Da oggi, 4 marzo, si vota in Kenya per le legislative e le presidenziali.
E, considerati certi precedenti, si è in trepidante attesa.
I sondaggi dell’ultima ora, a detta di Martha Karua, avvocato dell’Alta Corte del Kenya ed ex-ministro della Giustizia,unica candidata donna alle presidenziali, sarebbero truccati.
E non si fa certo fatica a crederle, considerando con attenzione il contesto in cui si svolgono le votazioni.
Infatti la Karua sostiene che i sondaggi, al momento, danno il 45% di probabilità per la presidenza del Kenya a un Odinga e l’altro 45% addirittura a un Uhuru Kenyatta, indagato( quest’ultimo) dal Tribunale Penale Internazionale de L’Aja per crimini contro l’umanità.
E tanto Odinga che Kenyatta sono, in realtà, i principali responsabili di ciò che accadde nelle precedenti elezioni del 2007.
Cioè la fuga dalle loro case e dalle loro terre di almeno 600mila persone e la morte di migliaia di uomini e donne.
Tutta gente messa di proposito l’una contro l’altra per puri scopi elettoralistici,l’eco della cui sorte negli anni 2007-2008 fece il giro dei “media” di tutto il mondo e gettò il Paese nel caos, danneggiandolo soprattutto, per un lungo periodo, economicamente.
Martha Karua ha 55 anni, l’età giusta per una presidenza al femminile in Kenya, che a parecchi non dispiacerebbe affatto.
Tenendo presente, inoltre, che la Karua è da 20 anni, e forse anche qualcosa di più, impegnata a fare trionfare la giustizia sociale, occupandosi del problema prioritario dell’acqua nei villaggi rurali, indispensabile per una qualità della vita della gente, che possa definirsi dignitosa, della salute intesa come prevenzione alle molte malattie endemiche, ancora oggi piuttosto diffuse, e soprattutto lottando contro la corruzione politica, a suo avviso, il peggiore di tutti i mali di cui è infestato il Kenya.
Probabilmente il verdetto che uscirà dalle urne sarà molto differente dalle nostre aspettative.
E questo ci dispiace parecchio, ma bisogna dare atto a questa donna, comunque, del coraggio che ha in serbo e della caparbietà che ha sempre dimostrato e dimostra affrontando questa sfida.
E'importante che il mondo sappia che non c’è solo il Kenya degli Odinga, dei Kenyatta o dei Kibaki (al maschile) ma un Paese in cui le donne (mamme –mogli –sorelle), acquisita la dovuta sicurezza di persona, hanno ormai anch’esse tantissima voglia di fare ascoltare la propria voce e questo anche in politica.
Proprio come avviene in quelli che sono gli autentici contesti democratici.
Quelli di fatto, però.
E non quelli di facciata, cui purtroppo ci ha abituato una certa politica di questi tempi.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)