Vicino alla città di Mumbai, nei Ghati occidentali, in India, troviamo il forte di Kalavantin Durg costruito intorno al 500 a.C. La leggenda narra che fu costruito per proteggere la regina Kalavantin da attacchi nemici.
Per questa incredibile caratteristica il Kalvantin Durg è anche chiamato la ”Salita al Cielo“, in effetti dall’alto si ha l’impressione di non essere sulla terra ferma, ma di essere in volo quasi come se il resto del mondo non esistesse, gustando il magnifico panorama delle terre indiane, circondati dalla natura più selvaggia.
Lungo tutto il percorso non ci sono protezioni nel bordo e nemmeno corde sulla parete diventando così una sfida per gli appassionati di trekking e per i più esperti scalatori, le scivolose rocce non sono di certo il posto più sicuro dove aggrapparsi ma sono l’unico punto d’appoggio, un passo più avanti ed il profondo vuoto.
Il percorso da seguire viene considerato tra i più pericolosi al mondo e proprio per questo non tutti hanno il coraggio di affrontarlo.
Da lassù però si può godere di una fantastica vista della città di Mumbai e altri forti nelle valli intorno.
Durante la festa di Holi, quando arriva la primavera, le tribù “adivasi” del villaggio sottostante di Prabalmachi, a circa 1500 metri di altitudine, salgono fino alla cima della montagna e ballano per festeggiare il loro ”Shimga Festival”.
Il Kalvantin Durg è uno dei posti più incredibili al mondo. Intorno alla fortezza gira un alone di mistero ed avventura, molti interrogativi si possono porre sulla costruzione di un forte nella cima di una ripida montagna.
Cosa li ha spinti a scegliere un luogo così pericoloso per la costruzione di una fortezza? C’era un segreto da proteggere? Solo quelle rocce conoscono la verità, e percorrendo quella ripida salita con un messaggio sconosciuto, percepibile solo dall’anima, ci rivelano gli antichi misteri a noi sconosciuti.
Il coraggio è la parola d’ordine per arrivare su in cima, una vera avventura emozionante e incredibile circondati dall’atmosfera delle terre indiane.
Written by Bernadette Amante