Nessuno sconto perciò a "Jupiter: Il Destino Dell'Universo", che dall'ambizione abnorme di "Cloud Atlas" prende le distanze e proprio a quel "Matrix" vorrebbe riavvicinarsi, nello stile e decisamente nella forma. C'è una protagonista femminile, infatti, che come Neo parte dall'essere niente e si ritrova destinata a grandi cose, messa al centro di una storia fantascientifica confinata al fantasy che ci trascina in un mondo alternativo, meraviglioso e spietato. Stavolta nessun trucco, solo un inganno: la terra è una coltivazione di esseri umani (una delle tante) destinata a fornire i suoi abitanti come profitto per generare più tempo da mettere a disposizione della dinastia principe che vive sul pianeta Orous, governato da tre fratelli (due uomini e una donna) che puntano, separatamente, a spostare gli equilibri della loro famiglia per avere potere e governare. Un discorso assai meno filosofico di quello introdotto da Morpheus, insomma, ma ugualmente cinico e immorale da dover essere fermato e riletto. Ed è qui che entra in gioco Jupiter, la Mila Kunis impiegata di pulizie che, a quanto pare, merito dell'astrologia, è legittima ereditaria del pianeta Terra, e che attraverso una serie di burocrazie aliene (lente come quelle terrestri), in qualche modo, assumerà le sembianze dell'elemento indispensabile a favorire le sorti di una guerra familiare a sua insaputa già iniziata.
Forse ci troviamo di fronte al film più fruibile firmato dai fratelli Wachowski, quel prodotto studiato appositamente per non deludere i sostenitori incalliti e convincere i dissidenti. Del resto "Cloud Atlas" era stato piuttosto chiaro a riguardo: se si parla di fantascienza, i creatori di "Matrix" sanno sbaragliare ogni concorrenza. E nel caso qualcuno avesse avuto dubbi, è il caso che si ricreda immediatamente.
Per quelli, invece, di "era meglio "Matrix", bè, per loro non c'è speranza...
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