Just Kids, un’autobiografia di Patti Smith

Creato il 28 febbraio 2011 da Sulromanzo

Robert Mapplethorpe morì di AIDS il 9 Marzo del 1989. Patti Smith si svegliò quella mattina sapendo già che lui era morto. Non aveva bisogno che nessuno l’avvertisse. Robert era il suo primo amore, l’artista a lei affine, l’amico di una vita. Sapeva che era morto, lo sentiva. Prima che lui se ne andasse gli aveva promesso che un giorno avrebbe scritto la storia della loro vita. A distanza di ventuno anni ha mantenuto la promessa.

Just Kids è uscito in Gran Bretagna nel 2010, presso Bloomsbury; in Italia è stato pubblicato con lo stesso titolo dell’originale da Feltrinelli, con traduzione di Alessandro Mari. È il racconto autobiografico degli anni che vanno dal 1965 al 1975, cioè da quando Patti Smith è arrivata a New York fino a quando uscì Horses, il suo primo album. E poi è il racconto di un incontro, di un amore, di un’amicizia, di una triste separazione. Il racconto di come, lentamente, sia venuta fuori la nostra “sacerdotessa del rock”, di come una ragazzina timida e spaurita del New Jersey sia riuscita a conquistare la Grande Mela e a realizzare tutti i suoi sogni. Una storia di arte, amore, ispirazione, piena di personaggi straordinari e di situazioni paradossali, frutto di quel fantastico periodo che furono gli anni Settanta.

Robert e Patti si conobbero per caso, una notte, a Manhattan, entrambi ragazzi venuti in città per inseguire dei sogni sgualciti, entrambi alla ricerca di una musa che potesse condurre la loro arte. Patti poetessa; Robert pittore, scultore e poi anche fotografo. Quella notte firmarono un patto di reciproco sostegno che non fu mai più infranto. Vissero insieme, si amarono, si lasciarono, andarono con altri, ma sempre agganciati l’uno all’altra da un legame invisibile. Condivisero tutto: i timori, le paure, le ambizioni, i dolori, le visioni artistiche, il delirio, le ossessioni. Robert condivise anche la sua omosessualità. Condividevano perché non avevano più altra scelta. Due artisti condannati a vedere quello che gli altri non vedono, condannati ad avere l’una bisogno dell’altro. Come lo zingaro e il matto dei tarocchi: l’uno crea il silenzio, l’altro ascolta quel silenzio con attenzione. L’uno senza l’altro esiste, ma non ha senso.

Just Kids è la storia del loro amore inammissibile e anche la storia del loro lento e inesorabile successo, della loro maturazione artistica. La gestazione, la genesi e la nascita di uno dei grandi personaggi “rock” di questa seconda metà del secolo. Patti Smith si racconta senza pudore e con un po’ di giustificato orgoglio. La sua scrittura è piana ed essenziale, diretta, senza fronzoli, senza eccessi. Ricorda con dettagliata cura, senza divagare, e ci consente di entrare nelle sue memorie. Ci consente l’accesso nel mondo in cui lei è cresciuta artisticamente, nei locali che bazzicava, tra le compagnie che frequentava. Ci racconta del Chelsea Hotel e della prima volta in cui vide esibirsi Jim Morrison. Ci trascina in una New York gloriosa e ammaliante, eccitante e misteriosa. Una New York in cui, se eri Patti Smith, poteva capitarti di incontrare Allen Ginsberg in una rosticceria o di dare ricovero a Gregory Corso o di scrivere una canzone per Janis Joplin o di essere consolata da Jimi Hendrix davanti ai gradini di un pub.

E con lei c’è Robert, per tutti quegli anni. Patti racconta delle loro passeggiate, delle loro fughe, delle loro notti, delle loro promesse. Racconta di quell’uomo che l’aveva scelta come sua ispiratrice, come soggetto ideale; di quell’uomo-bambino che viveva della sua arte. Il libro è pieno anche di foto. Le foto di loro due e le foto che lui le scattava, dopo che ebbe scoperto la sua passione per quella forma d’arte. Foto scelte con cura, come tutto il resto.

Un libro denso, pieno, intenso. Un libro vissuto e sentito. Aspettato. Scritto nel momento in cui non aveva più senso rimandare. Pubblicato quando era pronto per essere pubblicato. Pubblicato quando lei si è sentita pronta per tentare di separarsi da tutto un pezzo della sua vita, forse il più importante.

Leggere Just Kids significa addentrarsi tra i misteri labirintici di un grandissimo personaggio e di una grande artista. Significa immergersi nei misteri insormontabili di una donna.

Per la copertina poi è stata scelta una foto scattata in uno dei loro primi viaggi a Coney Island nel ’69. Quel giorno una donna in un parco li vide e disse al marito di scattare loro una foto; per lei erano degli artisti. Lui rispose: «Perché? Sono soltanto ragazzini». In effetti era vero, erano solo quello, solo dei ragazzini. Just Kids. E lo sono ancora, per sempre.


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