Kenya/ Piaghe Africane: bracconaggio e terrorismo

Creato il 30 novembre 2013 da Antonio Conte

L’assedio al  Westgate Mall, avuto luogo lo scorso settembre, in uno dei centri commerciali più esclusivi di Nairobi, mostra come il terrorismo fondamentalista di matrice islamica è ancora presente e continua a operare. L’Europa probabilmente non ha percepito la minaccia incombente data la distanza geografica col vecchio continente anche se oggi i fatti che accadono in l’Africa hanno sempre maggiori ripercussioni sul Europa che in passato. L’attentato costato la vita a 72 persone, che ha visto impiegato ingenti forze militari e l’intervento degli israeliani e concluso con un esplosione dinamitarda di cui quest’ultima non venne fatto cenno sui nostri giornali nazionali, era rivendicato da Al Shabaab ovvero “La Gioventù”.

L’organizzazione terroristica in questione, una volta confinata solo in Somalia, prende ora una dimensione sempre più transnazionale proiettandosi su uno scenario globale soprattutto dopo la sua affiliazione, nel 2012, con Al-Qaeda e della provenienza degli affiliati: come dimostra le nazionalità residente sul passaporto e quasi del tutto statunitense e nord europeo in particolare Svezia, Norvegia, Danimarca. Fonti di sicurezza nazionali stimano diverse migliaia di miliziani Shabaab operanti in Scandinavia fra cui diversi assi come Abu Muslim, giunto in Europa negli anni 90 tramite richiesta di asilo, visto le circostanze storiche che lo permettevano,  e residenza dopo. Questi gruppi, quindi, si sono istaurati dopo i flussi migratori del 91 all’epoca del governo repressivo di Siad Barre

Per mantenere in piedi e far funzionare la macchina terroristica serve ingenti finanziamenti, non di sole droghe e armi, bensì l’attività di bracconaggio che fornisce il 40% delle risorse economiche.

Per conoscere qualche dettaglio in più sull’attività condotta dai bracconieri e quali ripercussioni, spesso sottintese, possono avere non solo a livello locale bensì globale, abbiamo chiesto a Davide Bomben – Direttore del Training Department della Poaching Prevention Academy -, che si occupa appunto della formazione di operatori specializzati nel contrasto al bracconaggio, presidente dell’Associazione Italiana Esperti d’Africa.

 L’attività di bracconaggio quanto può fruttare in termini monetari ? 

«Le organizzazioni terroristiche ricercano fondi per i loro illeciti in molti modi. Il bracconaggio in Africa è un’attività molto lucrativa, che può portare e porta ingenti somme nelle casse di chi opera per conto di tali organizzazioni criminali. Il bracconaggio è il 4° business illegale più lucrativo dopo le armi, droga ed esseri umani (compresa prostituzione, schiavitù e organi…), un business difficilmente comprensibile se non attraverso dei semplici calcoli. Il prezzo alla vendita dei due prodotti più lucrativi derivanti dalle attività legate al bracconaggio sono: 800 $ al kg per le zanne d’avorio (+- 30 kg a zanna) e 60.000 $ al kg per corno di rinoceronte (+- 7 kg x2 corna).  Kenya e Tanzania hanno recentemente dichiarato di aver perso oltre 30.000 elefanti in 5 anni pari a un introito finale di 1.440.000.000. Nel solo Sudafrica negli ultimi 5 anni sono stati uccisi 2370 rinoceronti pari ad un introito finale di 995.400.000. Anche ipotizzando che solo 1% possa essere andato in tasca a organizzazioni così capillari come quelle terroristiche parlano  di cifre immense capaci di “muovere moltissimo”  in un continente così ampio e diversificato come l’Africa».

Come agiscono i bracconieri? 

«Un tempo i bracconieri erano disperati alla ricerca di un facile guadagno, oggi sono operatori specializzati, per lo più ex milizie, assoldati per compiere una missione ad alto lucro. Il bracconaggio si è evoluto, dalle infradito ai piedi all’infrarosso sul fucile in 10 anni circa. Nel 2003 solo 22 rinoceronti sono stati uccisi in Sudafrica… nel 2013 abbiamo già superato la quota 800 e ci sono ancora 2 mesi e due lune piene prima di festeggiare il nuovo anno. Oggi le squadre di bracconieri sono dotate di armi pesanti (375 HH / 458) oppure di AK che scaricano raffiche sugli animali prima di privarli di corna e zanne. Ultimamene i bracconieri si dotano di medicinali paralizzanti (come M99) che possono essere sparati da fucili ad aria compressa e non fanno alcun rumore, moltissimi rinoceronti perdono la vita in Sudafrica con questi mezzi. All’inizio di ottobre, per esempio, sono state trovate le carcasse di 2 rinoceronti in Namibia che sono stati prima narcotizzati e poi privati delle corna con una motosega… arma silenziosa ma i colpi sono arrivati dall’elicottero e la motosega di certo non è un utensile silenzioso… Spesso i bracconieri ricevono informazioni da personale che vive e lavora nei parchi e nelle riserve e, più in generale, il 95% dei casi di bracconaggio sono attivati da internal jobs».

