Leggo libri di Katharine Kerr da una ventina d'anni. Il primo è stato L'incantesimo dei Druidi, il secondo della sua Saga di Deverry. Quando qualcuno si lamenta per aver iniziato a leggere una saga dal volume sbagliato conosco molto bene il problema, è successo anche a me, e più volte. Comunque quella storia, pur priva dell'inizio, mi è piaciuta fin da subito. Ho amato tantissimo Gweniver, anche se è una fanatica. Diciamocelo, aveva ottime ragioni per fare quello che ha fatto, ma si è spinta un po' troppo oltre. Jill, la sua anima rinata parecchi anni più tardi, non avrebbe mai commesso certi errori, vero? Leggere un altro libro suo, almeno della prima tetralogia, era un piacere immenso, come un ritornare a casa e potersi rilassare in mezzo alle cose che conosciamo e amiamo. I libri successivi, un'altra tetralogia e una trilogia, mi sono piaciuti un po' meno, ma mi hanno comunque fatto trascorrere momenti molto piacevoli. Mi spiace solo che gli ultimi romanzi non siano stati tradotti. Per questo quando abbiamo deciso di dedicare una monografia dedicata alle regine del fantastico sul terzo numero di Effemme io ho deciso di dedicare un articolo a Katharine Kerr. Alcune figure erano ovvie e imprescindibili, Ursula K. Le Guin, Marion Zimmer Bradley, J.K. Rowling, anche Tanya Huff, ospite d'onore ai Delos Days che si sarebbero tenuti proprio al momento della pubblicazione della rivista. Altre, come Trudi Canavan, Robin Hobb, e appunto la Kerr erano meno ovvie, e le abbiamo inserite in modo un po' più libero lasciandoci guidare dalle nostre passioni. Sono proposte di lettura, fermo restando che sono comunque tutte autrici di una certa importanza che vendono - o almeno che per un po' di tempo hanno venduto - un numero significativo di libri. Della Kerr ricordo di aver letto un commento, su un numero di Cosmo SF, la vecchia rivista della casa editrice Nord, relativo a quanto fossero state importanti le sue vendite. Parlava di 30.000 copie quando il genere fantasy vendeva in genere 5.000 copie. Ricordo le cifre, non la firma in calce all'articolo, e la rivista è sparita nel corso di uno dei miei troppo numerosi traslochi degli anni passati. Ho scritto l'articolo per interesse personale, sapendo comunque di parlare di qualcuno che era stato importante.
Una delle caratteristiche fondamentali di questa saga è che si dipana in un arco di tempo davvero lungo visto che seguiamo le vicende delle varie anime attraverso le loro incarnazioni e che scopriamo come gli eventi e le decisioni di una vita si ripercuotano su quella futura. Fra le altre cose ho scritto
Il perché di questa struttura è stato spiegato dalla stessa Kerr. " A questo mondo esiste più di un modo di organizzare una storia..." ha scritto, aggiungendo poi che " Il concetto del "cominciare dal principio e proseguire dritti fino alla fine" con cui siamo stati allevati risale ai Greci classici e ci è stato trasmesso dai Romani. [...] In questo modo di guardare al mondo, la freccia del Tempo vola dritta e in una sola direzione, ma la tradizione magica insegna che non è necessario muoversi in linea retta per arrivare a destinazione.
Gli scrittori classici come Diodoro Siculo e Polibio affermano che i Celti, che erano loro contemporanei, credevano nella reincarnazione oltre che in altre dottrine che oggi fanno parte della tradizione magica [...] e dal momento che in fin dei conti io sto scrivendo degli antichi Celti, ho preso a prestito anche il loro modo di vedere il mondo, con i cerchi e le spirali che la mia storia disegna nello snodarsi fra le diverse esperienze vissute dai personaggi." (1)
E visto che uno dei temi principali dell'opera è mostrare il profondo effetto che il passato ha sul presente, l'autrice ha scelto di mostrare - con straordinaria efficacia - alcuni importantissimi eventi del Passato accostati ai loro effetti nel Presente.
La saga di Deverry però non è solo un complicatissimo intreccio di tempi diversi. I personaggi che la animano sono figure umanissime, con il loro carico di speranze, sogni, contraddizioni e a volte anche debolezze e meschinità. Nessuna figura archetipica quindi, o capace di fare tutto ciò che vuole semplicemente perché è ciò che desidera. Così se una fanciulla vuole conquistare il suo posto in un mondo di uomini per farlo deve lottare, e comunque non potrà mai essere uguale a loro.
Nancy ha affermato che tende a vedere il mondo dal punto di vista di coloro che sono ai livelli inferiori della società, perché è lì che ha trascorso la maggior parte della sua vita, e che senza il femminismo questa vita sarebbe stata miserabile. Certo le sue donne combattono per modificare la propria condizione e i limiti imposti da una società che tenderebbe a lasciare loro poco spazio. Non sempre riescono nel loro intento, ma è il loro modo di agire e di non accettare ruoli non graditi che gli altri vorrebbero imporgli a renderle vive.
