il professore era l’unico disposto a parlare a donne” Alzò gli occhi “Ha intenzione di tenere le lezioni due volte di seguito. Dobbiamo aspettare in un ufficio fino a quando gli studenti lasciano l’aula, perché non ci vedano e perdano il lume della ragione”
Marcus annuì pensieroso. “È quasi impossibile per un gentiluomo tenere la mente sugli studi in presenza di una tale travolgente bellezza femminile”
Honoria pensò che fosse serio per circa due secondi. Provò uno sguardo di traverso nella sua direzione prima di scoppiare in una risata “Oh, per favore” disse, dandogli un leggero pugno sul braccio. Tale familiarità era sconosciuta a Londra, ma qui, con Marcus…
Era praticamente suo fratello, dopo tutto.
“Come sta tua madre?” chiese.
“Bene” rispose Honoria anche se non era così. Non davvero. Lady Winstead non si era mai del tutto ripresa dallo scandalo che aveva costretto Daniel a lasciare il paese. Alternava tra il protestare per le supposte offese e fingere che il suo unico figlio non fosse mai esistito.
Era… difficile.
“Spera di ritirarsi a Bath” aggiunse Honoria “Sua sorella vive lì, e penso che staranno bene insieme. Non le piace davvero Londra”
“Tua madre?” chiese Marcus con sorpresa.
“Non come era abituata” chiarì Honoria “Non da quando Daniel… Be’, lo sai”
Le labbra di Marcus si serrarono agli angoli. Sapeva.
“Pensa che le persone ne parlino ancora” disse Honoria.  
“Lo fanno?”
Honoria si strinse nelle spalle con un senso d’impotenza “Non ne ho idea. Non lo penso. Nessuno me ne ha dato prova diretta. Inoltre, è stato quasi tre anni fa. Non pensi che tutti hanno qualcos’altro di cui parlare?”
“Avevo pensato che tutti avrebbero avuto qualcosa d’altro di cui parlare quando è successo” disse cupamente.
Honoria alzò un sopracciglio in quello che lei considerava il suo cipiglio. C’era un motivo per cui spaventava tante debuttanti. Le sue amiche erano terrorizzate da lui.
Be’, questo non era del tutto vero. Erano spaventate in sua presenza. Per il resto del tempo sedevano ai loro scrittoi, scrivendo i loro nomi intrecciati, tutto in una ridicola cornice, ornata di cuori e cherubini.
Era una preda da matrimonio, Marcus Holroyd.
Non è che fosse bello, perché non lo era, non proprio. Aveva i capelli di un bel colore scuro, come gli occhi; ma c’era qualcosa nel suo volto che Honoria trovava duro. Le sopracciglia erano troppo folte, troppo dritte, gli occhi un po’ troppo infossati.
Ma comunque, c’era qualcosa in lui che catturava gli occhi. Un distacco, una sfumatura di disprezzo, come se semplicemente non avesse pazienza per le sciocchezze.
Rendeva una ragazza pazza di lui, anche se spesso era il nonsenso personificato.
Sussurravano di lui come se fosse un oscuro eroe da libro o, se non questo, il cattivo, tutti i gotici e misteriosi che necessitavano di essere redenti.
Considerando che per Honoria era semplicemente Marcus, il che non era per nulla semplice. Odiava il modo in cui la trattava con condiscendenza, la guardava con quello sguardo di disapprovazione. La faceva sentire come anni fa, una bambina fastidiosa, o una goffa adolescente.
E tuttavia allo stesso tempo, c’era qualcosa di così confortante nell’averlo intorno. I loro sentieri non si incrociavano tanto spesso come erano abituati – tutto era diverso ora che Daniel era via – ma quando passeggiava in una stanza, e lui era lì…
Lo sapeva.
E, abbastanza strano, era una cosa buona.
“Pensi di venire a Londra per la Stagione?” chiese educatamente.
“Per un po’” rispose imperscrutabilmente “Ho delle faccende di cui occuparmi lì”
“Certo”
“E tu?” chiese lui.
Lei sbatté le palpebre.
