Kateri, il giglio dei Mohawk (parte 2)

Creato il 26 ottobre 2012 da Davide

Le cosiddette Guerre del Lutto (Mourning Wars), meglio note, impropriamente, come Guerre del Castoro (Beaver Wars) o Guerre franco-irochesi, furono una serie di conflitti che ebbero luogo intorno alla metà del XVII secolo. Per averne un’idea più in dettaglio guardate qui. Sono chiamate Guerre del Castoro dagli storici con tendenze economiciste perché le Cinque Nazioni della Lega degli Irochesi cercarono di impadronirsi del monopolio della mediazione tra cacciatori indiani che procuravano pelli di castoro per il mercato europeo e mercanti europei che le pagavano in merci varie, in particolare pezze di lana, coperte, perle Wampum, in attrezzi metallici e armi da fuoco. Gli irochesi erano alleati, commercialmente e militarmente, con i coloni protestanti olandesi e inglesi (ad Albany, ex Fort Orange, continuarono a dominare le famiglie mercantili di origine olandese, che tuttora formano parte dell’elite dello stato di New York, come i Vanderbilt e i Roosevelt).

Gli olandesi e poi gli inglesi stipularono con gli irochesi la cosiddetta Covenant Chain, la Catena del Patto, i cui ‘anelli’ erano costituiti dalle Cinque Nazioni (dove si scontravano le rivalità per il predominio dentro la Lega tra Mohawk, Onondaga e Seneca, insieme con le loro tribù ‘clienti’), dagli anglo-olandesi della colonia New York (soprattutto Fort Orange/Albany e poi Manhattan), dagli inglesi del Massachussets e Pennsylvania (che litigavano per la preminenza, anche se New York di solito prevaleva) e poi le altre colonie inglesi che entravano nella ‘Catena’ attraverso lo sponsor delle colonie più importanti, così come le tribù più deboli potevano farne parte come ‘clienti’ degli irochesi. Questa Covenant Chain, benché negoziata e ri-negoziata in continuazione, durò fino alla fine del XVIII secolo e si interruppe solo con la Rivoluzione americana, ma le sue basi giuridiche sono tuttora riconosciute nei rapporti tra irochesi e Canada. Due importanti libri sull’argomento sono Jennings, Francis. The Ambiguous Iroquois Empire: The Covenant Chain Confederation of Indian Tribes with English Colonies. New York: Norton, 1984 e Richter, Daniel K. and James H. Merrell, eds. Beyond the Covenant Chain: the Iroquois and their Neighbors in Indian North America, 1600–1800. Syracuse, New York: Syracuse University Press, 1987.
Varie tribù di lingua algonchina (Algonkin, Micmac, Cree, i Tre Fuochi di Ottawa, Chippewa e Pottawatomi, ecc.) e iroquiana (confederazioni Uroni/Petun, Erie, Neutral) erano alleati con i francesi, cattolici. Mentre gli anglo-olandesi, anche se in patria chiedevano denaro per l’evangelizzazione dei pagani, non alzarono mai un dito per metterla in pratica con un minimo di convinzione, i francesi, invece, dovevano fare i conti con i gesuiti e la loro politica coloniale che, benché in generale coincidente con quella francese, non era identica. I gesuiti credevano nella possibilità di fondare un regno di Dio sulla terra attraverso le loro colonie religiose. I più noti tentativi furono quelli in Sudamerica e nel Nordovest degli attuali USA e non furono neppure gli unici. I grandi rivali francescani tentarono lo stesso in California e antico Nuovo Messico, per esempio. In Canada i gesuiti francesi ottennero delle ‘seigneuries’, dei feudi che ancora oggi creano problemi legali nei rapporti tra chiesa, autorità provinciali e federali e tribù in Canada. I gesuiti erano organizzati secondo una disciplina da ordine religioso militare ed cominciarono immediatamente a minare la cultura tribale dall’interno, come un virus attacca un organismo. Avevano però dei grossi vantaggi e degli svantaggi; cercherò di elencarne qualcuno.
Tra i vantaggi c’era, primo, lo spirito di crociata, almeno all’inizio, che portava ad avere volontari aspiranti al martirio (un’orribile morte per tortura) anche più di quanti fossero necessari almeno fino alla fine del Seicento, quando lo spirito militante cominciò ad affievolirsi. Secondo, una programmatica conoscenza della lingua e dei costumi locali, contrariamente agli usi della chiesa cattolica in genere nelle colonie spagnole, che li portava a penetrare a fondo nella comprensione della cultura indigena in modo da poterla meglio modificare e piegare in senso cattolico. Questo atteggiamento ha dato luogo a notevoli resoconti e a una preziosa documentazione anche a proposito di tribù scomparse e usi dimenticati. Le Relazioni Gesuite della Nuova Francia (1610-1791), in francese, latino e italiano (i gesuiti della Nuova Francia erano italiani e francesi) furono tradotte in inglese e annotate alla fine del XIX secolo da R.G. Thwaites. I 73 volumi si possono trovare nell’eccellente sito canadese Early Canadiana on-line (in inglese e in francese) qui.
Terzo, l’educazione religioso-militare dei gesuiti li aveva portati a dare grande risalto non solo alle scienze esatte e alla medicina, ma anche all’arte militare vera e propria, come l’ingegneria bellica, la tattica e la strategia. Quindi non solo erano consiglieri ascoltati dagli ufficiali e governatori militari francesi, ma non disdegnavano di accompagnare le spedizioni delle truppe irregolari dei ‘coureur de bois’ e dei miliziani coloniali, e le truppe regolari, ma anche di guidare o almeno promuovere spedizioni di guerra dei ‘loro’ indiani cattolici.

