Julian schnabel : una grande mostra lo celebra a venezia

Creato il 12 maggio 2011 da Catone
Visionario, generoso, il suo stile è difficile da definire. Qualcuno lo accosta al neoespressionismo, altri all’espressionismo astratto di Pollock. Lui è così naif da definirsi “un pittore delle caverne”, ma anche fiero “fino alla presunzione” da rappresentarsi, in tre autoritratti, alla maniera del sommo Vélasquez. Primitivo e sofisticato, ha firmato il restyling raffinatissimo del Gramercy Park Hotel a New York e ha dipinto per intero il suo palazzo in Downtown Manhattan. Edonista, si veste preferibilmente con pigiami di seta profilati in tinta, è amante della buona tavola e delle belle donne, ha una casa da principe nell’East Village, cinque figli, tre dei quali, Lola Montes, Vito Maria e Stella Madrid avuti dall’ex moglie basca Olatz Lopez Garmendia. Oggi vive con Rula Jebreal, giornalista israeliana di origine palestinese, alla quale ha regalato la versione cinematografica del suo primo romanzo, “La strada dei fiori di Miral”.
Julian Schnabel, nato a Brooklyn nel 1951 da genitori emigrati ebrei cecoslovacchi, è, infatti, pittore ma anche regista: premiato a Venezia per “Basquiat”, nel 1996, e a Cannes per “Prima che sia notte” (2000) e “Le scaphandre et le papillon” tratto dal libro autobiografico di Jean-Dominique Bauby, Palma per la miglior regia nel 2007. E mentre gli amici cinefili fremono nell’attesa del suo prossimo film, ecco che Schnabel spiazza i suoi fan presentandosi nei panni di artista a tutto tondo in una grande mostra che aprirà al Museo Correr di Venezia, in contemporanea con la Biennale d’arte. (dal 4 giugno al 27 novembre)
Schnabel non è un artista qualunque, ogni sua performance fa rumore, causa scompiglio nei parterre mondani, manda in fibrillazione il pubblico di massa. Acchiapperà più visitatori il tribolato Padiglione Italia di Vittorio Sgarbi o il vernissage dell’antologica, curata da Norman Rosenthal, “Julian Schnabel. Permanently becoming and the architecture of seeing”? Schnabel adora l’Italia, che conosce dal 1976. Lo attiravano i maestri del Bel Paese: Giotto, Caravaggio, Piero della Francesca. Venne a Milano, senza una lira, ma deciso a vivere il suo grand tour. Per nutrirsi di bellezza fu costretto a fare la fame.
Pittore e regista, difficile dire in quale ambito l’esorbitante Julian eserciti meglio il suo genio. A sentire lui, avrebbe avuto un solo grande amore, la pittura, una passione che, ancora oggi, a 60 anni, lo infiamma come un ragazzino. Anni 70, la gavetta è dura, non è facile trovarsi uno spazio nelle gallerie della Grande Mela. Fa di tutto, il taxista, il cuoco, il cantante in una band. Nel 1979 la Mary Boone Gallery ospita la sua prima personale. Qualche anno dopo un contratto favoloso con la Pace Gallery lo rende ricco e famoso. A fine 80 Schnabel è uno degli artisti più quotati al mondo, venerato come Andy Warhol, più pagato di Keith Haring.
Carisma esorbitante, energia e stazza fisica oversize, “Mr. Big”, come ebbe a definirlo una volta il Sunday Time facendo riferimento oltre che al suo smisurato appetito, all’eccentrica predilezione per i quadri dalle dimensioni esagerate, spesso di 6 metri per 6, comunque mai con meno di due metri di lato, sarà alla mostra veneziana con una quarantina di opere. Maestoso lo straordinario quadro che apre il percorso nel salone neoclassico del museo,
  Julian Schnabel
Painting for Malik Joyeux and Bernardo Bertolucci (V), 2006
gesso and ink on polyester, 20 x 15 feet
Courtesy of the artist
  Julian Schnabel Painting for Malik Joyeux and Bernardo Bertolucci (VI), 2006 gesso and ink on polyester, 15′ x 20′Courtesy of the artist
“Painting for Malik Joyeux and Bernardo” (2006), realizzato in poliestere, gesso e inchiostro, e ispirato a una della più grandi passioni di Schnabel, il surf. L’acqua è la tavola sono qui usati come metafore della libertà. La dedica è a due personaggi molto amati: il surfista Malik Joyeux e Bernardo Bertolucci, il famoso regista italiano.
Il tema del mare ricorre come un refrain, a partire dagli Anni 80. Così come la passione per il viaggio e le carte geografiche. “The Atlas Mountains”, cinque dipinti in tela catramata alta tredici metri e divisa da fasce bianche, rappresentano le montagne del Nord Africa tra il Mediterraneo e il Sahara. Schnabel utilizza una serie infinta di supporti, tele, pelli di animali, velluto, tendaggi, teloni, resina. Lavora le superfici con la perizia di un maestro d’ascia, liscia il legno con olio, cera e resina, poi con gesto frenetico disegna scritte e brandelli di pittura gettati con furia su tarpaulin, grandi fogli flessibili e impermeabili.
Nelle sue opere racconta e si racconta,
 “Portrait of Olatz” del 1993 ci presenta la bellissima ex moglie dell’artista, un ritratto, esposto nella Sala da Pranzo del Correr, è dedicato invece alla nuova compagna Rula. I paesaggi della casa al mare e dello studio a Montauk, nella punta più a nord di Long Island sono i soggetti dei “Salivars” del 2009, che Schnabel realizza con una particolare tecnica, che consiste nell’ingrandire vecchie fotografie degli Anni ‘50 e poi ritoccarle con il colore e lasciarle maculare dalle condizioni atmosferiche. Lo stile pittorico si modifica negli anni in modo impressionante, dai quadri degli Anni ‘80 realizzati con i piatti rotti che segnarono i magnifici esordi a Manhattan, a quelli di oggi, immensi, su cui la pittura scorre e coagula con violenza, l’effetto è come bere un bicchiere di whisky, a stomaco vuoto.
 
La vera notizia è che da parecchio tempo l’artista coltiva anche una passione non troppo segreta per la fotografia e dobbiamo dire che anche in questa disciplina riesce ad eccellere.

Schabel però non fotografa i suoi soggetti con una comune macchina professionale, bensì con un’ingombrante Polaroid fatta a mano, un vero e proprio prototipo sviluppato negli anni ’70 che somiglia ai vecchi marchingegni con cui si eseguivano i dagherrotipi. La macchina fotografica di Schnabel è inoltre una vera e propria rarità visto che in tutto il mondo ne esistono solo sei.

In mostra, tra le opere più significative, 
“Painting for Malik Joyeux and Bernardo” del 2006, “The Sea” del 1981,
“St. Francis in Ecstasy” del 1980,
“ Portrait of Rula” del 2010,
"Arrowhead (Bez)” del 2010 e
“The Atlas Mountains” del 2008.
4 giugno - 27 novembre 2011
Catalogo Skira
Orari
Tutti i giorni 10.00 -19.00
La biglietteria chiude alle 18.00
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Informazioni e prenotazioni
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