“Pensi di andare a Londra per la Stagione?”
Le sue labbra si aprirono. Sicuramente non poteva essere serio. Dove poteva andare, dato il suo stato di donna non sposata? Non era come se…
“Stai ridendo?” chiese lui sospettoso.
“Certo che no” ma stava ridendo.
“Non è divertente” gli disse “Non è che abbia scelta. Devo andare per la Stagione. Sono disperata”
“Disperata” ripeté lui e sembrava dubbioso. Era un’espressione frequente sul suo volto.
Devo trovare un marito quest’anno”
Sentì che scuoteva la testa avanti e indietro, anche se non era sicura a cosa potesse opporsi. La sua situazione non era molto diversa da quella della maggior parte delle sue amiche. Non era l’unica giovane donna a sperare nel matrimonio. Ma non era in cerca di un marito per poter ammirare l’anello al dito o crogiolarsi nella gloria della sua condizione come una giovane matrona. Voleva una propria casa. Una famiglia – grande, rumorosa che non pensasse sempre alle buone maniere.
Era così stanca del silenzio che dominava la sua casa. Odiava il fatto che era spesso l’unico rumore che sentiva per tutto il pomeriggio.
Aveva bisogno di un marito. Era l’unico modo.
“Oh, vieni ora, Honoria!” disse Marcus, e non ebbe bisogno di vedere la sua espressione con precisione – paternale e scettica, con un pizzico di noia. “La tua vita non può essere così terribile”
Lei strinse i denti. Disprezzava quel tono “Dimentica quello che ho detto” mormorò, perché in realtà non ne valeva la pena cercare di spiegarglielo.
Lui emise un respiro e anche questo cercò di essere condiscendente “Non è probabile trovare un marito qui” disse.
Lei emise un respiro offesa, deplorando il fatto di aver introdotto l’argomento.
“Gli studenti qui sono troppo giovani” rimarcò.
“Hanno la mia stessa età” disse lei, cadendo nella sua trappola.
Ma Marcus non gongolava, non era il tipo “Ecco perché sei a Cambridge, no? Per incontrare gli studenti che non sono ancora andati a Londra?”
Lei guardò con determinazione in avanti “Te l’ho detto, siamo qui per ascoltare le lezioni”
Lui annuì “In greco”
Marcus
Egli sorrise. Solo che non era un sorriso. Marcus era sempre così serio, così rigido, che un sorriso per lui sarebbe un freddo mezzo sorriso su chiunque altro. Honoria si chiese quante volte avesse sorriso senza che nessuno se ne fosse accorto. Era fortunato che lei lo conoscesse così bene. Chiunque altro avrebbe pensato che fosse completamente senza senso dell’umorismo.
“Di cosa si tratta?” chiese.
Lei iniziò e lo guardò “Di cosa tratta cosa?”
“Ha sollevato gli occhi”
“Io?” Onestamente non aveva idea se l’avesse fatto o meno. Ma più precisamente perché la guardava così da vicino? Questo era Marcus, per carità. Lei guardò fuori dal finestrino. “Pensi che la pioggia sia cessata?”
“No” rispose, non voltando la testa neanche di un centimetro. Honoria suppose che non ne avesse bisogno. Era stata una domanda stupida, senza nessuna intenzione tranne che cambiare il soggetto. La pioggia stava ancora battendo senza pietà sulla carrozza.
“Ti devo portare dai Royle?” chiese educatamente.
“No, grazie” Honoria allungò un po’ il collo, cercando di vedere attraverso il vetro la tempesta e la vicina vetrina di Miss Pilaster. Non riusciva a vedere neanche una cosa, ma era una buona scusa per non guardare lui, così fece una buona mostra “Mi unirò ai miei amici in un momento”
“Hai fame?” chiese “Mi sono fermato prima di Flindle e ho un paio di torte incartate da portare a casa”
Gli occhi di lei si sollevarono “Torte?”