Qui si evidenziano alcuni svantaggi. Nelle culture indiane come quella irochese la castità sessuale è uno stato temporaneo connesso con situazioni che in genere si svolgono all’esterno del villaggio, che è considerate il fulcro del vivere civile. Tra gli irochesi e altri iroquiani l’avvicinamento al villaggio, da parte di cacciatori o guerrieri che tornavano, come pure messaggeri o delegazioni di altre tribù, richiedeva un cerimoniale più o meno elaborato ma indispensabile per poter far entrare, senza pericolo di inquinamento magico, la persona che è stata ‘fuori’, all’interno del villaggio dove viene reintegrata. La castità era legata ai rituali di caccia e soprattutto di guerra, per via dell’evidente somiglianza simbolica tra la penetrazione sessuale e quella dell’uccisore. L’uccisore, in particolare il guerriero, doveva purificarsi per poter rientrare nel ‘vivere civile’ del villaggio e avere rapporti con le proprie mogli. Non era concepibile la castità a vita, né per gli uomini né per le donne: l’essere casti a vita poteva implicare arti magiche oscure. I gesuiti però erano contenti di apparire maghi potenti e una delle loro pratiche preferite consisteva nello sfidare i maghi locali e batterli con trucchi scientifici, per minarne il prestigio. Questo svilimento programmatico della cultura indigena però presentava dei pericoli: con l’arrivo nelle colonie costiere di famiglie con bambini giunsero anche malattie come la scarlattina, la varicella e il morbillo, o il vaiolo (che in Europa aveva perso virulenza ed era una malattia dell’infanzia, salvo riacquistarla di nuovo proprio in America, tramite gli sfortunati indigeni, e tornare più virulento in Europa), che sugli indiani, che avevano scarse difese immunitarie, ebbero conseguenza catastrofiche. Poteva capitare che con l’arrivo dei missionari gesuiti si scatenasse anche un’epidemia e questo poteva facilmente causare accuse di stregoneria, che potano essere risolte con la semplice cacciata, ma anche con l’uccisione per avvelenamento, il metodo con cui ci si sbarazzava spesso dei nemici potenti e la si faceva franca tra gli indiani. Le pratiche mediche indiane (bagni ghiacciati e capanne del sudore) in generale peggioravano il male, e ci volle parecchio per convincere i superstiti a non fuggire spandendo l’epidemia e a curare e nutrire i malati, come avevano imparato a fare in Europa dopo le prime catastrofiche pestilenze.
Un’altra pratica che indeboliva le società tribali era quella di convertire all’inizio i paria tribali, famiglie di cacciatori poveri, per poi puntare presto a personaggi di rango più importante, come matrone di lignaggio o di clan, capi di guerra o capi ereditari. Se un personaggio di rango si convertiva in genere si convertiva anche la sua famiglia estesa, per via delle interconnessioni economico-rituali al suo interno. Nasceva così la ‘fazione cristiana’ o ‘francese’, che veniva foraggiata di merci e armi e cresceva in potere e prestigio, mentre vigeva la proibizione della vendita di armi da fuoco ai non cattolici, ovviamente. Ai militari poteva garbare poco e potevano anche fare contrabbando, ma i gesuiti contavano parecchio in materia. Così un villaggio cominciava a fratturarsi in una perenne faida politica, istituzioni di fondamentale importanza come la reciprocità delle metà durante il ciclo cerimoniale agricolo si indebolivano, le capacità militari del villaggio si frantumavano nelle liti e nell’indecisione. Di fronte alle martellanti incursioni degli irochesi, bene armati dagli anglo-olandesi che non si facevano scrupolo di vendere armi a chiunque le potesse pagare con pellicce di castoro, comunque procurate, le più strutturate tribù di lingua iroquiana vennero brutalmente battute dagli irochesi della Lega.
