K-pop, un film italiano racconta il fenomeno delle star coreane e dei loro fan

Creato il 16 novembre 2021 da Francesco Sellari @FraSellari

Il documentario girato da Sophie Perazzolo e Martino Ilacqua, studenti del Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano racconta il fenomeno del pop coreano che strega sempre più adolescenti: le star, i tutorial, i raduni dei fan per ballare insieme

Articolo originariamente pubblicato su Corriere.it

Sono determinati e colorati. Si allenano per imparare i passi di danza e per emulare i loro «idols». Si organizzano tramite TikTok e Instagram. Collezionano vinili ma anche le (redivive) musicassette. Sono i ragazzi e le ragazze del K-pop, il pop koreano che ha ormai un importante seguito anche tra adolescenti e giovani italiani. Il fenomeno è al centro di un breve documentario che vede alla regia Sophie Perazzolo e Martino Ilacqua due studenti della sede distaccata del Centro sperimentale di Cinematografia a Milano . Il loro lavoro rientra all’interno di un più ampio progetto che vede la collaborazione tra il Centro e l’Istituto culturale coreano e che ha portato alla realizzazione di 5 corti e mediometraggi che raccontano aspetti più o meno noti del paese asiatico.

«Prima di avvicinarmi a questo lavoro non ne sapevo nulla – racconta Martino Ilacqua, 23 anni al terzo anno di regia – Mi è capitato spesso di passare in piazza Gae Aulenti a Milano e vedere questi gruppi di ragazzi provare dei balli. Quando ho iniziato a lavorare al documentario, ho capito che stavano studiando le coreografie del K-pop». Il ballo è uno degli elementi che più caratterizza il genere. È probabilmente il collante più forte tra un cantante e la propria «fanbase». Spesso gli appassionati del genere partecipano a delle «random dance»: manifestazioni organizzate col passaparola dove i partecipanti ballano al ritmo di una colonna sonora che mixa insieme più brani. Chi conosce i passi si butta nella mischia e balla. «Ogni canzone ha una sua specifica coreografia – prosegue Martino –. Gli stessi artisti, a volte, pubblicano delle coreografie semplificate in sala prove, eseguendole senza tagli di montaggio. Le confezionano in un video che può fungere da tutorial. In questo modo i fan possono studiarla e riproporla per partecipare a dei contest».

Gli allenamenti avvengono in genere in tutti i luoghi dove sono presenti delle pareti riflettenti, in modo da potersi specchiare e migliorare nell’esecuzione. «Mi intrigava la figura del “trainee” – aggiunge Sophie Perazzolo, 22 anni e coautrice del documentario – il ragazzo giovane che si allena per diventare “idol”, artista. Conoscevo questo aspetto, ma non tutta la parte di aggregazione e partecipazione. Hanno una grande motivazione e una grande energia: stanno lì ad allenarsi duramente anche con il freddo. È una bella atmosfera, un elemento che non si ricrea in nessun altro genere di musica contemporanea». Come ti spieghi il successo di questo fenomeno? «Ha una sua freschezza – risponde Martino -. Il colore, la tecnica, il ballo sono tutti elementi che cambiano le regole del gioco. È una versione del pop ancora più esplosiva e colorata».

Il lavoro di Sophie e Martino, e quello dei loro colleghi studenti di cinema, viene proiettato il 12 novembre alla Casa Del Cinema durante la Korea Week Cinema di Roma. Cinque storie per altrettanti aspetti della cultura coreana. Oltre al K-pop i lavori parlano del taekwondo, lo sport nazionale, o del kimchi, cibo simbolo della convivialità coreana. E poi l’hanji, la carta di gelso conosciuta come la più longeva del mondo e il webtoon, i fumetti verticali creati appositamente per il web. I cinque cortometraggi sono stati realizzati all’interno del K-Lab, un laboratorio didattico promosso dall’Istituto culturale coreano con la supervisione di Maurizio Nichetti. «Cinque film a soggetto e altrettanti brevissimi documentari di approfondimento che rappresentano un modello di comunicazione innovativo che si presta a più di un utilizzo sulle varie piattaforme social – il commento di Nichetti -. Film emozionanti e informazioni per approfondire, in modo complementare, il valore di una cultura che si sta affermando nel mondo in modo sempre più convincente».