E vero che usano avvelenare le acque come alternativa ai proiettili ? 

«Come detto il bracconaggio si è evoluto e l’uso ed efficacia di cianuro non è sono un segreto ben protetto. Ultimamente abbiamo riscontrato un forte aumento di casi di avvelenamenti, sia delle pozze dove gli elefanti e rinoceronti vanno ad abbeverarsi sia delle carcasse degli animali uccisi, in questo modo anche gli avvoltoi che si cibano di carogne moriranno evitando così di allarmare le unità di sorveglianza dislocate sul territorio che spesso “sfruttano” la Natura per reagire ai casi di bracconaggio».

Quali risorse servono per combattere questo fenomeno?

 «Le stesse risorse che servono per fermare qualsiasi altro crimine. La lotta al bracconaggio non deve essere vista come il progetto di uno squinternato gruppo di animalisti vegani, ma come un rischio economico e sociale. Paesi che non hanno più una fauna selvatica hanno perso l’interesse del turismo internazionale che in Africa da un lavoro a 3.000.000 di persone e impiega, nell’indotto, almeno il triplo di persone. Perdere specie totemiche come il rinoceronte o il leone significherebbe un danno ecologico (per il valore ecologico della specie) ma anche d’immagini di paesi che hanno il PIL fortemente supportato dal turismo. Per farla breve la nostra non è una battaglia per divertimento o per convinzioni etiche, la nostra e una ferma intenzione di difendere la biodiversità dei paesi dove operiamo e la volontà di preservare posti di lavoro».

Quali rotte commerciali segue l’avorio ? 

«I bracconieri sono strumenti di gruppi criminali ben organizzati. Ambasciatori e funzionari politici asiatici fungono spesso da corrieri. Lance veloci solcano i mari a poche miglia dalle coste sudafricane per intercettare le navi mercantili che scambiano le corna con droga ed armi. I porti di Mombasa e Dar sono tempestati da container carichi di zanne di elefanti, ossa di leoni e corna di rinoceronti, ma una portacontainer trasporta miglia di casse e un porto ne ha milioni… una mancia qui ed una mazzetta lì e il container con le corna sparisce e non se ne sa più nulla. Ciò che sappiamo è che le rotte sono tutte “Ovest Est”, ovvero dall’Africa all’oriente, con Cina, Tailandia e Corea come acquirenti principali di tali prodotti». 

A cosa serve l’avorio e quale tipo di cliente raggiunge ? 

«I compratori di Avorio sono ricchi cinesi e vietnamiti che usano l’avorio per la produzione di costosi monili e parti dell’arredamento e  anche delle auto, mentre la polvere del corno di rinoceronte è usata come panacea dei più disparati mali come l’impotenza, il cancro sino al post sbronza! L’avorio è usato anche come elemento in più per tagliare la cocaina, in questo modo la cocaina vale il triplo grazie “all’aggiuntina”»

Quali risultati ha raggiunto la vostra associazione? 

«Quando ero piccolo mio padre mi portava spesso in Africa e gli promisi che avrei fatto di tutto per salvare i nostri amati animali. Oggi lo faccio in molti modi ma ho capito che non si possono salvare tutti. Una riserva privata in Sudafrica non ha mai avuto problemi fino che il team dei Falcon era presente, il contratto non è più stato confermato e dopo 3 mesi 3 rinoceronti hanno perso la vita. Il risultato più importante è che nessuno dei rinoceronti custoditi nelle riserve dove opera il team è mai stato ucciso. Anzi, non ci sono mai stati tentativi reali di aggressione nei confronti delle nostre riserve poiché l’effetto deterrente che riusciamo ad attivare è così forte da farci dormire sogni quasi tranquilli. Per chi fosse interessato ad aiutarci concretamente e direttamente può contattarci su poachingpreventionacademy@gmail.com e seguirci sul gruppo Poaching Prevention Academy su Facebook».

Alessio Tricani

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