Keynes, Hobson, Marx a confronto

Creato il 02 agosto 2013 da Keynesblog @keynesblog

Robert Skidelsky mette a confronto i punti di forza, per comprendere la crisi attuale, della tradizione keynesiana e di altre due: quella che sottolinea la disparità di reddito e di quella che enfatizza il potere. Vale a dire John A. Hobson e Karl Marx.

Testo di un intervento tenuto alla Post-Keynesian Conference "Reclaiming the Keynesian Revolution", Kansas City (USA), il 29 settembre 2012 - da "Moneta e Credito" vol. 66 n. 262 (2013)

1. Vorrei attirare l'attenzione su due tradizioni non keynesiane che possono gettare luce sulla crisi in corso: quelle che enfatizzano la disuguaglianza dei redditi e quelle che enfatizzano i rapporti di potere. Ovvero, Hobson e Marx.
Per Keynes erano fondamentali i concetti di incertezza e di equilibrio di sotto-occupazione. Da Hobson ricaviamo una comprensione di come la disuguaglianza dei redditi e della ricchezza possa rendere le crisi più probabili e la ripresa più difficile. Da Marx, una spiegazione del perché la disuguaglianza della ricchezza e dei redditi è inerente a un'economia capitalistica non regolata. Dobbiamo mettere insieme le tre spiegazioni per raggiungere una comprensione piena degli eventi nei quali ci troviamo a vivere.
Keynes inizia l'ultimo capitolo della sua Teoria Generale nel modo seguente: "i fallimenti più gravi della società economica in cui viviamo sono la sua incapacità di creare piena occupazione e la distribuzione dei redditi e della ricchezza arbitraria e iniqua" (Teoria Generale, p. 372). Nel modello keynesiano di breve periodo, la distribuzione del reddito non gioca un ruolo causale: Keynes prese la distribuzione come data. Però, riflettendo sui movimenti dell'economia nel tempo, attribuì molta importanza alle questioni distributive: "l'esperienza suggerisce [...] che misure per la redistribuzione del reddito operate in una maniera che renda più probabile l'aumento della propensione al consumo possono risultare favorevoli per la crescita del capitale" (ivi, p. 373).
Questa posizione lo avvicina a coloro che sostengono teorie del sotto-consumo e ai marxisti. Voglio qui confrontare la sua analisi delle crisi del capitalismo con quelle di Hobson e Marx: prima in un'economia 'chiusa', poi in una 'aperta'.

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