Quando ero piccolo, negli sfigatissimi e rivalutati anni Novanta, i dinosauri sono stati una vera mania. Per dire, c'è stato persino un numero di Tex dove il pistolero dal cuore d'oro si metteva ad affrontare i lucertoloni - almeno, mi pare fosse stato fatto in quel periodo, ma l'internetto e la mia pigrizia fanno le biffe - e dei cartoni animati a tema, da Denver a Cadillac e dinosauri, ce n'erano proprio un'infinità. Io ovviamente andavo pazzo per queste bestie, passavo i pomeriggi a giocare coi pupazzi a tema (gli stessi che oggi chiamiamo action figures) e avevo fatto una collezioni di libretti illustrati sull'argomento, che comprendevano anche quello strano romanzo che era Anat l'anatosauro, che non ricordo di aver mai finito di leggere. In mezzo a tutto questo non mi ero perso Jurassic park, per certi versi il film che ha segnato il mio primo, vero percorso da cinefilo, facendomi conoscere la magia del cinema attraverso quella che era la mia passione infantile. Pensate che, per poter emulare il professor Alan Grant, dicevo che da grande avrei fatto l'archeologo - poi scoprii che si doveva studiare troppo e allora nulla - fino a che, dopo aver visto Il mondo perduto, non dissi che avrei voluto fare il regista. Cosa dissi dopo aver visto questo terzo capitolo non me lo ricordo. Probabilmente sarà stata una parolaccia, perché andavo alle medie e dovevo per forza darmi un tono, con gran disappunto di mio padre, però nonostante mi avesse intrattenuto non è che ne fossi rimasto soddisfatto più di tanto.
Sono passati diversi anni dalle avventure del Jurassic park e ora tutto il mondo è a conoscenza delle bestie che erano state ricreate al suo interno. Al professor Alan Grant però viene richiesto da due facoltosi sposi di accompagnarli in un giro d'ispezione su Isla Sorna, viaggio che poi si rivelerà essere una missione di salvataggio del loro figlioletto, dispersosi su quei lidi...
Credo che il termine "giocare a chi ce l'ha più grosso" l'abbiano coniato appositamente per questo film, o se non altro, per questo franchise. Il primo Jurassic park infatti è stato qualcosa che ha smosso le coscienze di tutti coloro che si sono definiti cinefili almeno una volta nella vita, specie se taluni hanno avuto modo di vedere quel film da ragazzini, mentre il secondo, pur peccando di alcune incongruenze in fase di scrittura e di certi passaggi che lasciavano alquanto a desiderare, aveva sorretto tutto su una buona regia e un controllo dell'azione ben calibrato. Ma erano altri tempi, tempi dove Steven Spielberg faceva ancora le cose con passione, tempi in cui anche con una sceneggiatura vagamente fetente ti tirava fuori se non un capolavoro almeno un qualcosa che riusciva a intrattenere con garbo - rettifico, lo dice uno a cui l'ultimo film di Indiana Jones non è dispiaciuto. Come fare col terzo, quindi? Senza contare poi il fatto che era un film totalmente non richiesto perché non collegato ai libri (comunque, tratti con delle estreme libertà) scritti dal compianto Michael Chricton, oltre che essere un qualcosa che portava avanti un discorso già chiusosi col primo film. La soluzione adottata dagli studios quindi sembra essere quella che, se nel film precedente c'era qualcosa, allora nel seguito si doveva esagerare. Il primo film faceva vedere dei dinosauri fighi? Allora mettiamo esattamente gli stessi nel secondo, solo contornati da una sfilza di lucertoloni di contorno in più, oltre che offrire ai principali (i velociraptor e il tirannosauro) le scene più iconiche. E sì, scene così iconiche che ancora oggi ho paura a camminare nell'erba alta. Quindi col terzo? Semplice, se nei primi due il tirannosauro era il pericolo massimo, mettiamoci un dinosauro più grande, come lo spinosauro, e il gioco è fatto. E vai così anche con Jurassic World, dove si crea l'Indominus rex fondendo i DNA degli ultimi due per creare una bestia ancora più grossa. Ecco, tutto il franchise è portato avanti da dinosauri sempre più grossi che compaiono. Come a dire: "Non abbiamo Spielberg, che fa solo il produttore? Fa lo stesso, mettiamoci bestie sempre più grosse e il pubblico è contento". A questo giro, il partecipante massimo a questa fallo-giocata è Joe Johnston, uno che nella vita di buono ha fatto solo Jumanji e che ha regalato al mondo una schifezza assoluta come Captain America - The first Avenger, e che nonostante tutto continua a lavorare come se nulla fosse. E la regia, ripeto, è forse l'aspetto più importante di tutti in un film, quella che può rendere anche il peggiore degli script vagamente interessante, come è successo con I mercenari 2. Qui lo script, diciamolo senza girarci intorno, è davvero pezzente, perché oltre a offrirci una storia che è totalmente riciclata dai film precedenti offre anche delle scene davvero ridicole che non si possono prendere seriamente manco col massimo impegno - l'atto finale dei velociraptor credo possa far rivalutare la pena di morte ad alcuni - quindi gli elementi da salvare sono davvero pochi. Ma soprattutto, è una storia dalla quale non si riesce a ricavare nulla, perché se nel primo film si poteva avere una sorta di inno alla vita che trionfa sempre e nel secondo un abbozzato rapporto padre-figlia, qui se ne esce praticamente svuotati. E pure i dinosauri, una volta che compaiono quasi casualmente come i livelli di un videogame, cominciano a dire davvero poco. La magia degli effetti speciali è sempre su buoni livelli, ma non si deve mai confondere la magia con l'artificio. Manco - anzi, soprattutto - quando si guarda un qualcosa per semplice divertimento. Perché un blockbuster che non sa nemmeno esagerare con le formule più primitive che senso ha di esistere?
Si dice che la prima versione della sceneggiatura vedesse Alan Grant a indagare su dei cacciatori di pterodattili... solo a me sembra fighissima come idea e l'avrei preferita a questa?
Voto: ★ ½