L’esito più trionfale della filosofia sarebbe il riuscire a far luce sugli oscuri cammini di cui si serve la provvidenza per raggiungere i suoi fini relativi all’uomo e il riuscire altresì a tracciare su tali basi dei piani di condotta atti a far conoscere a quest’infelice bipede la maniera in cui deve interpretare i decreti di codesta provvidenza e il cammino che gli è opportuno seguire per scampare ai capricci bizzarri di quella fatalità cui si danno venti nomi diversi senza peraltro riuscire a definirla…
…giacché se muovendoci nel rispetto delle convenzioni sociali e non discostandoci mai dal sentimento che per esse ci hanno inculcato con l’istruzione, ci accada disgraziatamente, a causa dell’altrui perversità di urtarci a mille spine mentre i malvagi han colto solo rose, le persone prive di un fondo di virtù abbastanza saldo per porsi al di sopra delle riflessioni suscitate da queste tristi circostanze non formeranno allora il calcolo che meglio è abbandonarsi al torrente che resistervi, non diranno che la virtù, per quanto bella sia, quando malauguratamente si fa troppo debole per lottare contro il vizio, diventa il peggior partito che si possa prendere e che in un secolo radicalmente corrotto la cosa più sicura è fare come gli altri?
Tali sono i sentimenti che ci inducono a pigliar la penna in mano ed è in considerazione della loro buonafede che invochiamo dal lettore un po’ d’attenzione mescolata d’interesse verso le sfortune della triste e miserevole Justine.