Lei non aveva detto la parola tanto quanto l’aveva sospirata. O forse lamentata. Ma non se ne curò. Lui sapeva che i dolci erano la sua debolezza; era lo stesso per lui. Daniel non era mai stato particolarmente appassionato di dolci, e più di una volta lei e Marcus si erano ritrovati insieme da bambini accoccolati su un piatto di torte e biscotti.
Daniel diceva che sembravano un branco di selvaggi, il che aveva fatto ridere fragorosamente Marcus. Honoria non aveva mai capito perché.
Egli si abbassò e prese qualcosa da una scatola ai suoi piedi “Sei ancora parziale con il cioccolato?”
“Sempre” Si sentì sorridere per la complicità. E forse per l’antica passione, anche.
Egli iniziò a ridere “Ricordi quella torta che il cuoco fece…”
“Quella che mangiò il cane?”
“Ho quasi pianto”
Lei fece una smorfia “Penso di aver pianto”
“Le ho dato un morso”
“Io no” disse con desiderio “Ma aveva un profumo divino”
“Oh, sì” Sembrava come se il ricordo lo avesse rapito “Sì”
“Sai, ho sempre pensato che Daniel avesse qualcosa a che fare con il fatto che Buttercup sia entrato in casa”
“Sono sicuro di sì” concordò Marcus “Lo sguardo sulla sua faccia…”
“Spero tu l’abbia picchiato”
“Per i pochi centimetri della sua vita” la rassicurò.
Lei sorrise, poi chiese “Ma non davvero?”
Lui ricambiò il sorriso “Non davvero” Ridacchiò al ricordo e le porse un piccolo rettangolo di torta al cioccolato, bella e scura in cima a un pezzo croccante di carta bianca. Profumava come il cielo. Honoria fece un profondo respiro e sorrise felice.
Poi sollevò lo sguardo verso Marcus e rise di nuovo. Perché per un momento si era sentita di nuovo se stessa, come la ragazza che era stata solo pochi anni prima, quando il mondo era davanti a lei, un brillante ballo scintillante di promesse. Era una sensazione che non si era neanche accorta che le mancasse – di appartenenza, di collocazione, di essere con qualcuno che ti conosce assolutamente e completamente e pensava ancora che valesse la pena ridere con te.
Strano che fosse Marcus a farla sentire in quel modo. E in vario modo, non del tutto strano.
Prese la torta dalla sua mano e abbassò lo sguardo interrogativo.
“Mi dispiace non ho nessun tipo di posate” lui disse in tono di scusa.
“Si potrebbe fare un terribile pasticcio” disse, sperando che si rendesse conto che quello che stava dicendo in realtà era ‘Per favore dimmi che non ti dispiace se getto briciole su tutta la tua carrozza’.
“Ne prenderò anch’io uno” le disse “In modo che tu non ti senta sola”
Lei provò a non ridere. “È molto generoso da parte tua”
“Sono certo che è un mio dovere da gentiluomo”
“Mangiare una torta?”
“È uno dei miei doveri di gentiluomo più affascinanti” lui concesse.
Honoria ridacchiò, poi prese un pezzo “Oh, mio”
“Buono?”
“Celestiale” Prese un altro pezzo “E con questo intendo al di là del celestiale”
Lui sorrise e mangiò un po’ della sua torta, divorandone metà in un boccone. Poi, mentre Honoria lo guardava con una certa sorpresa, portò l’altra metà in bocca e la finì.
Il pezzo non era molto grande, ma comunque. Lei prese un boccone piccolo della sua, cercando di farla durare più a lungo.
“Hai sempre fatto così” disse lui.
Lei sollevò lo sguardo “Cosa?”
“Mangiare il tuo dolce lentamente, solo per torturarci”
“Mi piace farlo durare” Gli rivolse uno sguardo dalle sopracciglia inarcate, accompagnato da una scrollata di spalle “Se ti senti torturato da questo, è un tuo problema”
“Senza cuore” mormorò.
“Con te sempre”
Lui rise di nuovo e Honoria fu colpita da quanto diverso fosse in privato. Era quasi come se avesse riavuto il vecchio Marcus, quello che aveva praticamente vissuto a Whipple Hill. Lui era diventato davvero un membro della famiglia, unendosi anche alle loro orribili pantomime. Aveva fatto l’albero ogni volta, per qualche ragione che l’aveva sempre divertita.