Quanto al Male, non si può negare che esista e che agisca nel mondo. In genere però indossa abiti umani, non serba un particolare rancore verso il Creatore della Luce e ha le sue ragioni - a volte terribilmente deboli o imperfette ma pur sempre ragioni - per fare ciò che fa. E così anche il cattivo delle storie agisce per il proprio tornaconto personale, perché reputa di aver subito una tremenda ingiustizia, perché teme che se non colpirà per primo sarà lui a essere sconfitto, o perché è convinto di agire per il meglio. La sua scelta perciò è stata quella di cercare di capire le motivazioni di tutti i personaggi che animano la trama.
Perché torno a parlare di lei ora? Perché mi sono imbattuta in un suo articolo che mi ticca molto da vicino, questo: http://deborahjross.blogspot.it/2013/10/guest-blog-katharine-kerr-on-writing.html. Vi ricordate di cosa trattava il mio incontro ai Delos Days? Il titolo, decisamente ambizioso, era Dalla trilogia alla saga infinita: storia ed evoluzione di un genere , il sottotitolo Dalla decisione di un editore inglese di dividere il Signore degli Anelli in tre volumi alle saghe multivolume e talvolta infinite che contraddistinguono la fantasy contemporanea. Non ho mai pubblicato il testo di quell'intervento, e non perché non intendessi farlo. Semplicemente su alcuni punti ero stata troppo sintetica - e già così ho parlato per un'ora abbondante - e volevo ampliarlo. In effetti ho iniziato a rielaborarlo, ho pure trovato altro materiale interessante, ma il tempo è quello che è ed è un po' che non tocco più quel testo. Prima o poi dovrò rimediare.
Torniamo a Katherine, e non trascrivo tutto quel che dice lei altrimenti non smetto più di scrivere. Lei parte dalle sue saghe e dagli ulteriori volumi che continua a scrivere, evidenziando come non tutte le storie estese su più volumi siano saghe. Quelle di Quello che cambia, fra le singole storie incentrate sullo stesso personaggio e una saga, è che le azioni che si compiono hanno delle conseguenze. In una saga cambiano tanto il mondo quanto i personaggi che lo abitano. Ogni azione pone dei problemi, e ha ramificazioni spesso imprevedibili in un primo momento. Lo scrittore propenso a scrivere una saga, come lo è lei ma come lo sono anche altri autori che amo come George R.R. Martin, Robert Jordan o Brandon Sanderson, rispondono agli interrogativi posti dagli sviluppi della saga scrivendo un altro pezzo di narrativa. Per loro la nuova storia, in teoria marginale rispetto a quanto stavano narrando, presenta delle possibilità troppo affascinanti per poter essere ignorate, e così scrivono un altro pezzo di narrativa. E più la storia si espande più nascono domande che ha loro volta hanno bisogno di risposte che porteranno a nuove domande... Certo, non sempre le cose vanno bene. Lo scrittore può ritrovarsi a scrivere brani che semplicemente non si accordano con il resto del libro e che, per quanto belli, devono essere buttati via. Ancora una volta mi torna in mente Martin e il suo capitolo su Tyrion e il lord velato. A volte però quelli che nascono come elementi minori diventano fondamentali. Per Deverry è il caso di Nevyn, che all'inizio era solo un erborista amico della più potente maga della sua storia. Però l'erborista era affascinante, la maga no. Indovinate chi è diventato il protagonista? Interrogandosi su Nevyn la scrittrice ha reso la sua saga più lunga ma anche più ricca e interessante. Ha fornito un background al protagonista. Una storia passata. Nelle storie quello che è importante è il qui e ora, quello che fanno i vari personaggi. Nelle saghe il passato è altrettanto importante. Pensiamo, ancora una volta, a Martin e alle sue Cronache del ghiaccio e del fuoco . Quanto è importante per quella saga il passato? Io ho dato una risposta parziale - ancora una volta i limiti di spazio sono stati tiranni anche se io ho fatto del mio meglio per ignorarli - nel sesto numero di Effemme . Uno dei miei articoli si intitola Viaggio nel passato con George R.R. Martin. Indovinate di cosa parla? Ecco, nelle saghe il passato è importante quanto il presente, e nessuna storia è più importante di un'altra perché la storia che viene narrata è di tipo corale. Il passato e il presente creano cambiamenti, il tempo scorre in avanti. Le vere saghe sono orientate al futuro e, anche se la Kerr non lo ha scritto, anche solo l'idea di contemplare un futuro è un messaggio di speranza. Sherlock Holmes o di James Bond , per esempio, non lo sono, perché ciascuna storia è intercambiabile all'altra. Alla fine il protagonista si trova nello stesso punto in cui si trovava all'inizio, ed è pronto per una nuova avventura. Questa differenza l'ha evidenziata anche George R.R. Martin in un confronto fra fumetti come Superman e altri come I fantastici quattro . Immagino che George non sia stato l'unico a puntare il dito su questo, ma a me è il suo nome che viene in mente, anche perché ho da poco scritto un articolo sul suo rapporto con fumetti e graphic novel, articolo che uscirà sull'ottavo numero di Effemme in vendita dal prossimo 25 ottobre. Sì, ho già iniziato a fare pubblicità.