…wo die World Cup blühen?
La ‘povna ha percorso 300 e passa chilometri a rotta di collo, per essere poi bloccata, sulla soglia del traguardo, dallo sciopero dei treni. Così il primo tempo se lo è visto da sola, planata a casa a tappe forzate dopo aver preso, dalla stazione nota, un bus che la portava nella piccola città, ma all’aeroporto. Poi, nell’intervallo, ha inforcato la fida bicicletta ed è partita corsa, direzione casa di Viola, dove c’erano tutti. Il tifo era così scandito: da un lato i Cruccofili (oltre a lei, anche la Venexiana, Streghetta e Robocop); tutto il resto della casa, convintamente (?) filo-argentino.
Le motivazioni, nominalmente, erano le più varie: “sono Crucchi”, “se la Germania arriva a quota quattro titoli ci raggiunge”; “non si può tifare per la Merkel”; “Però sai, il Bildenberg”.
Ma la ‘povna non aveva nessun dubbio. Anche perché, lo ha detto tante volte, il pallone è becero, tifoso, rotondo, sportivo e non si giova di politica. Se però deve fare, più o meno seriamente, un riassunto della situazione consono, cita queste parole del suo amico Editore, dal canale telematico: “La partita di stasera: da una parte chi con l’organizzazione, l’intelligenza, la programmazione a lungo termine e l’investimento nei giovani ha portato il movimento calcistico a livelli insperati e ha costruito una squadra ricca di talento che cerca il gioco. Dall’altra una banda di distruttori di gioco, che si affida all’improvvisazione, specula sugli errori degli avversari e conta in maniera parassitaria sul talento individuale cresciuto e alimentato da altri (nel caso specifico una squadra catalana)”. Per aggiungere, consapevole: “Chissà perché ma il tifo degli italiani per l’Argentina non mi stupisce”.
La ‘povna sottoscrive, alza la coppa idealmente insieme a questa brava (e simpaticissima) squadra di meticci. E, prima di archiviare una delle coppe del mondo più pallose di sempre (e gli Argentini ci hanno messo di loro, ogni volta che hanno giocato, e anche parecchio), ci aggiunge pure, a mo’ di glossa, le parole di Ohibò: “Alla fine hanno meritato i migliori”.