Le piaceva questo Marcus. Aveva adorato questo Marcus.
Ma era cambiato in questi ultimi anni, sostituito dal silenzio, un uomo accigliato conosciuto dal resto del mondo come Lord Chatteris.
Era triste, davvero. Per lei, ma probabilmente per la maggior parte di loro, per lui.
Lei finì la torta, provando a ignorare la sua espressione compiaciuta, poi accettò il suo fazzoletto per pulirsi le briciole dalle mani.
“Grazie” disse, restituendolo.
Lui annuì, poi disse “Quando sei…”
Ma fu interrotto da un colpo secco al finestrino.
Honoria scrutò oltre di lui per vedere chi bussava.
“Scusate, sir” disse un servo con una livrea familiare “C’è Lady Honoria”
“Sì”
Honoria si sporse in avanti. “È… ehm…” Molto bene, non aveva idea del suo nome, ma aveva accompagnato il gruppo di ragazze nella loro spedizione di acquisti. “È un servo dei Royle” Fece a Marcus un veloce sorriso imbarazzato prima di alzarsi, poi si piegò in modo da poter uscire dalla carrozza “Devo andare. Le mie amiche mi staranno aspettando”
“Ti verrò a trovare domani”
Cosa” Lei si immobilizzò, curva come una vecchia.
Uno dei sopraccigli di lui si sollevò in segno di saluto beffardo “Sicuramente la tua ospite non se ne dispiacerà”
Mrs Royle dispiacersi che un conte scapolo di non ancora 30 anni  voglia far visita a casa sua? Honoria avrebbe dovuto fare di tutto per impedirle di organizzare una parata.
“Sono sicura che sarà contenta” provò a dire.
“Bene” si schiarì la gola. “È da troppo tempo”
Lei alzò lo sguardo sorpresa. Sicuramente non le aveva rivolto un pensiero, quando non erano entrambi a Londra ad andare in giro per la Stagione.
“Sono contento che tu stia bene” disse all’improvviso.
Perché una simile affermazione era talmente sorprendente, Honoria non riuscì a iniziare a dire. Ma lo era.
Lo era davvero.
***
Marcus osservò mentre il servo dei Royle scortava Honoria nel negozio dall’altra parte della strada e poi, una volta assicuratosi della sua salvezza, batté tre volte sulla carrozza per segnalare all’autista di continuare.
Era stato sorpreso di vederla  a Cambridge. Non teneva sotto stretto controllo Honoria quando non era a Londra, ma comunque in qualche modo pensava di sapere se doveva passare del tempo così vicino a casa sua.
Pensava di dover iniziare a programmare di andare in città per la Stagione. Non aveva mentito quando le aveva detto di avere affari da gestire lì, anche se probabilmente sarebbe stato più esatto dire che semplicemente preferiva rimanere in campagna. Non c’era nulla che richiedesse la sua presenza nel Cambridgeshire, proprio poco ne sarebbe stato facilitato.
Per non dire che odiava la Stagione. La odiava. Ma se Honoria era decisa a prendere marito, sarebbe andato a Londra per assicurarsi che non facesse un disastroso errore.
Aveva fatto un giuramento, dopo tutto.
Daniel Smythe-Smith era stato il suo più caro amico. No, il suo solo amico, il suo unico vero amico.
Un centinaio di conoscenze e un solo vero amico.
Così era la vita.
Ma Daniel era andato via, da qualche parte in Italia se l’ultima lettera era ancora valida. E non era probabile che ritornasse, non quando il Marchese di Ramsgate era ancora vivo, deciso a vendicarsi.
Che maledetta cazzata era stata l’intera faccenda. Marcus aveva detto a Daniel di non giocare a carte con Hugh Prentice. Ma no, Daniel aveva solo riso, determinato a provare la sua mano. Prentice vinceva sempre. Sempre. Era dannatamente brillante, tutti lo sapevano.
