In poche parole, ci sono 2 modi per accostarsi a questo disco. Da una parte nel modo insofferente di chi considera una pedal steel un cimelio del passato e la cosiddetta Americana un genere per nostaglici falliti. In alternativa si può notare la maturità del talento dello Earle più giovane, la voce calda e profonda, gli arrangiamenti ben costruiti e, soprattutto, almeno 3 pezzi da urlo (la title-track, "Workin for MTA" e la conclusiva Rogers Park). Non che io sia un appassionato del genere e men che meno posso dire di conoscerne tutte le infinite derivazioni. E' solo che in queste canzoni (ri)sento, aggiornate all'A.D. 2010, molte delle cose che mi avevano fatto amare l'Alt Country di giovani depravati tipo Uncle Tupelo. Ma senza chitarre distorte e voce grattuggiante per i troppi eccessi. Ma, tolti questi "tratti distintivi", cosa resta? Rimane il tentativo di rinnovare una tradizione di ribelli senza causa che non necessariamente devono ferire le orecchie dell'ascoltatore. Rimane la capacità di (ri)scrittura di melodie forse già sentite ma mai così scintillanti e sincere. Rimane, e qui la copertina ci sta tutta, l'idea di una musica che è metafora del bagno nel fiume per purificare le colpe dei padri e quelle dei figli. E gli Earle ne sanno sicuramente qualcosa.
In poche parole, ci sono 2 modi per accostarsi a questo disco. Da una parte nel modo insofferente di chi considera una pedal steel un cimelio del passato e la cosiddetta Americana un genere per nostaglici falliti. In alternativa si può notare la maturità del talento dello Earle più giovane, la voce calda e profonda, gli arrangiamenti ben costruiti e, soprattutto, almeno 3 pezzi da urlo (la title-track, "Workin for MTA" e la conclusiva Rogers Park). Non che io sia un appassionato del genere e men che meno posso dire di conoscerne tutte le infinite derivazioni. E' solo che in queste canzoni (ri)sento, aggiornate all'A.D. 2010, molte delle cose che mi avevano fatto amare l'Alt Country di giovani depravati tipo Uncle Tupelo. Ma senza chitarre distorte e voce grattuggiante per i troppi eccessi. Ma, tolti questi "tratti distintivi", cosa resta? Rimane il tentativo di rinnovare una tradizione di ribelli senza causa che non necessariamente devono ferire le orecchie dell'ascoltatore. Rimane la capacità di (ri)scrittura di melodie forse già sentite ma mai così scintillanti e sincere. Rimane, e qui la copertina ci sta tutta, l'idea di una musica che è metafora del bagno nel fiume per purificare le colpe dei padri e quelle dei figli. E gli Earle ne sanno sicuramente qualcosa.
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