Una pratica indiana diffusa era il pianto rituale: la cerimonia irochese detta ‘All’orlo della foresta’ serviva a introdurre gli estranei ospiti, mercanti o viaggiatori dentro il villaggio. Gli estranei si fermavano al confine piangendo mentre i capi del villaggio si avvicinavano cantando e ‘asciugavano le lacrime, sturavano le orecchie e schiarivano la gola’ degli stranieri toccandoli su occhi, orecchie e gola, pronunciando parole di conforto per tutti i morti che i nuovi arrivati potevano avere avuto fino a quel momento e fugando il dolore con doni. Ovviamente gli ospiti a quel punto si rallegravano e compensavano con altri doni l’accoglienza. Il dolore per un lutto era, secondo gli irochesi, uno stato psicologico che contorce la mente e rende crudeli, perché il lutto ‘avvelena’ la mente del sopravvissuto, che deve essere ‘curato’ ritualmente. La morte di una persona non avviene mai per cause naturali o accidentali e deve essere sempre ‘curata’ con una guerra del lutto. E’ per questo motivo che gli etnostorici chiamano le Guerre del Lutto quelle che gli storici mainstream chiamano Guerre del Castoro, dando un peso economico a conflitti che avevano altrettanto se non maggiore peso culturale. Le società tribali a basso contenuto tecnologico vivono in uno stato di guerra permanente a bassa intensità a causa di faide di sangue i cui motivi sono diventati di ordine mitico e durano per secoli, dato che servono da valvola di sfogo dei conflitti interni, oltre che a fornire un percorso di accesso al rango e al prestigio politico per i maschi della tribù. Nel caso delle popolazioni iroquiane, per esempio, un raid per rubare un carico di pellicce a cacciatori indiani che le portavano sul fiume al posto commerciale o al villaggio tribale poteva causare delle perdite. Tornati al villaggio la matrona del lignaggio, oppure la moglie o sorella del morto, chiedeva alla famiglia del marito di montare una spedizione per vendicare il deceduto e portare un prigioniero che lo sostituisse, garantendogli così l’immortalità. Questo avveniva anche in caso di morte per malattia, perché le malattie avevano sempre una causa malefica provocata dalla stregoneria dei nemici. Era la ‘piccola guerra’, che non richiedeva altro che una spedizione di pochi guerrieri e non necessitava dell’approvazione di nessuno. La ‘grande’ guerra invece richiedeva un complicato e lungo procedimento intertribale in cui i capi ereditari delle varie tribù (gli irochesi erano una società governata da famiglie aristocratiche ereditarie) si confrontavano e decidevano se montare una guerra su larga scala o meno. La macchinosa procedura poteva richiedere mesi o anche anni, per cui le guerre erano in genere fatte montando una miriade di piccole spedizioni. Nel giro di pochi anni gli irochesi della Lega delle Cinque Nazioni martellò le confederazioni degli Irochesi del fiume San Lorenzo, degli Erie, Neutral, Wenro, Susquehannock e degli Uroni/Petun. Tranne gli ultimi, le fece scomparire dalla scena tribale, inglobandone fisicamente gran parte e sparpagliando i profughi altrove. Solo gli Uroni/Petun, poi noti con il loro nome tribale di Wyandot riuscirono a riformare una forza militare dipendente dei francesi, ma il loro antico splendore era spento. Le tribù algonchine dei Tre Fuochi Chippewa/Ojibwa, Ottawa e Pottawatomi e i Cree, invece, cha abitavano proprio nei territori dove il castoro era più numeroso e pregiato, bloccarono l’espansionismo irochese, che da quel momento in poi cominciò una lentissima ma percepibile discesa. (segue)


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