Matematica, fisica, storia – aveva finito per insegnare ai docenti all’università. Hugh Prentice non barava a carte, semplicemente vinceva tutte le volte perché aveva un forte memoria e una mente che vedeva il mondo in modelli ed equazioni.
O così aveva detto a Marcus quando erano stati studenti insieme a Eton. Era vero, Marcus non aveva capito del tutto quello che aveva detto. E lui era stato il secondo miglior studente di matematica. Ma dopo Hugh… Be’, non c’era confronto.
Nessuno sano di mente giocava a carte con Hugh Prentice, ma Daniel non era sano di mente. Era un po’ ubriaco, e un po’ euforico per una ragazza che si era appena portato a letto e così si era seduto di fronte a Hugh e aveva giocato.
E aveva vinto.
Anche Marcus non era stato capace di crederci.
Non che pensasse che Daniel avesse imbrogliato. Nessuno pensava che Daniel avesse barato. Piaceva a tutti. Tutti avevano fiducia in lui. Ma ripeto, nessuno aveva mai battuto Hugh Prentice.
Ma Hugh aveva bevuto. E Daniel aveva bevuto. E tutti avevano bevuto, e quando Hugh aveva battuto il pugno sul tavolo e aveva accusato Daniel di barare, la stanza era diventata un inferno.
Fino a quel giorno Marcus non era esattamente sicuro di cosa avessero detto ma in pochi minuti era stato sistemato – Daniel Smythe-Smith avrebbe incontrato Hugh Prentice all’alba. Con le pistole.
E con un po’ di fortuna, per allora sarebbero stati abbastanza sobri da comprendere la loro idiozia.
Hugh aveva sparato per primo, il suo proiettile aveva sfiorato la spalla sinistra di Daniel. E mentre tutti erano senza fiato per questo – la cosa giusta sarebbe stata sparare in aria – Daniel aveva alzato il braccio e risposto allo sparo.
E Daniel – per il sangue dell’inferno, ma Daniel aveva sempre avuto una cattiva mira – Daniel aveva preso Hugh nella parte superiore della coscia. C’era stato così tanto sangue che Marcus sentiva ancora la nausea solo a pensarci. Il medico aveva urlato. La pallottola aveva colpito un’arteria, nient’altro avrebbe potuto produrre un tale fiume di sangue. Per tre giorni tutta la preoccupazione era stata se Hugh sarebbe sopravvissuto o sarebbe morto, nessuno aveva dato molta importanza alla gamba, con il femore fratturato.
Hugh era sopravvissuto, ma non poteva camminare, non senza un bastone. E suo padre – l’estremamente potente ed estremamente arrabbiato Marchese di Ramsgate – aveva giurato che Daniel sarebbe stato consegnato alla giustizia.
Quindi Daniel era fuggito in Italia.
Quindi un Daniel senza fiato, all’ultimo minuto aveva fatto la richiesta ‘promettimi ora perché siamo in porto e la nave sta per partire’: “Sorveglierai Honoria? Controlla che non sposi un idiota”
Certamente Marcus aveva detto sì. Cos’altro poteva dire? Ma non aveva mai raccontato ad Honoria della sua promessa al fratello. Dio Buono, sarebbe stato un disastro. Era abbastanza difficile tenere il passo con lei senza che se ne accorgesse. Se avesse saputo che stava agendo in loco parentis, ne sarebbe stata furiosa. L’ultima cosa di cui aveva bisogno era che lei cercasse di contrastarlo.
Cosa che avrebbe fatto. Ne era sicuro.
Non era che fosse volutamente caparbia. Lei era, per la maggior parte, una ragazza perfettamente ragionevole. Ma anche la più ragionevole delle femmine si offende quando pensa di essere stata maltrattata.
Così la controllava da lontano e aveva tranquillamente spaventato un corteggiatore o due.
O tre.
O forse quattro.
Lo aveva promesso a Daniel.
E Marcus Holroyd non rompe le sue promesse.
 
sussurrato da: millecuori alle ore 13:09 | Permalink | commenti Commenti:
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