I giorni di stacco dopo la prima prova orale del concorso sono stati deleteri. Avrei dovuto partire subito, non avrei dovuto starmene al mare a prendere il sole, a fare il bagno e a vivere nel gineceo accogliente della famiglia. Addormentarmi cullata dal canto delle cicale e svegliarmi tra i cipcip degli uccellini, dal buongiorno bavoso del cane Duccio e dalle feste della cana Ofelia. Non avrei dovuto fare tutto questo perché inevitabilmente sono entrata nella modalità “on holiday”, un tunnel senza ritorno, e la disintossicazione dal fancazzismo non è la che la raggiungi nel giro di 24 ore. Ho dovuto ricorrere ad un overdose di acquisti di libri di latino per capire che bisognava compiere un altro piccolo pezzo di strada per giungere alle sospirate ferie. Ed eccomi qui, nella mia cucina, sveglia dalle 6 e mezza, col mio solito mal di testa, con la mia solita stanchezza e indolenza, con i miei libri su cui poso la mia fronte nella speranza che la conoscenza si trasmetta per osmosi direttamente al mio cervello.
Lo so che non mi devo lamentare, che nel mondo c’è chi sta peggio, che dovrei fare un pellegrinaggio camminando sulle ginocchia fino Lourdes per aver avuto la fortuna di arrivare fino a questo punto.
Sì, lo so. Non mi devo lamentare. Ma perché pensavate che mi stessi lamentando? Facevo solo delle semplici constatazioni, così juste pour parler…Che in fondo anche qui ci sono lo scrosciare argentino dell’acqua della doccia e/o della pioggia, e i giochi ad acchiapparello per inseguire il sole, i cracra delle cornacchie, i buongiorno scodinzolanti di Tylde, le ninnananne arabe degli avventori del Barsottocasa…in effetti non cambia nulla. Chevvelodicoaffare.